lunedì 17 settembre 2012

Anche il Corriere se ne accorge?

TARANTO - Ilva è grande due volte la città vecchia di Taranto. Ha un'attività incessante. Registriamo le immagini del servizio nel mese di agosto, proprio contestualmente al divieto di attività da parte della Procura di Taranto che pochi giorni prima ha sequestrato gli impianti inquinanti. Il procuratore Franco Sebastio infatti è stato costretto a chiarire: «Il sequestro degli impianti a caldo dell'Ilva impone l'eliminazione delle emissioni inquinanti e pericolose e inibisce qualunque attività produttiva degli impianti».

LO SLOPPING - Ma le ciminiere sono sempre lì a sputare fumi. Rosa, rossi, arancioni. Il colore è indefinito ma all'alba è ben visibile. Copre come una cappa tutta l'industria e le zone circostanti. Il fenomeno si chiama slopping (letteralmente: rovesciare, traboccare, fuoriuscire). Dal cielo cadono frammenti di minerali che ricoprono tutto sotto forma di una polvere sottilissima. Al sole brilla, sembra argento o oro rosa. E' metallo. Si deposita ovunque. Soprattutto nelle aree più vicine alle ciminiere: il cimitero, le scuole e un intero quartiere residenziale: Tamburi. Entra nei polmoni. Li distrugge.

L'INCREMENTO DI TUMORI - In questo quartiere attorno al quale è stata costruita l'Ilva, in ogni appartamento c'è almeno un malato di tumore. «E' solo la punta dell'iceberg» dice il dottor Patrizio Mazza, primario di Ematologia all'ospedale S. Annunziata di Taranto. I dati in suo possesso parlano di un incremento dei tumori di circa il 30% rispetto alla media nazionale. I più colpiti, secondo il professore, sono i bambini. «I bambini iniziano con malattie che coinvolgono il sistema respiratorio o il sistema immunitario ma sono solo il preludio per patologie maggiori che si scopriranno con il tempo». Non a caso la perizia tecnica ordinata dal tribunale parla di «emissioni che sono causa di malattia e morte».
Una situazione che va avanti dagli anni '60 ma che ha provocato scandalo solo negli ultimi tempi. Da quando, cioè, si fece analizzare un pezzo di formaggio prodotto nelle fattorie adiacenti e si scoprì che era zeppo di diossina. Alcune associazioni di ambientalisti hanno calcolato che il 92% della diossina prodotta in Italia proviene dall'Ilva. Secondo le tabelle dell'Ines (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) l'Ilva sfora tutti i limiti di emissioni nell'aria e nell'acqua.

I MOSTRI - Diossina e benzo(a)pirene (un letale idrocarburo policiclico aromatico) sono i due mostri contro i quali una parte della popolazione combatte. L'altra parte chiude gli occhi preferendo tutelare il posto di lavoro. «Se ci danno una casa più lontana e un lavoro più lontano andiamo via, altrimenti meglio morire qui che morire di fame altrove» dice il personale della scuola media De Carolis, proprio a ridosso di una delle ciminiere più tristemente note. E' quella che ricopre di "rosa" anche il cimitero.

IL CIMITERO ROSA - Le tombe un tempo erano di marmo bianco. Ora sono tutte colorate. Non per un effetto romantico ma per il minerale ferroso che con il vento si deposita sopra. Ma anche al cimitero di Brunone sono in pochi a volerne parlare. «Il posto di lavoro è sacro». Un operaio ci fa vedere i cumuli di polvere ferrosa che si raggranellano fuori le finestre degli uffici o sulle panchine. Quando c'è vento sono costretti a chiudere tutto o a girare con le mascherine. In fabbrica sono in tanti quelli che sanno di questo disastro. Compreso il sindacato che molti operai accusano di essere sovvenzionato dall'azienda. «E' quanto di più falso ci possa essere - controbatte Luigi D'Isabella della Cgil regionale -. L'Ilva elargisce 600 mila euro l'anno ma non sono soldi che arrivano a noi direttamente ma ad una fondazione, "Vivere solidali" (che però è gestita dagli stessi sindacati, ndr), che si occupa delle attività dopolavoristiche degli operai. Tra l'altro, proprio in seguito a tali polemiche, stiamo discutendo se sia il caso di investire diversamente questi soldi».

IL MOBBING - Eppure chi negli anni si è permesso di protestare è stato allontanato. O meglio, confinato. Come nel caso di Massimo Battista. Lavorava nei reparti Acciaieria 1 e 2. Poi quando iniziò a denunciare lo slopping hanno provato a licenziarlo. Tre volte. Non ci sono riusciti. Dal 2007 lo hanno "inviato" in una casupola sul mare di proprietà aziendale (che la gestisce tramite la suddetta fondazione) «a contare le barche che passano». Proviamo a chiedergli della famigerata palazzina Laf. E' uno stabile vuoto, senza nemmeno una sedia, in cui vennero rinchiusi per otto ore 60 operai che protestavano per le fuoriuscite inquinanti. Battista racconta che è solo uno dei casi venuti alla luce, uno di quelli in cui la magistratura ha messo le mani condannando 11 dirigenti per mobbing. «Ma nell'azienda si vede di peggio, c'è solo da togliere i paraocchi». (Finte prima parte)
Antonio Crispino - Corsera

Nessun commento: