Al quartiere Tamburi le polveri sottili hanno superato per l'ennesima volta i limiti di legge
Pm10 alle stelle, l’Arpa: sono i parchi dell’Ilva
I dati rilevati dalle centraline di monitoraggio sono stati inviati in Procura
“Una situazione di criticità ambientale” viene definita in una relazione dell’Arpa quella che si è verificata lunedì ai Tamburi, il quartiere più inquinanto di Taranto. Per le statistiche, si è registrato il 36° sforamento dei limiti di legge giornalieri del PM10. Da quanto rilevato dalle centraline di monitoraggio dell’aria di via Archimede e via Machiavelli, il vento di maestrale che ha soffiato forte ha portato nel quartiere più vicino alla zona industriale folate di polveri provenienti, da quanto riscontrato dall’Arpa, dai parchi minerali del siderurgico finiti sotto sequestro per inquinamento con l’intera area a caldo.Nella relazione tecnica, viene evidenziato che le polveri provengono dalla zona industriale, in particolare dall’Ilva. «Risulta evidente che l’area maggiormente interessata al trasporto operato dal vento è quella dei parchi minerali Ilva ubicata a nord ovest rispetto al quartiere Tamburi ». Per gli altri inquinanti misurati dalle centraline, invece, non si sono registrati valori oltre i limiti di legge.
«L’ARPA conosce perfettamente il fenomeno – si legge sul sito della stessa Agenzia – e lo ha relazionato più volte, a tutti i soggetti interessati e in tutte le sedi. E’ causato dal trasporto delle polveri – stoccate nei parchi minerali Ilva verso la città da parte del vento, che il 27 agosto scorso aveva direzione dal settore nord-ovest e velocità piuttosto sostenuta».
L’Agenzia ricorda di avere «espresso più volte il proprio parere sulle possibili soluzioni, e in passato ha comunicato riserve sulla soluzione proposta da Ilva e inclusa nel pregresso provvedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale, ovvero il barrieramento, mentre anche di recente l’Agenzia ha riproposto, nell’ambito dell’attuale procedimento di riesame dell’AIA, la soluzione della copertura dei parchi ritenendo che sia quella più efficace».
Inoltre, l’Arpa fa sapere di aver inoltrato “le opportune comunicazioni ai referenti degli impianti industriali interessati da attività pertinenti la problematica in esame, chiedendo di mettere in atto tutte le misure idonee a limitare la polverosità diffusa dai propri parchi minerali”. L’Agenzia, infine, «provvederà a trasmettere a tutti i soggetti interessati, oltre che alla Procura, i dati finora raccolti, insieme alle risultanze degli ulteriori accertamenti tecnici che saranno realizzati».
Sul superamento dei limiti delle polveri sottili, interviene il presidente di PeaceLink Alessandro Marescotti. «Il dato smentisce l’ottimistica teoria della Regione in base alla quale la situazione ambientale a Taranto sarebbe in via di miglioramento». Sostiene Marescotti che su quanto accaduto ha scritto all’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro e all’Arpa chiedendo che venga appurata con certezza la fonte inquinante. «L’organo preposto ai controlli ambientali deve certificare quale sia la fonte dei superamenti. Una certificazione di questo tipo dimostrerebbe che esiste un pericolo in atto e che va cessata l’attività pericolosa. Se per le polveri sottili l’Arpa Puglia certificasse che è l’Ilva a porre in atto, giorno dopo giorno, un’attività di propagazione di PM10 sopra i limiti di legge, – prosegue – verrebbe data una importante conferma alla persistenza di pericolo per la salute, come affermato dal gip Patrizia Todisco, la cui ordinanza – nonostante la battaglia legale – è tuttora in vigore». (CdG)
Secondo il massimo esponente di PeaceLink un’analisi specifica del PM10 «che è vettore di altri inquinanti consentirebbe di capire in che misura gli impianti sequestrati – allo stato attuale – arrechino un danno alla salute dei cittadini».
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