Oggi più che mai: pecunia non olet!
Sono stati resi noti i risultati definitivi della ricerca condotta da La Veille Sanitarie in Francia nelle popolazioni residenti in prossimità di impianti di incenerimento. I risultati preliminari erano stati presentati nel novembre 2006 ed avevano riguardato 135.567 casi di cancro insorti nel periodo 1990-1999 su una popolazione di circa 2.5 milioni di persone residente in prossimità di 16 inceneritori di rifiuti urbani attivi tra il 1972 ed il 1990. Lo studio aveva considerato l’esposizione a diossine valutate in diversi percentili, trovando un aumento del rischio coerente col crescere dell’esposizione; in particolare nelle aree più esposte l’ aumento del rischio era: sarcomi + 12.9% in entrambi i sessi, linfomi non Hodgkin + 8.4% , cancro al fegato +9.7 %, cancro alla mammella +6.9%, tutti i cancri nelle donne +4%. Orbene, le preoccupazione già a suo tempo emerse dai risultati preliminari, si sono ulteriormente rafforzate davanti ai risultati definitivi conteggiati a marzo 2008 e che evidenziano i seguenti incrementi: sarcomi + 22%, linfomi non Hodgkin + 12% in entrambi i sessi + 18% nelle femmine, cancro al fegato +16%, tutti i cancri nelle donne +6% ed ancora, dato in precedenza non rilevato, incremento del rischio di incidenza per mieloma multiplo in entrambi e sessi +16% e per i maschi addirittura + 23%.
Oltretutto, a detta degli autori, il picco non è ancora stato raggiunto! Ricordiamo che anche lo studio condotto sulla popolazione di un quartiere di Forlì (Coriano) esposta a due impianti di incenerimento ( rifiuti urbani e ospedalieri) aveva evidenziato gravi danni per la salute specie nel sesso femminile con aumento statisticamente significativo del rischio di morte per tutte le cause e soprattutto per tutti i tumori (in particolare mammella, colon, stomaco). Lo studio di Forlì, ricordiamo, aveva valutato l’esposizione a metalli pesanti (altro inquinante tipico degli inceneritori) e non può non destare particolare attenzione il fatto che studi indipendenti, condotti con metodi diversi, abbiano comunque portato a risultati fra loro così paragonabili. La particolare suscettibilità del sesso femminile agli inquinanti emessi da questi impianti è facilmente comprensibile se si pensa, ad es., che la concentrazione di diossine nel sangue delle donne di Seveso, anche a distanza di anni, era dalle due alle tre volte superiore a quella riscontrata nei maschi, che pure erano stati esposti al medesimo evento: le caratteristiche biologiche, metaboliche, endocrine rappresentano evidentemente un fattore discriminante di particolare rilievo.
D’ altra parte è ben noto che proprio nel sesso femminile, anche nel nostro paese, si registra una crescente incidenza di cancro che, secondo i dati dell’ Associazione dei Registri Tumori Italiani (AIRTUM) presentati proprio per l’ 8 marzo 2008, è dell’ 1% annuo, indipendentemente dalla età. Tutte queste considerazioni, al pari di quelle che si fanno per la salute infantile, sono però parole al vento: nessuno se ne cura ed invece di passare dalle parole ai fatti- ovvero intraprendere azioni concrete per ridurre l’ immissione di sostanze tossiche ed inquinanti nell’ ambiente facendo Prevenzione Primaria - si continua solo ad esprimere buone intenzioni o a “ monitorare” i danni che si continuano a recare.
Da questo punto di vista la gestione dei rifiuti è a dir poco paradossale: da tempo abbiamo capito che i “rifiuti” (o meglio i “materiali post-consumo”) sono risorse, ma, se anche fossero una “malattia”, come viene costantemente propagandato, la “cura” che ci viene prospettata, ovvero il loro incenerimento, è molto peggiore del male, dal momento che ogni processo di combustione trasforma materiali di per sé inerti in composti altamente tossici e nocivi, con danni che sono oggi dettagliamente calcolabili.
Sul sito http://ec.europa.eu/research/headlines/news/article_05_10_21_en.html dell’UE è oggi possibile, inserendo alcuni parametri emissivi (NOx, SO2, PM10, VOC..) l’ altezza dei camini ecc. quantificare i danni alla salute e all’ ambiente per ciascuna fonte. Per fare un esempio, ogni anno emissioni simili a quelle dell’ inceneritore di Brescia, secondo tale software che –si badi bene- considera solo una parte degli inquinanti emessi, causerebbero una perdita economica pari a 1.480.000 Euro!Che altro resta da dire? Il problema dei rifiuti è, in assoluto, il più semplice da risolvere, se solo si facessero scelte coraggiose e chiare: dalla raccolta “porta a porta” al recupero effettivo dei materiali post-consumo. Ma fino a che rimangono i cassonetti stradali, che altro non sono che mini discariche all’ aperto, e fino a che lo stesso gestore gestisce sia la raccolta differenziata che l’ incenerimento e guadagna tanto più brucia, rivendendo a prezzo triplicato la poca energia prodotta, come sperare che si inverta la rotta? Solo la nostra follia può pensare che sia vantaggioso incenerire carta, legno, plastica…preziose materie che poi dobbiamo produrre ex.novo abbattendo alberi od estraendo petrolio.
Allo stato attuale il 98.2% di tutti i rifiuti urbani può essere recuperato come materia, e, per chi ancora non lo sapesse, anche i materiali poli-accoppiati e gli stessi pannoloni diventano – tramite processi di estrusione, senza formazione di alcun inquinante - sabbia sintetica utilizzata in edilizia o per manufatti plastici. In pratica il “secco non riciclabile” che prima andava alla discarica o all’ incenerimento ad un costo medio di 120 Euro a ton, viene venduto al prezzo di 80 Euro a ton sotto forma di sabbia sintetica! Non è utopia, non succede chissà dove, succede nel nostro paese, per la precisione presso ad es. il Centro Riciclo di Vedelago (TV). Qui, senza sovvenzioni pubbliche, si sono creati posti di lavoro stabili e sicuri, senza nocività né per i lavoratori né per l’ambiente. Impianti simili si possono realizzare ovunque in pochi mesi e con investimenti che sono almeno un decimo inferiori rispetto a quelli necessari per realizzare un inceneritore che tratti la stessa quantità di materiali e, fortunatamente, in diverse parti del nostro paese amministratori accorti hanno già imboccato questa strada virtuosa.
Se dunque è possibile evitare queste inutili e costose fabbriche di veleni senza il ricatto occupazionale, ma anzi creando lavoro e ricchezza, è facile capire perché non solo cittadini e comitati si sono mobilitati, ma anche centinaia di migliaia di medici in Europa - dal Consiglio Nazionale degli Ordini dei Medici Francese, ai Medici Irlandesi, alla Federazione degli Ordini dell’ Emilia Romagna - sono scesi in campo per chiedere una moratoria sulla loro costruzione.Ma ancora una volta, proprio all’ interno del mondo scientifico e medico, le voci indipendenti dai grossi poteri economici/finanziari faticano a farsi ascoltare.
Quante sofferenze e quanti morti ancora saranno necessari perché finalmente si aprano gli occhi ed i rifiuti cessino di essere risorse solo per chi, incenerendoli, accede, in un mercato drogato, ai vergognosi incentivi che solo l’ Italia riconosce ai “fuochisti” di turno?Patrizia Gentilini
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