Il procuratore: non ci sono trattative, sull'Ilva decide il gip
Spetterà al giudice per le indagini preliminari
Patrizia Todisco decidere se concedere o meno all’Ilva la facoltà d’uso
degli impianti dell’area a caldo sottoposti a sequestro lo scorso 26
luglio. Malgrado i legali del gruppo Riva abbiano presentato alla
Procura la relativa istanza, contenente da un lato il piano degli
investimenti illustrato ieri anche a sindacati e organi di informazione e
dall’altro la richiesta di poter produrre acciaio da vendere sul
mercato, si tratta di una richiesta che potrà essere vagliata soltanto
dal giudice per le indagini preliminari giacché la Procura ha l’onere di
eseguire il sequestro mentre sulla facoltà d’uso può provvedere solo il
gip. Forse già stamattina il procuratore capo Franco Sebastio riunirà
il pool di magistrati che assieme a lui si occupano dell’inchiesta per
decidere quale parere esprimere sulla richiesta del gruppo Riva anche se
al momento sembra difficile ipotizzare un via libera, stante l’enorme
differenza esistente tra le prescrizioni dei consulenti del gip, le
disposizioni impartite all’azienda dai custodi giudiziari e le proposte
dell’Ilva. Una differenza valutabile in alcuni miliardi di euro, se è
vero che rifare le cokerie, come chiedono espliticitamente i custodi
giudiziari, costa un miliardo di euro, mentre l’Ilva mette sul piatto
«appena» 400 milioni di euro, comprensivi dei 146 già annunciati mesi fa
e necessari ad adempiere ad alcune prescrizioni riguardanti
l’autorizzazione integrata ambientale ottenuta il 4 agosto del 2011, e
in questi giorni peraltro sottoposta a revisione complessiva.
Nell’istanza
presentata alla Procura, i legali del gruppo Riva citano il tribunale
del riesame, che se è vero che aveva ritenuto lo spegnimento degli
impianti solo come l’estrema soluzione a cui ricorrere per far cessare
le emissioni inquinanti, aveva anche ordinato ai custodi di procedere
con la rimozione delle situazioni di pericolo e l’installazione di una
rete di monitoraggio in continuo di fumi e polveri, un ordine non
eseguibile avendo a disposizione una somma - 400 milioni - probabilmente
pari ad un decimo di quella necessaria.
Ieri, intanto, il
procuratore capo Franco Sebastio è stato a Roma per incontrare il
ministro per l’ambiente Corrado Clini ed essere ascoltato dalla
commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti. Con Clini, il procuratore
ha avuto un colloquio lungo e cordiale, nel quale l’esponente del
governo Monti, già direttore generale del ministero dell’ambiente per un
ventennio, ha potuto avere una idea finalmente completa sull’inchiesta
per disastro ambientale che vede indagati proprietari e dirigenti dello
stabilimento siderurgico più grande d’Europa. Clini non ha mai usato
toni teneri verso la Procura di Taranto (il ministro annunciò perfino
prima dell’azienda il ricorso al tribunale del riesame contro il
sequestro, ha sempre erroneamente ritenuto di parte la perizia alla base
del sequestro, fatta invece tramite incidente probatorio proprio a
garanzia dell’Ilva, e ancora l’altro ieri sosteneva che la popolazione
del rione Tamburi, situato a ridosso dei parchi minerari, si è
quadruplicata da quando il gruppo Riva ha acquistato il siderurgico, ed
invece è avvenuto l’esatto contrario) ma ieri su twitter ha commentato
positivamente l’incontro con Sebastio.
Il procuratore alla
commissione sulle ecomafie ha confermato che le indagini non sono ancora
chiuse e che il quadro delle imputazioni non è completo anche in
relazione a chi avrebbe dovuto vigilare e intervenire. «Siamo di fronte
alla contestazione di reati gravissimi in alcuni casi a carico di
soggetti recidivi» ha detto il presidente della commissione Gaetano
Pecorella rispetto all’inchiesta che ha determinato il sequestro di
alcune aree dello stabilimento, oltre che le misure cautelari che hanno
raggiunto anche i vertici dell’azienda. «E d’altra parte – prosegue il
presidente della Commissione d’inchiesta - non vanno trascurate le
responsabilità di quanti con azioni o omissioni hanno contribuito a
determinare una situazione così drammatica come quella che si deve
registrare a Taranto. L’impressione è che in tutti questi anni la
magistratura abbia dovuto svolgere un ruolo di supplenza. Una situazione
cui non si è voluto porre rimedio per tempo: ora ci troviamo di fronte
all’ennesima emergenza in cui, come avviene spesso in Italia, viene
riproposta l’alternativa inaccettabile tra la tutela della salute e la
tutela dell’occupazione». Su azioni e omissioni a favore del gruppo
Ilva, nei prossimi giorni sono attese clamorose novità. Mimmo Mazza - GdM
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