Ilva Taranto stipendi salvi ma resta la crisi finanziaria
Stipendi salvi all'Ilva. Oggi sono state infatti accreditate sui conti degli 11mila dipendenti dello stabilimento di Taranto le retribuzioni di aprile. Erano a rischio sino ad alcuni giorni fa. O meglio, questa la preoccupazione che si era diffusa nel siderurgico a causa della crisi finanziaria dell'azienda. Poi a metà della settimana scorsa le prime assicurazioni da parte del sub commissario dell'Ilva, Edo Ronchi, che gli stipendi sarebbero stati pagati ("non ci sono pericoli nell'immediato" ha detto infatti Ronchi) e oggi la conferma dopo le verifiche che gli stessi dipendenti hanno direttamente fatto sui propri conti.Il pagamento degli stipendi è però solo una piccola schiarita.
L'Ilva, infatti, continua a rimanere con una situazione di cassa in profondo rosso. Prova ne è che le imprese appaltatrici continuano a non essere pagate per i lavori eseguiti e questo, a sua volta, si ripercuote sui dipendenti i quali, in diversi casi, attendono da qualche mese il saldo delle retribuzioni. Non a caso qualche giorno fa Ronchi è tornato a insistere perchè si trovi una soluzione immediata per far uscire l'Ilva dalla crisi finanziaria. Fra le ipotesi possibili, un finanziamento ponte da parte delle banche. L'Ilva ha avanzato la richiesta ed ha avviato la trattativa con le banche che viene seguita anche dal Governo.
Sul tema, però, non ci sono ancora segnali. Come osserva lo stesso sub commissario, le banche vogliono prima avere chiaro lo scenario societario dell'Ilva, ovvero se la famiglia Riva resta o meno proprietaria dell'azienda, se la famiglia Riva sottoscrive o meno l'aumento di capitale che proporrà loro il commissario Enrico Bondi sulla base del piano industriale, se ci sono o meno nuovi azionisti e quali sono. Altra ipotesi avanzata dall'azienda, l'utilizzo anticipato dei soldi che la Magistratura di Milano ha sequestrato ai Riva mesi fa per reati fiscali e valutari. Secondo Ronchi, sono 800 milioni accertati su 1,7 miliardi complessivi. Potrebbero essere utilizzati come anticipazione dell'aumento di capitale dell'azienda. Solo che bisognerebbe intervenire sull'ultima legge relativa all'Ilva, la quale ha sì previsto lo svincolo dei soldi sequestrati ma come terza ipotesi.
La prima, invece, è la partecipazione dei Riva all'aumento di capitale mentre la seconda è il coinvolgimento di investitori terzi a fronte di un rifiuto degli stessi Riva.
Oltre alle incertezze finanziarie, nell'Ilva c'è preoccupazione anche per la vicenda di 57 dei 189 vigilanti di stabilimento dichiarati in esubero dall'azienda. Il 9 maggio è terminata la procedura di mobilità e, non essendoci stato accordo tra le parti, adesso l'azienda può procedere con i licenziamenti.
Sul piano giudiziario, infine, nell'udienza di oggi a Milano il ministero dello Sviluppo Economico ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo a carico di Fabio Riva, di altre due persone e della società Riva Fire, la holding che controlla l'Ilva, per la presunta truffa allo Stato da cento milioni di euro. Un'istanza di costituzione come parte civile è stata presentata anche da Simest, società controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti. Le difese si sono opposte alle richieste e i giudici delle terza sezione penale di Milano decideranno nella prossima udienza fissata per il 19 maggio.
Stando all'inchiesta dei pm Stefano Civardi e Mauro Clerici (uno dei tanti filoni aperti a Milano sulla famiglia Riva e sulle loro società), sarebbe stata creata una società ad hoc, l' Ilva Sa, per aggirare la normativa (la legge Ossola) sull'erogazione di contributi pubblici per le aziende che esportano all'estero.(Sole24h)
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