Ambiente, un nuovo paradigma per l´industria del futuro
di Lucia Venturi
In un periodo di vacche magre il primo a rimetterci è l’ambiente. Lo fa notare oggi Giovanni Sartori in un editoriale sul Corriere della sera, riassumendo quello che sta avvenendo rispetto agli impegni sul protocollo di Kyoto e sul pacchetto clima energia dell’Unione europea. Una storia già vista, potremmo sottolineare, ma questa volta il rischio è che a rimetterci non sia solo l’ambiente o la credibilità del nostro paese in uno scenario internazionale. Il rischio è che a perderci potrebbe essere l’intera economia del paese, che finita (quando sarà) la crisi economica planetaria si ritroverà con le pezze sia sull’ambiente sia sul sistema industriale e quindi sull’intero sistema economico e sociale. In altre parole si sarà giocato insieme all’idea di futuro anche il futuro stesso.
I segnali sono tanti e non riguardano solo le immediate conseguenze della crisi finanziaria sull’economia reale, con cassa integrazione per centinaia di lavoratori e chiusura definitiva di stabilimenti. Comprendono anche quelle situazioni che già erano in difficoltà prima ancora della crisi e lo erano proprio per una incompatibilità- ormai portata all’estremo- tra i processi obsoleti e l’impatto generato sull’ambiente.
E’ stato così per il polo petrolchimico di Porto Marghera, che rischia la definitiva chiusura con effetto domino su tutti gli altri distretti della chimica italiana, è così per le acciaierie Ilva di Taranto, dove la necessaria ambientalizzazione dello stabilimento, sta producendo (per ora) poco più che uno scontro tra competenze regionali e nazionali.
Ma più che sbagliato sarebbe esiziale riportare il dibattito sulla contrapposizione tra ambiente e sviluppo, come fa oggi Jaoquin Navarro Valls, sulle pagine di Repubblica, ovvero su una visione novecentesca del problema. «Per poter inquinare bisogna prima produrre» dice Valls e aggiunge: «affinché la questione ecologica diventi un criterio etico fondamentale di una seria e moderna politica industriale è necessario che vi sia un sovrabbondante sviluppo». Come dire se non c’è sviluppo non ci sono fondi per pensare all’ambiente, in una logica in cui pensare alle questioni ecologiche equivale (semmai) solo a ripulire ciò che si è sporcato.
Appunto una logica del secolo scorso... (leggi l'articolo)
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