L’Apocalisse che v0rremmo
evitare
Abbiamo letto il Provvedimento di sequestro preventivo
degli impianti dell’area a caldo emesso dal G.i.p. Patrizia Todisco, il
Dispositivo del Tribunale del Riesame, i successivi Provvedimenti del G.i.p. ed
il fiume di commenti che ha invaso stampa e TV nazionali e locali. Quasi tutti
unanimi nell’attacco alla dr.ssa Todisco colpevolizzata per avere rotto
l’incantesimo del supposto superamento del contrasto tra diritto alla salute e
diritto al lavoro, risoltosi, secondo i più, a favore del mantenimento del posto
di lavoro. Il G.i.p. Todisco, con i Provvedimenti del 10 e 11 agosto,
indipendentemente dalle dispute giuridiche, ha riaffermato che il diritto alla
salute è prevalente su tutti gli altri.
Comunque vada a finire, perchè non è finita ancora,
saranno dolori per tutti. Siamo alla ripetizione delle posizioni già espresse
dai potenti all’apparire del primo provvedimento giudiziario, rispettosi
(ipocritamente) dell’autonomia della Magistratura ma di fatto tutti "contro il
Gip" che ha avuto la pretesa, secondo noi il merito, di provare a supplire alla
“ignavia e alla latitanza dei sistemi cui le società democratiche affidano di
solito il governo delle complessità”. E Taranto è un’enorme
complessità.
Allo stato delle cose, noi riteniamo che in Italia non ci
sia nessuno che abbia la forza di obbligare i Riva a rimanere a Taranto e ad
investire le decine di miliardi di euro necessari per un “vero risanamento”
dell'area a caldo, indipendentemente dalla "facoltà d'uso degli impianti". Per
averne conferma basterebbe cominciare ad elencare quali sono i punti dove
effettuare un “vero risanamento”. Nella preparazione di tale elenco dovrebbe
esserci quel “pubblico interessato” che quei punti li ha sviscerati nei quattro
anni di presenza nel procedimento per il rilascio dell'AIA ad Ilva, “pubblico”
ignorato dalla Commissione IPPC e dalle remissive strutture dei Ministeri
coinvolti. Quando vedranno “il conto della spesa” i Riva potranno decidere di
andarsene lasciando solo morti e feriti e territorio disastrato. Che è quello
che noi paventiamo da anni, con nessun ascolto, chiedendo una "exit strategy"
per evitare che prima arrivi l'Apocalisse: lo abbiamo scritto anche al
Presidente Monti e al Ministro Clini in occasione della convocazione del primo
“tavolo tecnico” per Taranto e della “riapertura” dell’AIA di Ilva.
A nostro parere per i Riva c’è un’alternativa alla fuga,
se è vero che vogliono restare a Taranto: mettere mano ad un piano industriale
di riconversione, ristrutturazione e diversificazione (produzione di acciaio non
da ghisa di altoforno, ridimensionamento della laminazione, logistica integrata
portuale – c’è un pontile attrezzabile per l’attracco di portacontainer di
ultima generazione -, business della rottamazione in campo navale, aereo e
automobilistico con riutilizzo nello stabilimento “convertito”, ed altro).
Utopia contrapposta all’Apocalisse?
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