mercoledì 15 ottobre 2008

Gli italiani non la pensano (e guadagnano) come Marcegaglia!


La Confindustria: siamo d'accordo ma lasciateci inquinare ancora un po'

Le imprese, che dovrebbero essere la punta di diamante dell'innovazione perché consapevoli dei vantaggi avuti in altri mercati, sposano una posizione di retroguardia facendo arretrare l'Italia

Siamo alle solite, l'Industria italiana, non certo da prendere ad esempio in quanto a lungimiranza ed apertura all'innovazione, batte i pugni contro il pacchetto clima ed energia, che mette in pratica le decisioni prese dagli stessi governi europei per raggiungere gli obiettivi di Kyoto.
Il protocollo per contenere l'effetto serra che sta modificando il clima globale non è un optional che possiamo ancora rimandare alle generazioni future perché interessa, purtroppo, già i contemporanei. E se bisogna costruire meno auto, bisogna farlo. Se si deve andare a piedi, dovremo farlo.
Se l'Italia si ritrova con le nazioni europee in coda alla graduatoria economica ci deve essere una ragione.
Che siano cattivi gli altri? No, è solo che si sono posti altri obiettivi prima, quando già costruivano auto più ecologiche, installavano pannelli solari, avviavano la bioarchitettura, in una parola, promuovevano uno stile di vita più sostenibile. Per questo l'Italia paga di più. Ed ora dovrebbero fermarsi loro per permettere a noi di continuare ad inquinare?

Il problema è che la nostra industria continua a considerare la crescita come la soluzione di tutti i mali e si sposa perfettamente con l'orientamento di questo governo che dal punto di vista ambientale sta facendo terra bruciata.
In fondo, dai tempi del ricatto occupazionale, è cambiato ben poco. Ora ci ritroviamo più inquinati, più poveri e senza possibilità di recuperare visto che la disoccupazione aumenta e i poveri crescono.
Cos'è gli industriali hanno paura di cambiare categoria? Preferiscono continuare a giocare con la sicurezza sul lavoro, con i livelli bassi di norme ambientali ecc.
È morale segnalare che nei paesi inquinanti non ci sono tasse ambientali ed è quindi più conveniente produrre? Dobbiamo inquinare anche noi?
E non è assolutamente morale avere la consapevolezza di cavalcare una tesi sbagliata o impopolare e sostenere che si è d'accordo con le norme ma non sui tempi. Forse per la Confindustria va bene che l'Ilva di Taranto ammorbi la città che uccida con la diossina greggi e persone e che continui a farlo finché la società civile non si attiva e la costringa ad avviare, magari con comodo e senza fretta, tutte le misure tecnologiche già esistenti. Al solito, la moglie ubriaca e la botte piena.

(R. V. G.) su Villaggio globale

LETTERA APERTA DI UMBERTO GUIDONI (PDCI), MONICA FRASSONI (VERDI), ROBERTO MUSACCHIO (PRC) AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, JOSÈ MANUEL BARROSO

Bruxelles, 14/10/2008

Gentile Presidente,
Come parlamentari europei direttamente impegnati nella lotta al cambiamento climatico facciamo appello affinché il “Pacchetto Clima” già approvato dalla Commissione Ambiente non venga bloccato o stravolto dal Consiglio Europeo di domani.
Proprio la gravità della crisi economica dimostra quanto occorra realizzare cambiamenti strutturali del sistema di produzione e delle nostre società. Un nuovo rapporto con l’ambiente e il passaggio alle energie rinnovabili sono indispensabili, anche a fronte dei costi insostenibili del cambiamento climatico e delle energie tradizionali.
Consideriamo quindi profondamente miopi e gravi le posizioni, come quella espressa dalla Confindustria italiana, che tendono a contrastare il “Pacchetto Clima” in nome degli alti costi e dei presunti interessi economici nazionali, sulla base di dati non verificati e di una vera e propria campagna di disinformazione che sottostima sistematicamente gli enormi vantaggi del pacchetto energia in termini di risparmio e indipendenza energetica e di innovazione per il nostro sistema produttivo. Una posizione assunta acriticamente dallo stesso governo italiano, che si muove nella stessa logica di retroguardia.
Sarebbe profondamente sbagliato se il Consiglio Europeo che si svolgerà domani in qualche modo frenasse o, addirittura, stravolgesse l’approvazione del “Pacchetto Clima”, come sembrerebbe trapelare da alcune anticipazioni.
L’Europa ha scelto di essere in prima fila sulla strada della lotta ai cambiamenti climatici per consentire, anche con il proprio esempio, la ratifica dell’accordo per il dopo Kyoto. Questo accordo, necessario per il nostro pianeta, stabilirebbe regole e impegni per tutti, compresi Paesi extraeuropei come la Cina, e sarebbe enormemente utile alla stessa economia europea.
Il Parlamento europeo si è mostrato all’altezza della sfida epocale, facendosi interprete della scelta strategica dell’Europa. Come europarlamentari, ci auguriamo che il Consiglio sappia fare altrettanto, rispettando il ruolo e le funzioni del Parlamento stesso.

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