lunedì 20 ottobre 2008

Crisi economica e industria: quando le sorti di una città si giocano negli States

Quando si parla si sistema sostenibile e di incentivi alla nascita di un'imprenditoria locale rispettosa del territorio e non assistenzale si propone un modello di sviluppo che non dipende in modo così drammatico dagli alti e bassi delle multinazionali.
E intanto pagano gli operai...

Ilva: ferie e tagli alla produzione. Crisi allo stabilimento di Taranto
di FULVIO COLUCCI

TARANTO - Centottanta lavoratori in ferie forzate. Drastici tagli alla produzione e turni ridotti ai reparti Treno nastri numero 1 e Laminatoio a freddo. Un milione di coils invenduti che giacciono nello stabilimento insieme a 150mila pezzi, tra lamiere e tubi. L’altoforno numero 4 in ristrutturazione resterà spento e non ripartirà a dicembre come programmato in precedenza.
Lo spettro di una crisi profonda, partita dalla flessione della domanda del mercato dell’auto; il rischio di decisioni ancor più drastiche – addirittura lo stop di una delle acciaierie – e di ancor più drastiche conseguenze: il taglio produttivo fino ad un milione di tonnellate di acciaio, quasi inevitabile per la verità, con le inevitabili ricadute occupazionali.

Sono i numeri, presenti e, si teme, futuri della crisi che bussa pesantemente alle porte dell’Ilva. La recessione soffia come un vento freddo e questa pare la prima breccia, nell’economia reale, di una frana possibile. I timori del Gruppo Riva sono condivisi dai sindacati. Nell’ultimo incontro l’azienda ha reso note quelle che, per ora, sono “precauzioni” dovute alla contenuta riduzione delle commesse: le ferie forzate, appunto; il ridimensionamento dei turni e della produzione solo in due reparti; il rinvio a tempo indeterminato della riapertura dell’altoforno. Le paure dei sindacati fanno leva proprio sulla impossibilità da parte dell’Ilva di offrire risposte certe sui tempi di superamento della crisi.

I vertici del siderurgico hanno scelto una strategia «dolce», quella delle ferie forzate e dei tagli «chirurgici», per non spaventare il mercato e non sovraeccitarlo più di quanto non sia già dallo spettro della recessione. Ma anche per mantenere la battuta proprio con le organizzazioni sindacali, allarmate dalla situazione, dai tempi incerti soprattutto. Fim, Fiom e Uilm sono già sul piede di guerra: «Chiediamo certezze sulle commesse lavorative, sugli assetti di marcia, sulle strategie anti-crisi – ha dichiarato il segretario della Uilm Rocco Palombella – anche perché l’Ilva non può pensare di penalizzare gli stessi operai che tanto hanno contribuito ai recenti record di produzione sbandierati come simbolo di forza produttiva e di profitto».
Per ora, tuttavia, le certezze sono poche: le 80mila tonnellate in meno di acciaio sfornate dal Treno nastri numero 1, in un anno, diventeranno quasi un milione. Il Gruppo Riva, pur non pronunciandosi ufficialmente al di fuori dell’incontro con i sindacati, non esita a parlare di situazione seria. Vertici aziendali e sindacati torneranno a rivedersi il 27 e il 28 ottobre.


Cassa integrazione: 51 i casi in Puglia, 17 aziende in Basilicata
di GIANFRANCO SUMMO

La crisi globale non dimentica nessuno. Il ministero del Lavoro dall’inizio dell’anno ha emesso 51 decreti per cassa integrazione in Puglia e 17 per la Basilicata. Non esistono periferie quando si tratta di contare i morti e i feriti dell’economia reale. Perché è sulle fabbriche piccole e grandi che ora sono puntati gli occhi: il crollo finanziario ha da un lato bruciato risparmi e investimenti magari destinati ai consumi, dall’altro ha indotto le banche a contrarre il credito e anzi a chiedere alle imprese di rientrare da fidi ed esposizioni. Il risultato è una tenaglia mortale, con le aziende senza credito e senza commesse. Gli effetti peggiori di questa onda si vedranno a partire dai prossimi mesi. Qualcuno parla già di un Natale «freddo» come non mai.

Una congiuntura che per Puglia e Basilicata si sovrappone ad una situazione difficilissima. L’Ilva a Taranto, la Fiat in Basilicata e la Bosch a Bari sono i tre colossi che per primi subiscono: la crisi dell’auto è mondiale, la contrazione delle produzione industriale è cominciata ancora prima dei terremoti finanziari. I «giganti » sono subito corsi ai ripari, ma dietro di loro si sono ritrovati in ginocchio le piccole aziende dell’indotto: nelle provincie di Taranto, Bari, Matera e Potenza sono concentrate le aziende metalmeccaniche che hanno chiesto e ottenuto il beneficio della cassa integrazione. Un altro capitolo singolare riguarda i trasporti ferroviari. I tagli e le ristrutturazioni operati da Trenitalia non creano difficoltà solo ai viaggiatori. In Puglia sono quattro le società che si sono ritrovate senza lavoro nel settore dei servizi ferroviari.

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