sabato 17 maggio 2014

Mummie nella tempesta

Ilva, l’uomo dei ricorsi di Riva e Bondi sotto inchiesta per disastro ambientale

Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione di sostanze alimentari, concussione, rivelazione di segreto d’ufficio e abuso d’ufficio. Sono le ipotesi di reato contestate dalla procura di Taranto nell’inchiesta “Ambiente svenduto” all’avvocato Franco Perli, il consulente legale della famiglia Riva che nei giorni scorsi è stato confermato come amministrativista dell’Ilva targata Enrico Bondi. Al commissario straordinario nominato dal governo Letta, evidentemente, non sono bastate le polemiche legate alla scelta dell’ex guardasigilli Paola Severino (che firmò il primo decreto salva Ilva) come difensore della fabbrica commissariata o la bufera per il dossier che firmato dai consulenti di Riva e inviato da Bondi alla Regione nel quale si sosteneva che a Taranto ci si ammalava di tumore per le sigarette e non per le emissioni nocive della fabbrica.
Nei giorni scorsi, infatti, Bondi ha inviato al Tar di Lecce una memoria redatta dall’avvocato Perli nella quale oltre a ribadire “l’insussistenza di qualsiasi nesso di causalità” tra i tumori e le attività industriali dell’Ilva e la revoca dei vincoli per Taranto come Sito di interesse nazionale a causa dell’inquinamento, l’ex legale dei Riva accusa addirittura le istituzioni locali e nazionali di aver imposto all’Ilva prescrizioni “sempre più onerose ed eccessive” che solo in apparenza puntavano al miglioramento delle condizioni ambientali dato che il reale obiettivo era da un lato quello di “alimentare ingiustificatamente il business ambientale” e dall’altro addirittura quello di “impedire la prosecuzione dell’attività industriale”.
Frasi che sembrano ricalcare esattamente le strategie seguite nell’era dei Riva. Del resto Franco Perli è l’uomo che, ignaro di essere intercettato, al telefono con Fabio Riva confessa di aver scritto il testo dell’Autorizzazione integrata ambientale che il ministero avrebbe solo dovuto approvare. Parole pubblicate da tutti i quotidiani nazionali che, tuttavia, sembrano non aver influito sulle decisioni di Bondi. “Siamo arrivati al negazionismo – ha affermato Angelo Bonelli, co-portavoce dei Verdi – per Bondi l’area Sin a Taranto è illegittima perché non è dimostrato che le aree sono inquinate. Questo, insieme alla scelta dell’avvocato Perli, è di una gravità inaudita. Renzi deve rimuoverlo immediatamente. Senza se e senza ma”. (FQ)

Ilva, è bufera sul commissario Bondi: "Nega i veleni"

Secondo il commissario straordinario dell'Ilva, Enrico Bondi, a Taranto l'inquinamento non esiste. Lo ha scritto nero su bianco in un ricorso che il 3 maggio ha ripresentato al Tar di Lecce. A firmarlo i due legali, Roberto Marra e Francesco Perli. Perli non è un nome qualsiasi: è il legale dei Riva sul quale pende una richiesta di rinvio a giudizio per associazione a delinquere finalizzata al disastro colposo. Quello che, secondo la Procura, per conto dei Riva infiltrava le istituzioni, dal ministero alla Provincia, per evitare che si svolgessero controlli: "Tranquillo, non avremo sorprese" diceva ad Archinà subito dopo aver parlato con alcuni componenti della commissione che doveva rilasciare l'Aia, l'Autorizzazione integrata ambientale.
Ma a sorprendere, oltre alla nomina di Perli - che secondo alcune indiscrezioni arrivate in serata potrebbe essere presto ritirata da Bondi - è quello che è scritto nel ricorso presentato nel 2009 e che il 3 maggio del 2014 Bondi "ha ripresentato per l'accoglimento" come si legge negli atti ufficiali. "Sulla base della completa assenza di qualsiasi indicatore che evidenzi una situazione di criticità ambientale - scrive il commissario, che ricorre contro il Ministero dell'Ambiente che gli aveva imposto alcune misure di sicurezza  - imponete a Ilva di trattare quei terreni come fossero inquinati". Come fossero.
La memoria è la stessa che giovedì aveva fatto saltare sulla sedia il presidente della Regione, Nichi Vendola, tanto da spingerlo a scrivere presidente del consiglio, Matteo Renzi, per chiedere un intervento. "L'azienda nel ricorso - aveva attaccato il Governatore - afferma che gli adempimenti tecnico scientifici prescritti da Arpa e Regione nel quadro di un procedimento di liberalizzazione di aree contaminate, sarebbero stati disposti non già in un'ottica di protezione ambientale e sanitaria, bensì in base ad un fine sviato, cioè quello di 'alimentare ingiustificatamente il business ambientale' per assicurare ad Arpa un introito legato all'esecuzione di attività analitiche". Mille e cinquecento euro ad analisi, aveva sostenuto. Ma Bondi dice ancora di più: attacca il Comune, accusato di aver chiesto all'azienda strumentalmente un risarcimento milionario quando le opere di ambientalizzazione non erano state fatte per colpa del Comune che non aveva rilasciato le autorizzazioni.
"Il commissario è arrivato a dire - attacca il portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli - che il sito Ilva non è contaminato né dalla diossina né dai furani. Ormai siamo al negazionismo e al paradosso che un commissario nominato dal Governo per la bonifica presenta un ricorso contro un atto del governo che perimetra il territorio entro il quale devono essere fatte le bonfiche". I Verdi chiedono le dimissioni di Bondi e del sub commissario Ronchi. Dimissioni che quasi certamente non arriveranno anche se nel Governo sono in tanti a cominciare ad avere non pochi dubbi sul ruolo dell'ex risanatore della Parlamalat scelto dal governo di Enrico Letta. "Diventa un problema - dicono da Palazzo Chigi se non garantisce più la terzietà".
Nella serata di ieri Bondi stava valutando la possibilità di revocare l'incarico di Perli che effettivamente si trova in una situazione molto imbarazzante, visto che tra meno di un mese si dovrà presentare a rispondere davanti al gup di Taranto di accuse pesantissime in concorso con i Riva e contemporaneamente si trova a difendere colui che ha commissariato la vecchia proprietà. Accanto a questo quadro c'è una situazione economica sempre più delicata: i soldi in cassa

sono praticamente finiti, le banche italiane sono restie a concedere crediti. Non a caso Confindustria pensa a una manifestazione di protesta mentre la Fiom invita lo Stato a intervenire ricapitalizzando tramite la Cassa depositi e prestiti e a subentrare nel pacchetto azionario al posto dei Riva. (RepBa)


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