Morti d'amianto all'Ilva, 27 condanne. "Fibre killer ancora nello stabilimento".
Riva: "Lunedì diremo cosa sarà della fabbrica"
Lunedì si conoscerà il futuro dell'Ilva, dopo l'incontro di Milano tra il commissario Bondi e la famiglia Riva. Ma oggi a Taranto il tribunale ha condannato 27 ex dirigenti dell'Ilva (una assoluzione) per le morti causate dall'amianto e dalle altre sostanze canCcerogene provenienti dallo stabilimento siderurgico. Le pene più alte sono state inflitte agli ex manager della vecchia Italsider pubblica alla quale subentrò il gruppo Riva. Tra questi, Giovanbattista Spallanzani, condannato a 9 anni.Il giudice della II sezione penale del tribunale di Taranto Simone Orazio ha condannato in primo grado a complessivi 189 anni di carcere gli imputati per disastro ambientale ed omicidio colposo. Le condanne vanno dai 4 ai 9 anni e mezzo, e hanno colpito gli ex manager e i direttori generali dello stabilimento siderurgico sia dell'era di gestione pubblica sia di quella privata (il gruppo riva acquistò l'acciaieria dallo Stato nel 1995). La pena più alta, 9 anni e mezzo, è andata al manager dell'era pubblica Sergio Noce, 9 anni al suo collega Spallanzani e 9 anni e 2 mesi ad Attilio Angelini, accusati di disastro ambientale e ventuno omicidi colposi, per la morte per mesiotelioma di operai venuti in contatto con fibre di amianto. Ad otto anni e mezzo sono stati condannati Pietro Nardi e Giorgio Zappa, ex dg di Finmeccanica. Fra gli imputati c'era anche il patron Emilio, morto il 30 aprile scorso, suo figlio Fabio Riva e l'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, entrambi condannati a sei anni di reclusione (e indagati nel procedimento per disastro ambientale in corso).
Secondo l'accusa l'amianto fu usato in maniera massiccia nello stabilimento siderurgico di Taranto, il più grande d'Europa, ed è ancora oggi la sostanza killer presente in alcuni impianti Ilva. Nel corso degli anni gli operai non furono formati ed informati sui rischi dell'amianto, non ricevettero sufficienti visite mediche e tutele per la loro salute entrando in contatto con la pericolosa sostanza che in molti caso ha causato malattie e morte. Il giudice ha stabilito una provvisionale nei confronti dell'Inail di circa 3,5 milioni di euro. "Un atto d'accusa durissimo anche per la politica - è il commento del leader dei Verdi, Angelo Bonelli - per una classe politica omissiva e silente".
La notizia arriva poco dopo il termine dell'incontro milanese nella sede del siderurgico. "Senza un futuro per l'Ilva penso ci sia poco futuro per l'Italia nella siderurgia". Lo dice Claudio Riva, uno dei figli di Emilio Riva il 're dell'acciaio' scomparso di recente. Sul tavolo, il piano industriale e ambientale dello stabilimento. "Lunedì prossimo faremo avere al commissario la nostra posizione - ha detto - sicuramente è molto complicato". Riva ha definito la riunione, "interessante e civile". Ma non nasconde le difficoltà. Con il commissario "ci siamo scambiati le reciproche informazioni" ha aggiunto Riva lasciando la sede milanese dell'azienda insieme al cugino Cesare e a una delegazione di legali e consulenti (poco dopo è stato visto uscire anche l'avvocato Giuseppe Lombardi, che nella vicenda segue il commissario Bondi). "La famiglia è molto unita, ci vogliamo molto bene - ha aggiunto - ma il gruppo Riva è un gruppo industriale e di questa vicenda se ne occupa il gruppo e non la famiglia".
La situazione non è facile. E' "drammatica" e "il tempo è scaduto". Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, chiede al governo "di discutere nei prossimi giorni cosa succede nello stabilimento" e di prendere in considerazione l'ipotesi di "forme di esproprio". "Non è una posizione ideologica a favore di un ritorno alla proprietà pubblica - ha precisato Landini, aprendo i lavori dell'assemblea nazionale Rsu Fim, Fiom, Uilm sulla siderurgia - ma possiamo pensare ad un intervento diretto, anche transitorio, dello Stato".
Dopo quelle dei giorni scorsi sollevate dal governatore Nichi Vendola che ha scritto al premier Matteo Renzi, inoltre, una nuova polemica oggi investe il commissario Bondi. Duro il direttore dell'agenzia regionale per l'Ambiente della Regione: "Il commissario mente sui dati dell'Arpa, non abbiamo mai sostenuto che non ci sia un legame tra inquinamento e morti come invece sostiene in una sua relazione". Sotto accusa le parole del commissario che nei giorni scorsi, all'interno di un suo documento aveva negato sia la presenza di veleni a Taranto sia l'esistenza di un nesso causale fra l'inquinamento e l'incidenza dei tumori nello stabilimento.
Assennato in una nota definisce "destituita di fondamento l'affermazione contenuta nel rapporto del dottor Bondi secondo cui Arpa avrebbe escluso ogni nesso causale tra esposizione lavorativa e incidenza di tumori nei lavoratori del reparto officina/carpeteria dell'Ilva. Ciò sia perché Arpa non ha alcuna competenza in merito e non ha avuto comunque richieste specifiche di supporto sul problema, sia perché comunque il monitoraggio ambientale effettuato non può considerarsi adeguato ed esaustivo rispetto al problema". Secondo Assennato, in effetti, rispetto all'incidenza dei tumori sarebbe necessario uno studio epidemiologico rigoroso della durata di almeno un anno e, pertanto, si spinge a ribadire che "le conclusioni del commissario Bondi che escludono il nesso causale tra esposizione dei lavoratori e incidenza di tumori, essendo basate su evidenze non documentate, devono essere considerate puramente autoreferenziali". (Rep)
Nella fabbrica in cui lavoravano a contatto con l'amianto hanno trovato la morte. Per 28 operai dell'Ilva (31 i casi esaminati) il giudice monocratico di Taranto, Simone Orazio, ha riconosciuto il nesso di causalità tra il decesso e l'esposizione al pericoloso cancerogeno. In un arco temporale che abbraccia quasi quarant'anni, i lavoratori hanno dunque inalato le micidiali fibre dell'asbesto, contraendo il mesotelioma pleurico.
Sono 27, invece, gli ex dirigenti dell'Italsider pubblica e dell'Ilva privata condannati per disastro ambientale e omicidio colposo plurimo a pene comprese tra i 9 anni e mezzo e i 4 anni di carcere. Nel corso del dibattimento, durato due anni, sono state ascoltate decine di testimoni che hanno descritto le condizioni in cui si svolgevano le attività industriali nel siderurgico tarantino. Sono stati interrogati lavoratori, medici e tecnici, acquisiti fascicoli e atti per decine di migliaia di pagine. La pena più alta, 9 anni e mezzo di reclusione, è stata inflitta a all'ex direttore dell'Italsider Sergio Noce, di San Michele di Pagana (Genova). A seguire 9 anni e due mesi ad Attilio Angelini, 9 anni a Giambattista Spallanzani e Girolamo Morsillo, 8 anni e sei mesi a Giovanni Gambardella, Giovanni Gillerio, Massimo Consolini, Aldo Bolognini e Piero Nardi.
Quest'ultimo, commissario straordinario di Lucchini Piombino, è indicato tra i manager in lizza per sostituire Enrico Bondi al timone dell'Ilva. Ha avuto 8 anni di reclusione Giorgio Zappa, ex direttore generale di Finmeccanica, mentre è stato dichiarato il non doversi procedere per l'ex patron dell'Ilva Emilio Riva, morto il 30 aprile scorso. Suo figlio Fabio Riva e l'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso sono stati condannati a 6 anni. La sentenza è arrivata mentre a Milano Claudio Riva incontrava il commissario straordinario dell'Ilva, Enrico Bondi sul piano industriale e ambientale dello stabilimento tarantino.
''Lunedì prossimo faremo avere al commissario la nostra posizione'', ha detto Claudio Riva che ha aggiunto: ''senza un futuro per l'Ilva penso ci sia poco futuro per l'Italia nella siderurgia''. E intanto il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti ha assicurato che il governo "ha le idee chiare e abbiamo già approvato il piano ambientale: faremo di tutto per portarlo a termine". ''Questa - ha intanto commentato il procuratore di Taranto Franco Sebastio - non è una sentenza storica: io non uso slogan giornalistici. Pur ribadendo che è solo una sentenza di primo grado e che in Italia vige la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, dobbiamo riconoscere che questa sentenza stabilisce quantomeno che la procura non ha commesso errori nella costruzione delle indagini''. ''La magistratura - secondo il presidente di Peacelink Taranto Alessandro Marescotti - ha affermato il principio di legalità in fabbrica. Vincono le ragioni delle tante vittime.
Perdono gli inquinatori e i loro complici''. I lavoratori, secondo l'accusa, non sarebbero stati adeguatamente informati sui rischi della sostanza cancerogena e non avrebbero ricevuto le necessarie tutele. Ora a Taranto (l'udienza preliminare inizia il 19 giugno) si sta per aprire un altro maxiprocesso per disastro ambientale, omicidi colposi, omissione di cautele contro gli infortuni, concussione e corruzione, che vede coinvolti, oltre ai Riva e ad altri dirigenti, anche rappresentanti politici come il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, assessori e funzionari regionali. Per definire il sistema di potere dell'Ilva, gli inquirenti hanno chiamato l'inchiesta 'Environment Sold Out' (Ambiente svenduto). (ANSA)
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