In viaggio per l'Italia, nei giorni scorsi, abbiamo sondato l'opinione pubblica nazionale per capire cosa è passato oltre provincia del "caso Taranto".
In un momento di crisi generale ha fatto breccia il terrorismo psicologico della frase "sequestro degli impianti", dichiarato come già operativo dai media e associato alla chiusura definitiva, all'incubo della fine della produzione nazionale di acciaio, alla messa in strada di 15-20 mila operai...
Scenari da apocalisse che nelle parole dei commentatori e dei copincollisti dei comunicati nazionali, con più o meno giri di parole, trovano un'unica ragione. Quella di sempre. Quella che dai tempi di Craxi sembra l'uscita di emergenza da ogni vergogna pubblica: è colpa della magistratura!
"Le procure vogliono prendere il posto della politica e dei sindacati" dicono alcuni, altri delineano con disprezzo perfino il profilo dei magistrati che si sono permessi di tagliare il cordone ombelicale di connivenza, corruzione, sfacelo, spreco di denaro pubblico per il profitto privato, disastro ecologico e anche economico...
Ma che si sono messi in testa? Di applicare la legge? In Italia???
Perché questa violenza mediatica? Perché evidentemente fa paura ai tutori del sistema che, in tutti questi anni, le "cavie" di Taranto, invece di accontentarsi delle caramelline elemosinate da Regione, Stato, ASL, ARPA, sindacati e padroni (leggi inapplicate, studi segretati, procedure inceppate, scioperi a salve), le cavie di Taranto hanno rosicchiato le gabbie poco a poco fino a creare una rivoluzione di portata europea!
Dalla piccola voce di questo blog di un comitato che ha partecipato attivamente agli ultimi 5 anni di vita della città vogliamo far rimbalzare il più lontano possibile le ragioni di tutti, la realtà delle cose.
Qui si è prodotta tanta ricchezza per anni. La gran parte di questa ricchezza ha incrementato il PIL nazionale. Qui si è salvata l'industria siderurgica nazionale mentre per le stesse ragioni di salute e obsolescenza si chiudevano Genova e Bagnoli. Qui si è tenuto il passo (produttivo) con il resto d'Europa. Qui però, come sempre, i soldi sono stati sprecati, le prescrizioni ignorate, la salute è stata messa in ultimo piano e, per la logica di massimizzazione del profitto privato, nessun investimento lungimirante è stato fatto per stare al passo non solo produttivo ma anche tecnologico con gli altri paesi industrializzati.
Tutti sapevano. Ma questo meccanismo all'italiana trasposto su una scala di mercato da diversi miliardi di euro è diventato una macchina incontrollabile: nessuno degli ingranaggi ha mai il coraggio di reagire.
L'iniziativa è partita dai cittadini.
Dalla gente stanca, e non è retorica, di accompagnare malati e di sentirsi prendere in giro da promesse di turismo e sviluppo quando la realtà è quella di miasmi putridi di fabbrica e polveri piene di sostanze mortali. Nessuna alternativa all'industria pesante da cinquant'anni!
E' stata una forza crescente, fatta di piccoli progressi, di voglia di comunicare e di ascoltare.
E' nata una coscienza civica e il frutto di tante piccole battaglie combattute con le clave contro i sottomarini nucleari dei poteri multinazionali. E' stato il riconoscimento, garantito dalla Costituzione, dalla Legge, del diritto di essere tutelati. Tutelati, con pari diritto, nel lavoro, nel territorio, nella salute, nei servizi.
Insomma, le cavie nazionali hanno alzato la testa e si sono rifiutate di farsi inoculare veleni per arricchire tutti tranne loro!
E hanno avuto la fortuna di incontrare giudici motivati e rigorosi, periti sinceri e incorruttibili, gente coraggiosa che ha svolto il proprio lavoro con onestà tra mille condizionamenti.
Ora queste piccole cavie sono state tramortite dall'onda scagliata dal sistema che attua tutte le contromisure possibili per annegare con violenza questa rivolta di civiltà.
E le piccole cavie rivelano tutta la loro debolezza. Hanno paura, sono divise, sconcertate, spavetate.
Sono sparite le grandi sigle che incoraggiavano a scendere in piazza e l'opinione si è frammentata in una serie di rivoli sempre più piccoli, fino ad essere assorbita dalla terra arsa, tra gli schiamazzi tronfi dello Stato, dell'Industria pesante, di sua maestà lo Spread.
E' normale avere paura quando la Storia dello Stato passa sotto casa tua e travolge chi incontra.
Ma il nostro ruolo, non per leadership, ma solo per l'esperienza e la coscienza della strada intrapresa anni fa, è quello di continuare a dare l'esempio. A restare aperti a tutti per cercare di restare sereni e decisi.
Il Comitato per Taranto continuerà a fare pressione sulle associazioni per ritrovare unità e forza.
Non si può bruciare così il lavoro di oltre dieci anni.
Intanto un piccolo segno vogliamo darlo anche noi. Senza costringere nessuno a risse, lotte ed estenuanti manifestazioni agostane tra urla stimolate ad arte per coprire ogni voce pacata e riflessiva.
Vi invitiamo ad essere cittadini, ad essere Città.
Non è il bianco che ricopre il sepolcro putrido di biblica memoria. E' la voglia di giustizia e di speranza nel futuro!
1 commento:
Cari amici,
sono un chimico di Asti. L'anno scorso avevo scaricato e letto la perizia fatta da alcuni miei colleghi sull'inquinamento diffuso delle polveri dello stabilimento ILVA di Taranto. Quello che sta succedendo mi sembra la logica conseguenza di quanto scritto in quel documento. Sono solidale con Voi. Se si vuole produrre bisogna rispettare le leggi e non, come al solito, privatizzare gli utili e socializzare le perdite.
Gian Michele Accomasso
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