domenica 12 agosto 2012

I tumori certi e l'elemosina del ministero

Caso Ilva, Taranto capitale dei tumori
"Mortalità record per quelli ai polmoni"

L'incidenza delle malattie nell'area del siderurgico è maggiore del 15 per cento, del 30 quella riferite a quelle polmonari. I dati dello studio saranno consegnati a settembre al ministro della Salute

Taranto capitale dei tumori. Lo dice anche il ministero. E' maggiore del 15% l'incidenza dei tumori nell'area del sito dell'Ilva di Taranto, con un picco del 30% in più per quelli al polmone. E' quanto si legge nell'indagine epidemiologica 'Sentieri', coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità - anticipata da Repubblica - che verrà presentata il 18 settembre al ministero della Salute. Un dato legato all'inquinamento prodotto dall'Ilva: ''Molteplici studi di monitoraggio ambientale e campagne di misura delle emissioni industriali effettuati nell'area di Taranto - sottolinea il rapporto - hanno evidenziato un quadro di inquinamento ambientale diffuso, ma anche il contributo rilevante del polo industriale cittadino, in particolare il complesso dell'acciaieria, ai livelli ambientali di inquinanti di interesse sanitario''.
  Il ministro Renato Balduzzi riceverà nei prossimi giorni anche nuovi dati sul rischio dal Centro per il controllo delle malattie. Lo studio dell'Iss è stato già pubblicato sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione e riguarda tutti i Siti di interesse nazionale per le bonifiche (Sin), 44 in tutto. La ricerca ha trovato per l'area di Taranto un "eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone, per entrambi i generi, un eccesso compreso tra il 50% (uomini) e il 40% (donne) di decessi per malattie respiratorie acute", e un aumento de 10% nella mortalità per le malattie dell'apparato respiratorio.
  E intanto sembra sempre più lontana la bonifica dell'impianto più grande d'Europa, fra i più grandi del mondo: 336 milioni per la riqualificazione ambientale, anni di lavori, circa otto mesi solo per fermare l'impianto, durante i quali, nel corso delle progressive procedure di spegnimento, l'inquinamento però non diminuirà. Per completare l'operazione di risanamento, per la quale lo scorso lunedì è stato avviato il tavolo di lavoro con il ministro Clini i tempi sono incerti. Servirà ordinare materiali e macchinari e la loro disponibilità potrebbe incidere profondamente sulla tempistica totale dell'operazione di risanamento dell'area dalla quale arrivano 10 tonnellate di acciaio l'anno, più di un terzo del totale prodotto in tutta Italia (la produzione totale è di 29 milioni di tonnellate d'acciaio l'anno).
  A spiegarne le tappe delle procedure è Donato Firrao, docente di metallurgia del Politecnico di Torino. Si parte dalla cokeria: è il settore più inquinante dell'impianto dove si fonde il carbone. L'altoforno a Taranto è appena stato rimesso a nuovo secondo i criteri più moderni e i convertitori a ossigeno emettono al massimo ossidi di ferro, che non sono pericolosi, ha spiegato l'esperto. Per questa ragione, secondo Firrao, l'ipotesi migliore sarebbe quella di chiudere solo la cokeria e comprare il suo prodotto, il coke, sul mercato, continuando così la produzione e facendo diminuire le emissioni.
  Molto più problematico lo spegnimento dell'area a caldo che provocherebbe la 'morte' dell'impianto. Tecnicamente esiste la possibilità di sostituzione gli impianti con modelli meno inquinanti. Un caso a cui far riferimento è quello della Siemens che ha realizzato delle acciaierie ad emissioni molto meno inquinanti, ma richiederebbero la costruzione anche di nuovi edifici L'operazione per molti è di una complessità straordinaria: "non è mai accaduto nel mondo un evento come questo - ha spigato Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia - si tratta di una vera e propria rivoluzione considerata anche la sfavorevole congiuntura economica che in questo momento ha fatto ridurre del 20-30% la domanda di acciaio".
  Sono molte le complessità tecniche che gli esperti dovranno affrontare come ad esempio anche la 'semplice' copertura delle aree di stoccaggio dei minerali, che spiega Tabarelli, in tutto il mondo restano scoperti, ma dai quali partono le polveri rosse che 'sporcano' l'area attorno. Sul piano messo a punto dalla task force guidata dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini per l'Ilva lo scorso 26 luglio, ora bisognerà stabilire un percorso con 'tempi certi'. Il testo del documento - siglato dal ministro dell'Ambiente e da quello dello Sviluppo economico Corrado Passera, insieme con il governatore Nichi Vendola, il sindaco della città Ippazio Stefano e il presidente della provincia Gianni Florido - parla di "certezza degli obiettivi e dei tempi di approvazione e realizzazione".
  Il protocollo d'intesa 'per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto' prevede risorse per "interventi di riqualificazione ambientale" pari a "un importo complessivo di 336 milioni di euro": 329 pubblici e 7,2 privati. Di questi, 119 milioni vanno alle bonifiche, 187 milioni per interventi portuali, e 30 milioni per il rilancio industriale per investimenti produttivi caratterizzati da un elevato livello tecnologico. (La Repubblica)


Bonelli: «Nel decreto soldi per l’Ilva e solo 8 milioni ai Tamburi»
Un decreto-beffa. «Perché sovverte il principio secondo il quale chi inquina paga. E fa pagare ai cittadini i costi dell’inquinamento prodotto da aziende come Ilva ed Eni». Il diavolo si nasconde nei dettagli secondo il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. Spulciando le carte del disegno di legge presentato dal governo Monti (il decreto per Taranto che attiva le bonifiche con 336 milioni di euro), il consigliere comunale ha scoperto che «i finanziamenti a tasso agevolato previsti nel decreto legge 83 del 2012 per le aziende della green economy, che si occupano cioè di energie alternative, vengono estesi anche alle aziende che realizzeranno interventi di ambientalizzazione e riqualificazione nell’area Sin di Taranto, il Sito di interesse nazionale. Praticamente, Ilva ed Eni potranno accedere a questo fondo di 70 milioni di euro. E pensare che aziende come l’Ilva negli ultimi anni hanno realizzato utili per due miliardi di euro. Insomma, il principio chi inquina paga viene sovvertito. Lo Stato, cioè i cittadini contribuenti, pagheranno i danni ambientali di aziende come l’Ilva. È assurdo».

Bonelli ha poi criticato aspramente la scelta di stanziare risorse addirittura ridotte per alcuni interventi strategici. «Per bonificare il quartiere Tamburi (quello dove un'ordinanza stabilisce che i bambini non possono toccare la terra a causa dell'inquinamento) sono previsti - ha sottolineato il presidente dei Verdi - solo 8 milioni di euro (una cifra assolutamente ridicola) mentre per il Mar Piccolo sono stati destinati solo 21 milioni. Ricordiamo che con un analogo protocollo d'Intesa del 2005 erano stati destinati 50 milioni di euro per la bonifica del quartiere Tamburi e 25 milioni per quella del Mar Piccolo: soldi spariti nel nulla e che a Taranto non sono stati mai utilizzati. Invece, il grosso delle risorse, circa 170 milioni, sono per il porto anche per la costruzione della diga foranea ». Bonelli ha concluso con una stilettata al governo: «Invece di dare contributi alle imprese avrebbe fatto meglio a creare un fondo per la tutela della salute dei cittadini di Taranto e ad avviare immediatamente un monitoraggio sanitario anche attraverso le analisi su sangue ed urine della popolazione tarantina, che da decenni deve subire il peso insostenibile dell'inquinamento». (Fulvio Colucci - GdM)

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