Il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti ribadisce con forza
la contrarietà a qualsiasi iniziativa di blocco stradale o
manifestazione di protesta che possa essere strumentalizzata a favore
dell'azienda Ilva.
Di fronte alle notizie delle ultime ore, che hanno visto per l'ennesima
volta la magistratura bocciare un piano di presunto risanamento dello
stabilimento che in realtà non garantisce la salute né dei cittadini di
Taranto né dei lavoratori dell'Ilva, invitiamo i lavoratori a radunarsi
domani, dalle 6, in presidio-assemblea dinanzi alle portinerie A, D e
IMPRESE.
Il Comitato non aderisce allo sciopero indetto dai sindacati Uil e Cisl,
volto esclusivamente alla salvaguardia di uno stabilimento obsoleto e
inquinante per il cui risanamento non basteranno i 400 milioni promessi
da Ferrante, ma invita i lavoratori e i cittadini di Taranto a riunirsi e
a partecipare insieme alla costruzione di un nuovo futuro per questa
città, un modello di sviluppo ecocompatibile che non costringa più i
cittadini a dover scegliere tra diritto alla vita e diritto al lavoro.
Énecessario respingere i ricatti ed impedire che si speculi ancora sulla
salute e sulla disperazione di migliaia di lavoratori che temono di
perdere il lavoro.Non dobbiamo più accettare accordi al ribasso che
permettano la prosecuzione di un crimine e chi lo ha commesso deve farsi
carico della tutela del reddito e della salute dei lavoratori, pagando
tutto quello che c’è da pagare per i danni prodotti. In questo disastro,
i lavoratori dell’ILVA non possono più permettere di essere usati per
bloccare la città ed alimentare la solita strategia del ricatto
occupazionale, ma devono essere protagonisti del cambiamento, per la
difesa dei propri diritti.
Ai cittadini di Taranto chiediamo di unirsi alle nostre assemblee
dinanzi alle portinerie, per far sentire, tutti uniti, la nostra voce e
soprattutto per ribadire che d'ora in poi nessuna decisione verrà presa
sulla pelle di centinaia di migliaia di tarantini, cittadini e
lavoratori. D'ora in poi non permetteremo più scelte politiche non
condivise dalla popolazione, che non contribuiscono al bene comune.
Alle 10 il Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti si riunirà
nel piazzale antistante la portineria A per una conferenza stampa. Gli
operatori dell'informazione sono invitati.
Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
mercoledì 26 settembre 2012
Anno primo dell'era di Clini
La democrazia rappresentativa secondo Clini
Art. 1 Il Ministro non rispondono ai cittadini ma solo ai numeri.
Art. 1 Chi non sa leggere i numeri non può parlare con il Ministro
Art. 1 I numeri sbagliati sono quelli che non piacciono al Ministro
Art. 1 Chi usa numeri sbagliati è un cretino
Art. 1 Sono previste misure repressive per chi usa e diffonde numeri sbagliati
Art. 1 Il Ministro tutelano le fabbriche facendo in modo che producano, poi si pensa a dare i numeri giusti
Art. 1 Il Ministro hanno stabilito i numeri corretti per questi articoli
Interrogato oggi in parlamento il Ministro ha dato i numeri...
PISICCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
Art. 1 Il Ministro non rispondono ai cittadini ma solo ai numeri.
Art. 1 Chi non sa leggere i numeri non può parlare con il Ministro
Art. 1 I numeri sbagliati sono quelli che non piacciono al Ministro
Art. 1 Chi usa numeri sbagliati è un cretino
Art. 1 Sono previste misure repressive per chi usa e diffonde numeri sbagliati
Art. 1 Il Ministro tutelano le fabbriche facendo in modo che producano, poi si pensa a dare i numeri giusti
Art. 1 Il Ministro hanno stabilito i numeri corretti per questi articoli
Interrogato oggi in parlamento il Ministro ha dato i numeri...
TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNOdella seduta n. 692 di Mercoledì 26 settembre 2012 INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
PISICCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la drammatica vicenda che ha coinvolto la città di Taranto, mettendo la
popolazione di fronte all'inaccettabile alternativa, la disoccupazione o
l'inquinamento venefico, è ben presente all'attenzione del Governo e
della pubblica opinione;
in qualche modo l'Ilva rappresenta una
sineddoche, un emblema della condizione del lavoro dipendente oggi nel
nostro Paese, strangolato dallo spettro dei licenziamenti;
ma la
sineddoche dell'Ilva coinvolge anche altri settori delle istituzioni: la
magistratura, per esempio, che si è trovata a svolgere un ruolo
«oggettivamente» surrogatorio rispetto alla politica e che continua ad
effettuare interventi, che, pur nel perimetro della giurisdizione,
mettono in allarme le maestranze a seguito della bocciatura da parte dei
custodi giudiziari e del procuratore capo del piano di primi interventi
da 400 milioni di euro –:
quali urgenti iniziative il Ministro intenda adottare per rassicurare i lavoratori e la popolazione di Taranto.
Più bocciata del Trota! Bonanni e Angeletti ringhiano per Riva!
Ilva, gip boccia piano risanamento. "Non si mercanteggia sulla salute"
Il piano dell'Ilva di Taranto "e' inadeguato", "non c'e' spazio per proposte al ribasso" e i beni in gioco, come la salute, l'ambiente, lo stesso diritto al lavoro, "non ammettono mercanteggiamenti". Il no del gip Patrizia Todisco all'Ilva e' arrivato, e' nero su bianco, depositato in cancelleria. Il gip si allinea al no gia' espresso qualche giorno fa dalla Procura. E' un doppio no quello del magistrato: all'istanza con cui l'Ilva aveva chiesto la possibilita' di continuare a produrre, sia pure ad un passo di marcia ridotto, e al piano aziendale da 400 milioni di euro relativo agli investimenti per mettere a norma lo stabilimento e abbattere le emissioni inquinanti. Primi investimenti, ha detto sempre Ferrante, in attesa di avere il quadro della nuova Autorizzazione integrata ambientale e quindi programmare altri investimenti e ulteriori spese. Gia' la Procura giorni fa aveva ritenuto inadeguato il piano dell'ilva, rilevando che alcuni degli interventi proposti risalivano addirittura agli atti d'intesa firmati dall'azienda con la Regione Puglia negli anni 2007-2008. Interventi rimasti sulla carta, inattuati. Questo, secondo i magistrati, e' uno degli aspetti che rende poco credibile il piano dell'Ilva, mentre Bruno Ferrante, presidente dell'Ilva, ancora ieri l'aveva definito "serio, concreto e responsabile". Il gip, quindi, sottolineano ora i sindacati, non ha fatto altro che confermare la contrarieta' espressa dalla Procura ma anche dai custodi, cui sono affidate le aree sequestrate del siderurgico, i quali per conto della stessa Procura hanno compiuto una valutazione tecnica del piano. E ora, messo nell'angolo il piano Ilva da 400 milioni, resta in piedi quello dei custodi. Un piano dal segno diverso, pero', visto che prevede lo spegnimento degli impianti e il loro rifacimento. I custodi l'hanno consegnato all'Ilva diversi giorni fa e poi hanno anche inviato una sollecitazione affinche' l'azienda procede. (AGI)
Il Gip di Taranto boccia il piano di risanamento presentato dall'Ilva. L'impianto va quindi verso la chiusura. Il presidente dell'Ilva Bruno Ferrante incontrando i sindacati ha annunciato il ricorso "in tutte le sedi previste dall'ordinamento contro l'atto del gip" ed ha manifestato "dispiacere" sia "per il contenuto" dell'atto stesso nonche' per "i termini usati. Quel piano era solo l'inizio di un percorso, un primo approccio e serviva a fare delle cose nell'immediatezza - ha aggiunto - l'azienda ha una previsione piu' ampia e questa sara' contenuta nell'Aia, dove faremo quello che e' necessario fare e quello che ci viene prescritto da fare". Ferrante ha poi precisato che l'Ilva non "deroghera' dalla certezza del quadro in cui muoversi" citando quanto avvenuto per le centraline, dove la Regione ne ha chieste 4, l'Arpa 6 e i custodi 11, e per il barrieramento tra siderurgico e rione Tamburi, intervento previsto nell'Aia di agosto 2011, ma bloccato nelle scorse settimane dai custodi. GIP, RIPRESA PRODUZIONE SUBORDINATA A RIPRISTINO LEGALITA' La ripresa dell'attivita' produttiva nell'Ilva di Taranto e' "subordinata all'effettivo ripristino della legalita' violata e al ristabilimento delle condizioni di assoluta sicurezza per la salute della popolazione locale, dei lavoratori e dell'ambiente, obiettivi ineludibili e improcrastinabili come ribadito dal Tribunale del Riesame". Lo scrive il gip Patrizia Todisco nel provvedimento sull'Ilva. "Gli interventi da svolgere e le somme da stanziare, quale quella in esame" dice ancora il gip riferendosi ai 400 milioni proposti dall'azienda sono "assolutamente e manifestamente inadeguate e insufficienti rispetto a quanto presentato dai custodi amministratori".
Secondo il gip "occorre prima adottare le misure idonee a bloccare da subito le emissioni inquinanti successivamente quelle in grado di rendere l'impianto sicuro dal punto di vista ambientale. Se i due termini non coincidono, com'e' ovvio, non e' possibile aspettare i tre, quattro anni previsti dall'Ilva per realizzare le misure indicate (peraltro assolutamente insufficienti) ed in attesa subire le sue dannose emissioni.
Occorre invece adottare un piano drastico che da subito impedisca l'attivita' inquinante proprio come previsto dalle ultime indicazioni dei custodi".
BONANNI, SE CHIUDE TARANTO SPROFONDA IN VORAGINE SPAVENTOSA "Se chiude Taranto sprofondera' in una voragine spaventosa".
Cosi' il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha commentato la decisione del gip di bocciare il piano di risanamento dell'azienda. "Siamo dispiaciuti e addolorati - ha aggiunto - serve responsabilita', nessuno puo' pensare che l'attivita' venga chiusa. Non esiste attenzione all'ambiente con una situazione di degrado economico".
ANGELETTI, RISCHIO CHIUSURA QUASI CERTEZZA "Il rischio e' quasi una certezza. E' una catastrofe". Cosi' il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti ha commentato la bocciatura da parte del gip di Taranto del piano di risanamento dell'Ilva.
FIM E UILM, PROCLAMATI DUE GIORNI DI SCIOPERO Due giorni di sciopero all'Ilva di Taranto. Si terranno domani e venerdi': il primo turno dalle 9 sino a fine turno, per otto ore invece il secondo e terzo turno. Analoga protesta anche venerdi'. Lo sciopero e' stato indetto da Fim Cisl e Uilm. I sindacati intendono cosi' protestare contro il rischio che la fabbrica si fermi, rischio adesso piu' concreto dopo che anche il gip, analogamente al parere della Procura, ha detto no all'istanza dell'azienda che aveva chiesto una minima capacita' di produzione a fronte di un piano di investimenti da 400 milioni di euro per il risanamento degli impianti. "Arrestare la produzione vuol dire spegnere le speranze ed il futuro dei lavoratori" e' il parere di Fim e Uilm che hanno proclamato due giornate di sciopero all'Ilva di Taranto ritenendo che "risanare l'Ilva senza fermare la produzione non e' impossibile". Secondo le due organizzazioni sindacali dei metalmeccanici Cisl e Uil, che hanno annunciato un'agitazione permanente, "occorre trovare una convergenza tra le istanze del rispetto ambientale, il diritto dei cittadini alla salute e attivita' produttiva. Auspichiamo che si faccia il possibile per salvaguardare i livelli occupazionali per evitare che il Mezzogiorno, che si trova a vivere una fase gia' molto critica, venga travolto da un vero e proprio disastro occupazionale. Non vogliamo creare alcuna frattura fra la produzione e la tutela dell'ambiente, intesa anche come salute per gli uomini". "Anche se alcuni pensano erroneamente che la nostra controparte sia la magistratura - proseguono Fim e Uilm jonici - non abbiamo mai contrastato ne' messo in discussione le prerogative della magistratura e abbiamo sempre considerato un valore la sua autonomia d'intervento, la cui portata tuttavia, debba tener conto dei riflessi sociali che puo' determinare. Riteniamo infine - concludono i due sindacati - che si debba arrivare al piu' presto al rilascio dell'aggiornamento dell'AIA". (AGI).
Il piano dell'Ilva di Taranto "e' inadeguato", "non c'e' spazio per proposte al ribasso" e i beni in gioco, come la salute, l'ambiente, lo stesso diritto al lavoro, "non ammettono mercanteggiamenti". Il no del gip Patrizia Todisco all'Ilva e' arrivato, e' nero su bianco, depositato in cancelleria. Il gip si allinea al no gia' espresso qualche giorno fa dalla Procura. E' un doppio no quello del magistrato: all'istanza con cui l'Ilva aveva chiesto la possibilita' di continuare a produrre, sia pure ad un passo di marcia ridotto, e al piano aziendale da 400 milioni di euro relativo agli investimenti per mettere a norma lo stabilimento e abbattere le emissioni inquinanti. Primi investimenti, ha detto sempre Ferrante, in attesa di avere il quadro della nuova Autorizzazione integrata ambientale e quindi programmare altri investimenti e ulteriori spese. Gia' la Procura giorni fa aveva ritenuto inadeguato il piano dell'ilva, rilevando che alcuni degli interventi proposti risalivano addirittura agli atti d'intesa firmati dall'azienda con la Regione Puglia negli anni 2007-2008. Interventi rimasti sulla carta, inattuati. Questo, secondo i magistrati, e' uno degli aspetti che rende poco credibile il piano dell'Ilva, mentre Bruno Ferrante, presidente dell'Ilva, ancora ieri l'aveva definito "serio, concreto e responsabile". Il gip, quindi, sottolineano ora i sindacati, non ha fatto altro che confermare la contrarieta' espressa dalla Procura ma anche dai custodi, cui sono affidate le aree sequestrate del siderurgico, i quali per conto della stessa Procura hanno compiuto una valutazione tecnica del piano. E ora, messo nell'angolo il piano Ilva da 400 milioni, resta in piedi quello dei custodi. Un piano dal segno diverso, pero', visto che prevede lo spegnimento degli impianti e il loro rifacimento. I custodi l'hanno consegnato all'Ilva diversi giorni fa e poi hanno anche inviato una sollecitazione affinche' l'azienda procede. (AGI)
Il Gip di Taranto boccia il piano di risanamento presentato dall'Ilva. L'impianto va quindi verso la chiusura. Il presidente dell'Ilva Bruno Ferrante incontrando i sindacati ha annunciato il ricorso "in tutte le sedi previste dall'ordinamento contro l'atto del gip" ed ha manifestato "dispiacere" sia "per il contenuto" dell'atto stesso nonche' per "i termini usati. Quel piano era solo l'inizio di un percorso, un primo approccio e serviva a fare delle cose nell'immediatezza - ha aggiunto - l'azienda ha una previsione piu' ampia e questa sara' contenuta nell'Aia, dove faremo quello che e' necessario fare e quello che ci viene prescritto da fare". Ferrante ha poi precisato che l'Ilva non "deroghera' dalla certezza del quadro in cui muoversi" citando quanto avvenuto per le centraline, dove la Regione ne ha chieste 4, l'Arpa 6 e i custodi 11, e per il barrieramento tra siderurgico e rione Tamburi, intervento previsto nell'Aia di agosto 2011, ma bloccato nelle scorse settimane dai custodi. GIP, RIPRESA PRODUZIONE SUBORDINATA A RIPRISTINO LEGALITA' La ripresa dell'attivita' produttiva nell'Ilva di Taranto e' "subordinata all'effettivo ripristino della legalita' violata e al ristabilimento delle condizioni di assoluta sicurezza per la salute della popolazione locale, dei lavoratori e dell'ambiente, obiettivi ineludibili e improcrastinabili come ribadito dal Tribunale del Riesame". Lo scrive il gip Patrizia Todisco nel provvedimento sull'Ilva. "Gli interventi da svolgere e le somme da stanziare, quale quella in esame" dice ancora il gip riferendosi ai 400 milioni proposti dall'azienda sono "assolutamente e manifestamente inadeguate e insufficienti rispetto a quanto presentato dai custodi amministratori".
Secondo il gip "occorre prima adottare le misure idonee a bloccare da subito le emissioni inquinanti successivamente quelle in grado di rendere l'impianto sicuro dal punto di vista ambientale. Se i due termini non coincidono, com'e' ovvio, non e' possibile aspettare i tre, quattro anni previsti dall'Ilva per realizzare le misure indicate (peraltro assolutamente insufficienti) ed in attesa subire le sue dannose emissioni.
Occorre invece adottare un piano drastico che da subito impedisca l'attivita' inquinante proprio come previsto dalle ultime indicazioni dei custodi".
BONANNI, SE CHIUDE TARANTO SPROFONDA IN VORAGINE SPAVENTOSA "Se chiude Taranto sprofondera' in una voragine spaventosa".
Cosi' il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha commentato la decisione del gip di bocciare il piano di risanamento dell'azienda. "Siamo dispiaciuti e addolorati - ha aggiunto - serve responsabilita', nessuno puo' pensare che l'attivita' venga chiusa. Non esiste attenzione all'ambiente con una situazione di degrado economico".
ANGELETTI, RISCHIO CHIUSURA QUASI CERTEZZA "Il rischio e' quasi una certezza. E' una catastrofe". Cosi' il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti ha commentato la bocciatura da parte del gip di Taranto del piano di risanamento dell'Ilva.
FIM E UILM, PROCLAMATI DUE GIORNI DI SCIOPERO Due giorni di sciopero all'Ilva di Taranto. Si terranno domani e venerdi': il primo turno dalle 9 sino a fine turno, per otto ore invece il secondo e terzo turno. Analoga protesta anche venerdi'. Lo sciopero e' stato indetto da Fim Cisl e Uilm. I sindacati intendono cosi' protestare contro il rischio che la fabbrica si fermi, rischio adesso piu' concreto dopo che anche il gip, analogamente al parere della Procura, ha detto no all'istanza dell'azienda che aveva chiesto una minima capacita' di produzione a fronte di un piano di investimenti da 400 milioni di euro per il risanamento degli impianti. "Arrestare la produzione vuol dire spegnere le speranze ed il futuro dei lavoratori" e' il parere di Fim e Uilm che hanno proclamato due giornate di sciopero all'Ilva di Taranto ritenendo che "risanare l'Ilva senza fermare la produzione non e' impossibile". Secondo le due organizzazioni sindacali dei metalmeccanici Cisl e Uil, che hanno annunciato un'agitazione permanente, "occorre trovare una convergenza tra le istanze del rispetto ambientale, il diritto dei cittadini alla salute e attivita' produttiva. Auspichiamo che si faccia il possibile per salvaguardare i livelli occupazionali per evitare che il Mezzogiorno, che si trova a vivere una fase gia' molto critica, venga travolto da un vero e proprio disastro occupazionale. Non vogliamo creare alcuna frattura fra la produzione e la tutela dell'ambiente, intesa anche come salute per gli uomini". "Anche se alcuni pensano erroneamente che la nostra controparte sia la magistratura - proseguono Fim e Uilm jonici - non abbiamo mai contrastato ne' messo in discussione le prerogative della magistratura e abbiamo sempre considerato un valore la sua autonomia d'intervento, la cui portata tuttavia, debba tener conto dei riflessi sociali che puo' determinare. Riteniamo infine - concludono i due sindacati - che si debba arrivare al piu' presto al rilascio dell'aggiornamento dell'AIA". (AGI).
martedì 25 settembre 2012
Un ultimo saluto a Francesco Sorrentino
Aveva condiviso col Comitato contro il rigassificatore prima e col Comitato per Taranto poi diverse battaglie: quella vinta, appunto, contro la realizzazione del rigassificatore a Taranto - ed ancora un'altra, sempre vinta, l'archiviazione da parte della magistratura tarantina della querela che il più grande industriale italiano dell'acciaio, Emilio Riva, aveva indirizzato a Sorrentino, Marescotti e Farella per " procurato allarme" nella diffusione del noto e rovente "dossier sul mercurio".
Battaglie vinte, quelle per la difesa dell'ambiente e della salute, ma non quella ultima che lo ha visto lottare contro il suo, destino amaro.
Francesco Sorrentino, segretario generale provinciale UIL Taranto,è scomparso infatti ieri mattina mentre era ricoverato al Policlinico di Bari.
Noi lo vogliamo ricordare così, per le battaglie vinte, quelle contro i potentati industriali. Un ultimo saluto ed un ultimo grazie a Francesco Sorrentino.
Açailândia e Taranto mai così vicine
Açailândia è "un comune di 90.674 abitanti (2007) dello stato del Maranhão in Brasile." Questo si legge su Wikipedia. Ma grazie alla voce di Padre Dario Bossi, missionario comboniano, che ha scelto proprio là di vivere, scopriamo che questa città è molto simile e per "alcuni aspetti" molto vicina a Taranto.
Ad unire queste due città, il minerale di ferro, ma non solo. Una rilevante parte di minerale che spesso ci ritroviamo sui balconi delle nostre case, come nei nostri polmoni, arriva infatti dalle miniere della Regione del Maranhao per essere "lavorata" all'interno dello stabilimento Ilva di Taranto.
L'estrazione del minerale è gestita dalla multinazionale del ferro, la Companhia Vale do Rio Doce – dal 2007 chiamata Vale: il 16esimo gruppo multinazionale al mondo per profitti e il 205esimo per giro di affari. E’ il maggior produttore ed il maggior esportatore al mondo di minerali di ferro.
La storia della Vale è molto simile a quella dell'Ilva: come l'Ilva, la multinazionale del ferro viene privatizzata a partire dal 1997 – con la motivazione di favorire il decollo industriale del paese.
E come l'Ilva, la Vale ha provato in tanti modi a promuovere la sua immagine di multinazionale "Eco"-"Verde"- "Green"- spacciandosi per una grande impresa che opera secondo una "Corporate Social Responsibility"- ma l'obiettivo del green washing non è riuscito a coprire il disastro ambientale e non solo, perpetrato per tanti anni ai danni delle comunità del Maranhao.
Padre Dario Bossi, ne è testimone. Collabora all'interno della rete Justiça nos Trilhos (www.justicanostrilhos.org), un coordinamento di movimenti e associazioni a livello brasiliano e internazionale per promuovere la giustizia ambientale nei luoghi dove opera la compagnia Vale.
Questo grande movimento ambientalista ha però impresso un significativo segno alla storia dell'industria mineraria in questo territorio: il giudice federale brasiliano Felipe Rodrigues Maciera ha sentito le ragioni di “Justicia nos Trilhos” (Sui binari della giustizia ) accogliendone il ricorso presentato contro il raddoppio ferroviario per il trasporto del ferro da Carajas al porto di Sao Luis capitale dello Stato del Maranhao.
Un significativo segno. Come quello impresso qui a Taranto dalla giudice Patrizia Todisco.
Due giudici, due comunità sfruttate che vogliono rialzarsi, due città, due storie che parlano di oppressi e oppressori.
Domani se ne parlerà al quartiere Tamburi di Taranto alle ore 17.00. Precisamente alla scuola De Carolis, relazioneranno Federico Veronesi e l'avvocato Danilo Chammas della rete Justiça nos Trilhos. All'iniziativa è abbinata una mostra.
Ad unire queste due città, il minerale di ferro, ma non solo. Una rilevante parte di minerale che spesso ci ritroviamo sui balconi delle nostre case, come nei nostri polmoni, arriva infatti dalle miniere della Regione del Maranhao per essere "lavorata" all'interno dello stabilimento Ilva di Taranto.
L'estrazione del minerale è gestita dalla multinazionale del ferro, la Companhia Vale do Rio Doce – dal 2007 chiamata Vale: il 16esimo gruppo multinazionale al mondo per profitti e il 205esimo per giro di affari. E’ il maggior produttore ed il maggior esportatore al mondo di minerali di ferro.
La storia della Vale è molto simile a quella dell'Ilva: come l'Ilva, la multinazionale del ferro viene privatizzata a partire dal 1997 – con la motivazione di favorire il decollo industriale del paese.
E come l'Ilva, la Vale ha provato in tanti modi a promuovere la sua immagine di multinazionale "Eco"-"Verde"- "Green"- spacciandosi per una grande impresa che opera secondo una "Corporate Social Responsibility"- ma l'obiettivo del green washing non è riuscito a coprire il disastro ambientale e non solo, perpetrato per tanti anni ai danni delle comunità del Maranhao.
Padre Dario Bossi, ne è testimone. Collabora all'interno della rete Justiça nos Trilhos (www.justicanostrilhos.org), un coordinamento di movimenti e associazioni a livello brasiliano e internazionale per promuovere la giustizia ambientale nei luoghi dove opera la compagnia Vale.
Questo grande movimento ambientalista ha però impresso un significativo segno alla storia dell'industria mineraria in questo territorio: il giudice federale brasiliano Felipe Rodrigues Maciera ha sentito le ragioni di “Justicia nos Trilhos” (Sui binari della giustizia ) accogliendone il ricorso presentato contro il raddoppio ferroviario per il trasporto del ferro da Carajas al porto di Sao Luis capitale dello Stato del Maranhao.
Un significativo segno. Come quello impresso qui a Taranto dalla giudice Patrizia Todisco.
Due giudici, due comunità sfruttate che vogliono rialzarsi, due città, due storie che parlano di oppressi e oppressori.
Domani se ne parlerà al quartiere Tamburi di Taranto alle ore 17.00. Precisamente alla scuola De Carolis, relazioneranno Federico Veronesi e l'avvocato Danilo Chammas della rete Justiça nos Trilhos. All'iniziativa è abbinata una mostra.
Tra realtà e grida
Ecco due contributi che aiutano a capire come si sta combattendo la guerra dell'Ilva.
Da un lato persino la Regione Puglia, che ha più volte morbidamente chiuso più di un occhio per assicurare la continuità produttiva e lavorativa del siderurgico privato, si lamenta della mancanza, ancora oggi di un impegno concreto a migliorare l'impatto ambientale (come sostengono anche i custodi che hanno bocciato la farsa dei 400 milioni di euro di opere inutili o insufficienti).
Dall'altro i capi, i colletti bianchi e i sindacalisti "amici" del padrone che mandano 200 persone (su un totale di 11.000 lavoratori: stiamo parlando dell'1,8%!!!) a fare casino mediatico ai cancelli (col favore della stampa) attaccando apertamente la procura e difendendo progetti che neanche conoscono.
Si tratta di una guerra di propaganda. Bisogna gridare più forte di chi onestamente sta lavorando per tutta la collettività in modo che Riva spenda il meno possibile e continui a fare ... quello che qui ha fatto per decenni!
Devo dire che molte aziende hanno risposto in termini collaborativi presentando relazioni tecniche dettagliate e compatibili con le finalità del piano”. Così l'Assessore Regionale alla Qualità dell'Ambiente Lorenzo Nicastro al termine della riunione del tavolo tecnico di stamane, formato dai tecnici dell'assessorato, di Arpa Puglia, di Asl territoriali ed enti locali interessati.
“Dobbiamo tuttavia rilevare – prosegue Nicastro – le carenza della documentazione presentata da Ilva che ha inteso procastinare ulteriormente persino interventi relativamente semplici come la riduzione dei cumuli dei parchi minerali oltre che, ovviamente, guardarsi bene dal definire un pur necessario cronoprogramma per la copertura dei parchi minerali. Dal punto di vista dei provvedimenti amministrativi le valutazioni tecniche effettuate dal tavolo quest'oggi verranno trasmesse immediatamente al Ministero anche in previsione della convocazione della commissione AIA di domani. E' ovvio che diventa complicato parlare di ambientalizzazione e di tutela dei livelli occupazionali senza segnali concreti, senza formali assunzioni di impegni rispetto a precise prescrizioni sulla riduzione delle emissioni convogliate, sulla riduzione dei cumuli, sulla copertura dei parchi, sul contenimento degli inquinanti provenienti dalle *bleep*erie”.
“Mentre gli altri attori, le altre aziende presenti nell'area, gli enti locali e l'Autorità portuale si mostrano sensibili al problema e propongono soluzioni, in un proficuo contraddittorio tecnico mirante a contenere la pressione ambientale e limitare gli sforamenti, da Ilva, purtroppo, abbiamo ricevuto differimenti negli impegni al 2014 nella migliore delle ipotesi quando non laconici 'non si può fare'. La valutazione effettuata dal tavolo tecnico e comunicatami in mattinata - conclude Nicastro – mi spinge a chiedere all'azienda atti concreti.
L'ambientalizzazione si deve fare con investimenti e tempi certi non con proclami o buone intenzioni. La sensazione che abbiamo è che pur con un cambio di stile che va riconosciuto nella sostanza l'atteggiamento dell'azienda sia tutto sommato lo stesso di prima!” (PressRegione)
Ilva, rabbia degli operai «Sentenza già scritta»
«Ma cosa vuole che faccia la dottoressa Todisco? E poi proprio lei? Non potrà che decretare la chiusura dello stabilimento. Perché la verità è che la sentenza l’hanno già scritta i custodi giudiziari e i magistrati della Procura. Aver rigettato il piano del presidente Ferrante, un piano che prevedeva l’investimento di ben 400 milioni di euro, mica bazzecole, non porta che alla chiusura. Ma che ce lo dicano che voglio chiudere. Almeno sarà tutto più chiaro. Non ne possiamo più di questi continui tira e molla».
Alle 11, davanti ai tornelli della palazzina in cui sono dislocati gli uffici della direzione dell’Ilva, una cinquantina di lavoratori si interroga su quel che potrà accadere nelle prossime ore, quando il gip del Tribunale di Taranto, la dottoressa Patrizia Todisco, appunto, dovrà pronunciarsi e dire una parola, forse definitiva, sulla possibilità di continuare a tenere in attività gli impianti e sulla praticabilità del piano di risanamento presentato dal presidente dell’Ilva, l’ex prefetto di Milano, Bruno Ferrante.
In prima linea, con le tute perfettamente in ordine, ci sono soprattutto i capi reparto e i tecnici, l’avanguardia di coloro (circa ottomila) che già a marzo scesero in piazza per schierarsi apertamente con l’azienda e contro i magistrati della Procura che si erano messi in testa di ambientalizzare la fabbrica, arrivando persino a chiedere e ad ottenere l’arresto di ben otto alti dirigenti (a cominciare dal patron Emilio Riva) ed il sequestro di tutta la cosiddetta area a caldo, quella dove si svolge gran parte della produzione di acciaio.
A parlare, in questo lunedì di fine settembre, è il più anziano di tutti, un capo, rigorosamente anonimo, che dice di avere 65 anni e di aver cominciato a lavorare nel siderurgico ionico più di quarant’anni fa, nel 1970.
Il suo è un ragionamento che parte da lontano, dal 1970 appunto, è che prova a ripercorrere tutte le tappe di questo immenso mastodonte. Dice: «Ancora sino al 2000, cioè cinque anni dopo l’arrivo di Emilio Riva, qui abbiamo fatto di tutto per distruggere ogni cosa. Altro che ambiente. Qui la parola ambiente non la pronunciava nessuno. La verità è che tutto questo ci stava bene. Tutti prendevamo soldi, io per primo. Poi è arrivato Riva. Ed è stato con lui che abbiamo cominciato a parlare di ambiente. Non siamo mica stupidi, sa. Nessuno qui dice che siamo perfetti. Ma è assurdo che, proprio ora che ci stavamo attrezzando per avviare un lungo percorso, salti tutto per aria. Me lo dice lei perché i custodi giudiziari hanno bocciato il piano Ferrante? Me lo dice perché hanno bloccato la costruzione della barriera nell’area dei parchi minerari? Ci hanno detto che non basta, che i parchi vanno coperti. Va bene. La barriera sarà pure insufficiente. Ma, nell’immediato, è meglio di niente. È come dire che l’ombrello non basta a ripararsi dalla pioggia battente».
Parole, quelle di questo anonimo capo anziano dell’Ilva, che provano a minare alla radice la credibilità dei custodi e dei magistrati. Come quelle di chi rincara la dose, definendo «assurda» la decisione di «spegnere», da subito, due altoforni.
Da qui, da questa postazione in cui si parla in forma anonima e senza contraddittorio, da qui, da dove i morti avvelenati del rione Tamburi quasi non esistono, il ritornello è sempre lo stesso. E nel mirino, in un modo o nell’altro, restano loro, i magistrati, colpevoli di voler lasciare «senza lavoro» e «senza futuro» quasi ventimila lavoratori.
Ma il caso Ilva è assai più complesso. E un’ennesima riprova di quel che potrà accadere nei prossimi giorni la si è avuta proprio ieri. Sì, mentre il sindacato è tornato a dividersi, con la Fiom da una parte e Fim e Uilm dall’altra (queste ultime hanno annunciato che «a fronte di un drastico parere della magistratura, tale da compromettere la fermata degli impianti», ricorreranno di nuovo alla «mobilitazione»), l’Ilva ha, di fatto, cominciato a liberarsi del cosiddetto indotto. I primi a farne le spese potrebbero essere i 490 operai di due aziende edili (la Semat e la Edilsider), che da ieri sono in sciopero, proclamato da Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil «a seguito della comunicazione di avvio di un piano di ferie finalizzato alla procedura della cassa integrazione».
La sensazione, fortissima, è che sia solo l’inizio di un percorso che potrebbe dar vita nelle prossime settimane ad una vera e propria guerra tra poveri. Con da una parte gli oltre 11mila dipendenti diretti dell’Ilva e dall’altra le svariate migliaia di lavoratori che in un modo o nell’altro ruotano intorno al siderurgico. Stefano Boccardi - GdM
Da un lato persino la Regione Puglia, che ha più volte morbidamente chiuso più di un occhio per assicurare la continuità produttiva e lavorativa del siderurgico privato, si lamenta della mancanza, ancora oggi di un impegno concreto a migliorare l'impatto ambientale (come sostengono anche i custodi che hanno bocciato la farsa dei 400 milioni di euro di opere inutili o insufficienti).
Dall'altro i capi, i colletti bianchi e i sindacalisti "amici" del padrone che mandano 200 persone (su un totale di 11.000 lavoratori: stiamo parlando dell'1,8%!!!) a fare casino mediatico ai cancelli (col favore della stampa) attaccando apertamente la procura e difendendo progetti che neanche conoscono.
Si tratta di una guerra di propaganda. Bisogna gridare più forte di chi onestamente sta lavorando per tutta la collettività in modo che Riva spenda il meno possibile e continui a fare ... quello che qui ha fatto per decenni!
Risanamento aria, Nicastro: "Ilva continua a posticipare impegni"
“Il tavolo tecnico che, a valle dell'adozione del Piano contenente
le prime misure per il risanamento della qualità dell'aria del quartiere
Tamburi di Taranto per gli inquinanti Bap e Pm10, ha effettuato nella
mattinata di oggi la valutazione di merito sui piani attuativi
presentati dalle aziende operanti nell'area in forza di una
Autorizzazione Integrata Ambientale. I piani dovevano essere la risposta
propositiva delle aziende rispetto alla necessità di ricondurre le
emissioni entro i limiti come da provvedimento adottato dalla Giunta
Regionale nello scorso mese di luglio.Devo dire che molte aziende hanno risposto in termini collaborativi presentando relazioni tecniche dettagliate e compatibili con le finalità del piano”. Così l'Assessore Regionale alla Qualità dell'Ambiente Lorenzo Nicastro al termine della riunione del tavolo tecnico di stamane, formato dai tecnici dell'assessorato, di Arpa Puglia, di Asl territoriali ed enti locali interessati.
“Dobbiamo tuttavia rilevare – prosegue Nicastro – le carenza della documentazione presentata da Ilva che ha inteso procastinare ulteriormente persino interventi relativamente semplici come la riduzione dei cumuli dei parchi minerali oltre che, ovviamente, guardarsi bene dal definire un pur necessario cronoprogramma per la copertura dei parchi minerali. Dal punto di vista dei provvedimenti amministrativi le valutazioni tecniche effettuate dal tavolo quest'oggi verranno trasmesse immediatamente al Ministero anche in previsione della convocazione della commissione AIA di domani. E' ovvio che diventa complicato parlare di ambientalizzazione e di tutela dei livelli occupazionali senza segnali concreti, senza formali assunzioni di impegni rispetto a precise prescrizioni sulla riduzione delle emissioni convogliate, sulla riduzione dei cumuli, sulla copertura dei parchi, sul contenimento degli inquinanti provenienti dalle *bleep*erie”.
“Mentre gli altri attori, le altre aziende presenti nell'area, gli enti locali e l'Autorità portuale si mostrano sensibili al problema e propongono soluzioni, in un proficuo contraddittorio tecnico mirante a contenere la pressione ambientale e limitare gli sforamenti, da Ilva, purtroppo, abbiamo ricevuto differimenti negli impegni al 2014 nella migliore delle ipotesi quando non laconici 'non si può fare'. La valutazione effettuata dal tavolo tecnico e comunicatami in mattinata - conclude Nicastro – mi spinge a chiedere all'azienda atti concreti.
L'ambientalizzazione si deve fare con investimenti e tempi certi non con proclami o buone intenzioni. La sensazione che abbiamo è che pur con un cambio di stile che va riconosciuto nella sostanza l'atteggiamento dell'azienda sia tutto sommato lo stesso di prima!” (PressRegione)
Ilva, rabbia degli operai «Sentenza già scritta»
«Ma cosa vuole che faccia la dottoressa Todisco? E poi proprio lei? Non potrà che decretare la chiusura dello stabilimento. Perché la verità è che la sentenza l’hanno già scritta i custodi giudiziari e i magistrati della Procura. Aver rigettato il piano del presidente Ferrante, un piano che prevedeva l’investimento di ben 400 milioni di euro, mica bazzecole, non porta che alla chiusura. Ma che ce lo dicano che voglio chiudere. Almeno sarà tutto più chiaro. Non ne possiamo più di questi continui tira e molla».
Alle 11, davanti ai tornelli della palazzina in cui sono dislocati gli uffici della direzione dell’Ilva, una cinquantina di lavoratori si interroga su quel che potrà accadere nelle prossime ore, quando il gip del Tribunale di Taranto, la dottoressa Patrizia Todisco, appunto, dovrà pronunciarsi e dire una parola, forse definitiva, sulla possibilità di continuare a tenere in attività gli impianti e sulla praticabilità del piano di risanamento presentato dal presidente dell’Ilva, l’ex prefetto di Milano, Bruno Ferrante.
In prima linea, con le tute perfettamente in ordine, ci sono soprattutto i capi reparto e i tecnici, l’avanguardia di coloro (circa ottomila) che già a marzo scesero in piazza per schierarsi apertamente con l’azienda e contro i magistrati della Procura che si erano messi in testa di ambientalizzare la fabbrica, arrivando persino a chiedere e ad ottenere l’arresto di ben otto alti dirigenti (a cominciare dal patron Emilio Riva) ed il sequestro di tutta la cosiddetta area a caldo, quella dove si svolge gran parte della produzione di acciaio.
A parlare, in questo lunedì di fine settembre, è il più anziano di tutti, un capo, rigorosamente anonimo, che dice di avere 65 anni e di aver cominciato a lavorare nel siderurgico ionico più di quarant’anni fa, nel 1970.
Il suo è un ragionamento che parte da lontano, dal 1970 appunto, è che prova a ripercorrere tutte le tappe di questo immenso mastodonte. Dice: «Ancora sino al 2000, cioè cinque anni dopo l’arrivo di Emilio Riva, qui abbiamo fatto di tutto per distruggere ogni cosa. Altro che ambiente. Qui la parola ambiente non la pronunciava nessuno. La verità è che tutto questo ci stava bene. Tutti prendevamo soldi, io per primo. Poi è arrivato Riva. Ed è stato con lui che abbiamo cominciato a parlare di ambiente. Non siamo mica stupidi, sa. Nessuno qui dice che siamo perfetti. Ma è assurdo che, proprio ora che ci stavamo attrezzando per avviare un lungo percorso, salti tutto per aria. Me lo dice lei perché i custodi giudiziari hanno bocciato il piano Ferrante? Me lo dice perché hanno bloccato la costruzione della barriera nell’area dei parchi minerari? Ci hanno detto che non basta, che i parchi vanno coperti. Va bene. La barriera sarà pure insufficiente. Ma, nell’immediato, è meglio di niente. È come dire che l’ombrello non basta a ripararsi dalla pioggia battente».
Parole, quelle di questo anonimo capo anziano dell’Ilva, che provano a minare alla radice la credibilità dei custodi e dei magistrati. Come quelle di chi rincara la dose, definendo «assurda» la decisione di «spegnere», da subito, due altoforni.
Da qui, da questa postazione in cui si parla in forma anonima e senza contraddittorio, da qui, da dove i morti avvelenati del rione Tamburi quasi non esistono, il ritornello è sempre lo stesso. E nel mirino, in un modo o nell’altro, restano loro, i magistrati, colpevoli di voler lasciare «senza lavoro» e «senza futuro» quasi ventimila lavoratori.
Ma il caso Ilva è assai più complesso. E un’ennesima riprova di quel che potrà accadere nei prossimi giorni la si è avuta proprio ieri. Sì, mentre il sindacato è tornato a dividersi, con la Fiom da una parte e Fim e Uilm dall’altra (queste ultime hanno annunciato che «a fronte di un drastico parere della magistratura, tale da compromettere la fermata degli impianti», ricorreranno di nuovo alla «mobilitazione»), l’Ilva ha, di fatto, cominciato a liberarsi del cosiddetto indotto. I primi a farne le spese potrebbero essere i 490 operai di due aziende edili (la Semat e la Edilsider), che da ieri sono in sciopero, proclamato da Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil «a seguito della comunicazione di avvio di un piano di ferie finalizzato alla procedura della cassa integrazione».
La sensazione, fortissima, è che sia solo l’inizio di un percorso che potrebbe dar vita nelle prossime settimane ad una vera e propria guerra tra poveri. Con da una parte gli oltre 11mila dipendenti diretti dell’Ilva e dall’altra le svariate migliaia di lavoratori che in un modo o nell’altro ruotano intorno al siderurgico. Stefano Boccardi - GdM
sabato 22 settembre 2012
Arriva, arriva...
Perchè non lanciare una campagna di adesione pubblica?
Ilva, una «class action» e azione penale «Casi di omicidio come Thyssenkrupp»
È la richiesta di una decina di cittadini contro Riva L'avvocato Lecce: «Qui casi di decessi consapevoli» «Così come accaduto per il processo Thyssenkrupp, culminato con le sentenze di condanna per i vertici aziendali, chiederemo alla Procura di Taranto di valutare l'opportunità di contestare, oltre alle lesioni colpose, al danneggiamento e al getto pericoloso di cose, anche il reato di omicidio volontario con dolo eventuale a carico dei rappresentanti legali dell'Ilva finiti sotto inchiesta». Lo ha detto l'avvocato Giuseppe Lecce presentando la «class action» nei confronti della proprietà del siderurgico per il risarcimento di «danni materiali, fisiologici, biologici ed esistenziali» chiedendo il sequestro conservativo di beni immobili e mobili facenti capo ai legali rappresentanti dell'azienda».
L'AFFONDO - Ma non è tutto. Il legale, che rappresenta una decina di cittadini di Taranto, presenterà nei prossimi giorni denunce in sede penale. «Nelle motivazioni del tribunale del riesame - rileva - vi è un passaggio molto interessante dal quale emerge in modo inequivocabile come i legali rappresentanti dell'Ilva fossero pienamente consapevoli che l'attività produttiva nel suo complesso e la sua organizzazione di mezzi e tecniche fosse esercitata in piena violazione delle leggi in materia di sicurezza ed inquinamento». «Secondo noi - aggiunge il legale - l'Ilva avrebbe coscientemente risparmiato sulla sicurezza degli impianti omettendo di apprestare o predisporre dispositivi tali da contenere entro i limiti previsti l'emissione di gas, fumi, polveri ed esalazioni e quindi ha inquinato con la consapevolezza che tale attività industriale avrebbe potuto cagionare la morte sia dei lavoratori che dell'intera collettività».
L'INIZITIVA - I cittadini interessati hanno contratto malattie o sono familiari di persone decedute per patologie legate all'inquinamento. Ma anche diportisti e commercianti, come il titolare di un vivaio, che si trova nell'area di passaggio del nastro trasportatori dell'Ilva, che ritengono di aver subito danni materiali. Il legale ha reso noto che già oggi invierà tramite fax al tribunale di Taranto l'esposto per l'azione collettiva, «strumento - ha sottolineato - che consente pretese risarcitorie nei confronti di aziende e multinazionali, in questo caso l'Ilva, atteso che si tratta di illeciti plurioffensivi che sono stati compiuti nei confronti di più soggetti». (CdM)
Ilva, una «class action» e azione penale «Casi di omicidio come Thyssenkrupp»
È la richiesta di una decina di cittadini contro Riva L'avvocato Lecce: «Qui casi di decessi consapevoli» «Così come accaduto per il processo Thyssenkrupp, culminato con le sentenze di condanna per i vertici aziendali, chiederemo alla Procura di Taranto di valutare l'opportunità di contestare, oltre alle lesioni colpose, al danneggiamento e al getto pericoloso di cose, anche il reato di omicidio volontario con dolo eventuale a carico dei rappresentanti legali dell'Ilva finiti sotto inchiesta». Lo ha detto l'avvocato Giuseppe Lecce presentando la «class action» nei confronti della proprietà del siderurgico per il risarcimento di «danni materiali, fisiologici, biologici ed esistenziali» chiedendo il sequestro conservativo di beni immobili e mobili facenti capo ai legali rappresentanti dell'azienda».
L'AFFONDO - Ma non è tutto. Il legale, che rappresenta una decina di cittadini di Taranto, presenterà nei prossimi giorni denunce in sede penale. «Nelle motivazioni del tribunale del riesame - rileva - vi è un passaggio molto interessante dal quale emerge in modo inequivocabile come i legali rappresentanti dell'Ilva fossero pienamente consapevoli che l'attività produttiva nel suo complesso e la sua organizzazione di mezzi e tecniche fosse esercitata in piena violazione delle leggi in materia di sicurezza ed inquinamento». «Secondo noi - aggiunge il legale - l'Ilva avrebbe coscientemente risparmiato sulla sicurezza degli impianti omettendo di apprestare o predisporre dispositivi tali da contenere entro i limiti previsti l'emissione di gas, fumi, polveri ed esalazioni e quindi ha inquinato con la consapevolezza che tale attività industriale avrebbe potuto cagionare la morte sia dei lavoratori che dell'intera collettività».
L'INIZITIVA - I cittadini interessati hanno contratto malattie o sono familiari di persone decedute per patologie legate all'inquinamento. Ma anche diportisti e commercianti, come il titolare di un vivaio, che si trova nell'area di passaggio del nastro trasportatori dell'Ilva, che ritengono di aver subito danni materiali. Il legale ha reso noto che già oggi invierà tramite fax al tribunale di Taranto l'esposto per l'azione collettiva, «strumento - ha sottolineato - che consente pretese risarcitorie nei confronti di aziende e multinazionali, in questo caso l'Ilva, atteso che si tratta di illeciti plurioffensivi che sono stati compiuti nei confronti di più soggetti». (CdM)
"Una situazione pelosa"
Nonostante l'intervento dei migliori "estetisti"politici del «mo' aggiusto tutto io» pare che il "pelo" della questione Ilva sia ancora piuttosto folto...
Non solo resta il vizio di vendere per bonifiche le elemosine per migliorare gli impianti, ma ci tocca pure tenerci il pelo!
E pensare che qui, una volta, di pelose c'erano solo le cozze (o forse non solo...)
Clini attacca la Procura. «Non gestisce l’Ilva»
ROMA - La decisione dei supertecnici della procura, di rigettare il piano di investimenti per risanare gli impianti dell’Ilva di Taranto presentato dalla famiglia Riva per poter proseguire la produzione, ha gettato nel caos il governo. Mario Monti si trova stretto tra il rispetto dei ruoli - esecutivo e giudiziario - e le ripercussioni occupazionali ed economiche che da questa bocciatura ne derivano. Di più: deve fronteggiare la guerra giudiziaria di querela e contro querela tra il ministero dell’Ambiente e la Federazione dei Verdi a proposito dei dati sulla mortalità contenuti nel progetto Sentieri. Ecco perché ieri il titolare dell’Ambiente è tornato sulla vicenda, ma ad alzo zero. Corrado Clini, infatti, ha commentato così la decisione dei supertecnici: «Non è stato bocciato nulla. I custodi giudiziari hanno espresso un parere che ora sarà al vaglio del procuratore, del gip ed eventualmente del tribunale del riesame». Clini ha poi aggiunto di non essere «né fiducioso né pessimista. È comunque il ministro dell’ambiente - ha aggiunto - ad avere per legge nazionale la responsabilità di autorizzare tale impianto ed è quello che sto facendo».
Ma perché questa chiosa? Da dove scaturisce questa ruvidezza istituzionale?
L’ufficio stampa di Clini spiega che si sta creando «una situazione pelosa. Nella sostanza la magistratura sta di fatto dettando le condizioni per l’esercizio dell’impianto, e questo non le compete». Ovviamente il magistrato deve bloccare la reiterazione del danno o bloccare le azioni che creino pericolo per la popolazione (come nel caso di Taranto) - asseriscono i dirigenti del ministero - ma «sul fronte amministrativo le competenze sono di altri».
E dunque Clini continua: «Entro la fine del mese, quindi fra pochissimi giorni, avrò il documento conclusivo della procedura e in questo fisserò le prescrizioni che il ministro deve dare per l’attività dell’azienda. Ricordo che né il procuratore della Repubblica, né il gip, né il presidente del tribunale hanno l’autorità per autorizzare un impianto industriale, per cui alla fine andremo a chiarire anche questa diatriba o questo conflitto che si potrebbe creare. Perché mentre la procura della Repubblica deve perseguire i reati, e deve farlo con rigore, le decisioni su come una fabbrica deve essere gestita - ha concluso Clini - e quali sono le tecnologie che devono essere utilizzate sono di competenza dell’amministrazione». Dunque il ministro - conclude l’ufficio stampa - con queste dure affermazioni «ha voluto rivendicare il ruolo in materia economica e industriale. E l’Aia, come è sempre stato detto, sarà pronta entro il 30 settembre. Poi sarà sottoposta all’attività istruttoria della conferenza dei servizi e sarà firmata entro ottobre»: si smentisce così la notizia diffusasi a Taranto su un possibile rinvio del documento per l’Aia; e si conferma per il 12 ottobre la pubblicazione dei dati aggiornati sulla situazione epidemiologica di Taranto e Statte.
Rosanna Lampugnani . CdM
Non solo resta il vizio di vendere per bonifiche le elemosine per migliorare gli impianti, ma ci tocca pure tenerci il pelo!
E pensare che qui, una volta, di pelose c'erano solo le cozze (o forse non solo...)
Clini attacca la Procura. «Non gestisce l’Ilva»
ROMA - La decisione dei supertecnici della procura, di rigettare il piano di investimenti per risanare gli impianti dell’Ilva di Taranto presentato dalla famiglia Riva per poter proseguire la produzione, ha gettato nel caos il governo. Mario Monti si trova stretto tra il rispetto dei ruoli - esecutivo e giudiziario - e le ripercussioni occupazionali ed economiche che da questa bocciatura ne derivano. Di più: deve fronteggiare la guerra giudiziaria di querela e contro querela tra il ministero dell’Ambiente e la Federazione dei Verdi a proposito dei dati sulla mortalità contenuti nel progetto Sentieri. Ecco perché ieri il titolare dell’Ambiente è tornato sulla vicenda, ma ad alzo zero. Corrado Clini, infatti, ha commentato così la decisione dei supertecnici: «Non è stato bocciato nulla. I custodi giudiziari hanno espresso un parere che ora sarà al vaglio del procuratore, del gip ed eventualmente del tribunale del riesame». Clini ha poi aggiunto di non essere «né fiducioso né pessimista. È comunque il ministro dell’ambiente - ha aggiunto - ad avere per legge nazionale la responsabilità di autorizzare tale impianto ed è quello che sto facendo».
Ma perché questa chiosa? Da dove scaturisce questa ruvidezza istituzionale?
L’ufficio stampa di Clini spiega che si sta creando «una situazione pelosa. Nella sostanza la magistratura sta di fatto dettando le condizioni per l’esercizio dell’impianto, e questo non le compete». Ovviamente il magistrato deve bloccare la reiterazione del danno o bloccare le azioni che creino pericolo per la popolazione (come nel caso di Taranto) - asseriscono i dirigenti del ministero - ma «sul fronte amministrativo le competenze sono di altri».
E dunque Clini continua: «Entro la fine del mese, quindi fra pochissimi giorni, avrò il documento conclusivo della procedura e in questo fisserò le prescrizioni che il ministro deve dare per l’attività dell’azienda. Ricordo che né il procuratore della Repubblica, né il gip, né il presidente del tribunale hanno l’autorità per autorizzare un impianto industriale, per cui alla fine andremo a chiarire anche questa diatriba o questo conflitto che si potrebbe creare. Perché mentre la procura della Repubblica deve perseguire i reati, e deve farlo con rigore, le decisioni su come una fabbrica deve essere gestita - ha concluso Clini - e quali sono le tecnologie che devono essere utilizzate sono di competenza dell’amministrazione». Dunque il ministro - conclude l’ufficio stampa - con queste dure affermazioni «ha voluto rivendicare il ruolo in materia economica e industriale. E l’Aia, come è sempre stato detto, sarà pronta entro il 30 settembre. Poi sarà sottoposta all’attività istruttoria della conferenza dei servizi e sarà firmata entro ottobre»: si smentisce così la notizia diffusasi a Taranto su un possibile rinvio del documento per l’Aia; e si conferma per il 12 ottobre la pubblicazione dei dati aggiornati sulla situazione epidemiologica di Taranto e Statte.
Rosanna Lampugnani . CdM
venerdì 21 settembre 2012
Solito copione di sempre
Ferrante ripropone per l'ennesima volta la pappa scaldata degli Atti d'Intesa vecchi di 10 anni con i quali l'Ilva proponeva grandi lavori di ambientalizzazione mai fatti (ad eccezione di quelli che servivano a migliorare la produttività dell'impianto e la qualità dell'acciaio da vendere...).
I custodi non se la sono bevuta e il vecchio bluff ritorna al mittente.
Che farà?
Intanto la prima reazione dell'Ilva è lo "sciopero padronale" di "una cinquantina" di operai davanti ai cancelli.
L’insieme di interventi da 400 milioni di euro, allegato alla richiesta per ottenere una “minima capacità produttiva”, ora è al vaglio del giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco. Sulla scorta del parere fornito dai custodi, appare altamente improbabile che il gip Todisco possa accogliere la richiesta dell’Ilva. La richiesta infatti parte dal concetto che per poter effettuare gli interventi sugli impianti questi debbano essere in funzione a un livello di equilibrio che possa salvaguardarne l’integrità, permettendo l’esecuzione delle misure tecniche per eliminare le situazioni di pericolo.
Insomma, la produzione d’acciaio servirebbe come elemento esseziale per tenere in piedi la “strategica capacità produttiva” e i “livelli occupazionali“. In nessuno dei passaggi dell’istanza tuttavia, Ferrante accenna a misure nuove che possano aver mutato la situazione rispetto al 26 luglio. Quella minima produzione, quindi, inquinerebbe? Sì. A guardare le relazioni finora depositate dai custodi a Palazzo di Giustizia, infatti, è evidente la lontanza tra i provvedimenti annunciati dall’azienda e quelli indicati dai custodi come necessari per eliminare l’inquinamento. Ecco perché.
PARCHI MINERALI. L’Ilva ha chiesto l’autorizzazione a impermeabilizzare i parchi, completare il barrieramento e ha annunciato che per la copertura è in corso uno studio preliminare per valutarne la fattibilità. Per i custodi, al contrario, l’unica misura efficace ad evitare l’arrivo di polvere nocive verso il quartiere Tamburi resta proprio la copertura dei parchi, peraltro prevista dall’Aia in corso di riesame.
AREA ALTIFORNI. Nel piano di investimenti l’Ilva ha previsto per l’altoforno 1 l’adeguamento degli impianti di depolverazione del campo di colata, la realizzazione di un nuovo impianto di depolverazione e la realizzazione di un nuovo impianto di condensazione dei vapori prodotti nella fase di granulazione della loppa. Anche per l’altoforno 2 l’Ilva pensa alla realizzazione del nuovo impianto di depolverazione. Per lo staff guidato da Barbara Valenzano, invece, per abbattere le emissioni nocive e risanare gli impianti del reparto è necessario l’immediato spegnimento o il rifacimento completo degli altiforni 1 e 5 e di dismettere e bonificare l’altoforno 3, fermo da tempo.
COKERIE. L’ilva vorrebbe intervenire solo su 2 batterie (numero 5 e 6) per sostituire i rigeneratori e realizzare un nuovo piano di carica. Per i tecnici nominati dal gip Patrizia Todisco, invece, le misure immediate sono il fermo, finalizzato al rifacimento, di 7 batterie e la programmazione di interventi sostanziali sulle 3 rimanenti.
AGGLOMERATO. L’azienda punta a sostituire l’impianto di depolverazione secondaria delle linee di agglomerazione E e D, a cambiare la tecnologia dei filtri elettrostatici con la tecnologia dei filtri a tessuto , concludere le attività per il migloramento dei raffreddatori rotanti delle due linee. Per i tecnici, invece, è necessaria la dismissione di quella parte di impianto non in funzione e la bonifica di quell’area oltre all’adeguamento all’abbattimento delle emissioni primarie derivanti dai gas di scarico delle linee di sinterizzazione mediante un filtro a manica e una serie di altri significativi interventi.
ACCIAIERIA. Nelle acciaierie l’Ilva prevede di realizzare un sistema di aspirazione e desolforazione della ghisa in siviera oltre alla chiusura e copertura della Acciaieria n. 1 e la costruzione di un nuovo filtro a tessuto. Per i custodi tecnici, invece, per raggiungere gli obiettivi imposti dal tribunale del riesame e quindi per eliminare le situazioni di pericolo è necessario lo spegnimento e il completo rifacimento dell’Acciaieria n.1, oltre all’adeguamento con interventi strutturali nell’Acciaieria n.2.
AREA GESTIONE MATERIALI FERROSI. L’azienda guidata da Bruno Ferrante sarebbe intenzionata a utilizzare un impianto costituito da fog cannon: si tratta di un sistema in grado di abbattere la polvere eventualmente in sollevamento dall’area. L’Ilva, inoltre, ha annunciato di aver richiesto a una società di ingegneria un piano per la copertura dell’area dove avviene lo svuotamento delle paiole. I custodi invece ritengono necessario l’immediato fermo delle attività nell’area per il completo rifacimento delle strutture.
Una netta bocciatura, quindi, che tuttavia appariva evidente anche in considerazione dei fondi messi a disposizione dall’Ilva. Bruno Ferrante, infatti, ha spiegato che i 400 milioni di euro sono destinati alla realizzazione dei primi e più immediati interventi e che altri fondi arriveranno per ottemperare alle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale. Ma secondo indiscrezioni i custodi avrebbero stimato in oltre un miliardo di euro gli interventi da realizzare solo nel reparto cokerie. Un dato che da solo basta a spiegare la distanza fra gli interventi proposti dall’Ilva e quelli necessari per considerarsi ecocompatibili. Senza dimenticare che il tribunale del riesame, lo stesso citato più volte dai legali dell’Ilva nei passaggi più favorevoli all’azienda, ha scritto che l’attività produttiva potrà riprendere solo “in condizioni di piena compatibilità ambientale, una volta eliminate del tutto quelle emissioni illecite, nocive e dannose per la salute dei lavoratori e della popolazione”. (Ilfattoquotidiano)
"Ilva sta chiudendo i reparti". Lavoratori in agitazione, l'azienda smentisce
Una cinquantina di lavoratori dell'Ilva si sono radunati all'interno dello stabilimento, nell'area della direzione, sulla statale Appia, e stanno protestando perché l'azienda avrebbe "iniziato a spegnere le luci e a interrompere l'erogazione dell'acqua nei reparti sottoposti a sequestro". Lo si apprende da fonti sindacali, divise però sulla protesta. Dalla manifestazione si è dissociata la Fim Cisl, spiegando che la protesta sarebbe stata incentivata dagli stessi responsabili aziendali dopo il no dei custodi giudiziali al piano presentato dall'Ilva e l'invio della notifica con la quale si sospendono e l'attività dell'altoforno 1 e delle batterie 5 e 6. Dello stesso tenore le dichiarazioni del segretario provinciale della Fiom Cgil di Taranto Donato Stefanelli. "I capi stanno istigando alla rivolta contro la magistratura e i sindacati stanno dicendo cosa fare". Da parte sua, l'azienda smentisce categoricamente qualsiasi avvio di procedure di spegnimento o di chiusura nei reparti dell'area a caldo.
"C'è fermento in fabbrica, c'è molta agitazione. Qualcuno vorrebbe che i lavoratori lasciassero i reparti per andare a protestare", accusa il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli partecipando a Taranto all'attivo provinciale del sindacato. "Noi - aggiunge - siamo completamente estranei a una iniziativa di questo genere. Siamo un'organizzazione sindacale che usa buon senso e cervello anche quando lotta". Il fermo di alcuni degli impianti sottoposti a sequestro sembra imminente
dopo l'ultima direttiva dei custodi giudiziari, che peraltro hanno bocciato il piano di investimenti per il risanamento ambientale presentato dall'azienda.
"Come Fiom - spiega Stefanelli - riteniamo che si debbano fare quanto prima assemblee con tutti i lavoratori per far partire la vertenza nei confronti dell'Ilva, che deve smetterla con il gioco d'azzardo che sta facendo, con questa guerriglia giudiziaria che non ci interessa, e deve cacciare fuori i soldi per fare un vero piano di risanamento". (Repubblica)
Ilva Taranto - Che senso ha bloccare una città?
A breve, anzi a brevissimo gli operai dell'Ilva saranno chiamati a raccolta dai loro superiori per bloccare per l'ennesima volta questa città.
Lo faranno quasi certamente senza nessuna richiesta di autorizzazione alle forze dell'ordine e nella più totale illegalità.
Le ultime volte che ciò è accaduto, oltre a gente che ne ha approfittato per bere innumerevoli birre durante tutta la durata dei blocchi, si sono verificati "inconvenienti" che poco hanno a che fare con il diritto allo sciopero, il diritto al lavoro ed il diritto alla salute.
Inconvenienti che hanno danneggiato "SOLO I CITTADINI E I LAVORATORI", come se questi non fossero già stati abbastanza danneggiati dall'Ilva S.p.a. in oltre cinquanta anni di attività inquinanti.
Talvolta è stato tollerato troppo, anche dalle forze dell'ordine, durante queste manifestazioni selvagge messe in atto dai dipendenti del siderurgico in una città invece blindata durante le manifestazioni autorizzate e legali organizzate dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti.
Vedasi la pensilina costruita con tubi innocenti montati sul ponte girevole (dove sono i permessi e la DIA per tale sovrastruttura montata su un bene appartenente alla città di Taranto?) e vedasi anche i furgoni immatricolati Ilva S.p.a. che andavano scorazzando per la città privi di targhe (dove era la polizia stradale? e quella municipale? perchè non è stato sequestrato alcun autoveicolo come è prassi in casi simili?).
La città e i cittadini vanno rispettati.
E vanno rispettate anche le leggi di questo paese in cui il furbo la fa franca e l'onesto paga, tanto da passare per stupido.
Lavoratori e cittadini non sono nemici tra loro, dovrebbero essere anzi una cosa sola.
Gli ultimi blocchi sono stati "telecomandati" da sindacati, fiduciari e capi reparto.
Operai a migliaia come burattini senz'anima nè dignità hanno percorso chilometri e partecipato ai blocchi di TUTTE le vie d'accesso della città senza neanche conoscere i motivi che li spingessero a tali azioni.
Muniti di kit da scioperante (ndr: l'Ilva ha fornito trombette da stadio, striscioni e tute pulite) non hanno permesso ad altri lavoratori di raggiungere i loro posti di lavoro, ai malati di ricevere cure e assistenza a domicilio, hanno impedito insomma lo svolgersi della regolare quotidianità di persone che nulla hanno fatto per meritare un tale trattamento.
Non abbiamo memoria di scioperi indetti dalla dirigenza di una fabbrica e svolti da operai.
Un'altra stranezza del tutto eccezionale sta nel fatto che gli operai sono stati invitati a "manifestare" con la promessa che l'azienda li avrebbe ripagati con il rimborso della giornata lavorativa, anche se in realtà si è trattato di "scioperi a favore dell'azienda", per poi ritrattare in fase di elaborazione delle paghe."Se non hai timbrato il cartellino nè in entrata e nè in uscita, eri assente e non ti spetta la giornata di retribuzione".
Il nemico numero uno dei dipendenti Ilva non sono nè i cittadini, nè gli altri lavoratori, nè i liberi e pensanti nè i malati.
Il loro nemico è il nostro nemico e si chiama Emilio Riva.
Lui, ed insieme a lui politici e sindacati troppo silenziosi, hanno messo a repentaglio la tranquillità dei lavoratori non adeguandosi di volta in volta a prescrizioni minime che garantissero una tutela ovvia per la salute dei dipendenti e dei cittadini. Se ora siamo giunti a questo punto non è a causa dei dipendenti e neanche dei cittadini e per questo non saremo noi a pagarne le conseguenze.
(N.B.: L'AIA rilasciata illegalmente 13 mesi fa prevedeva la copertura dei parchi minerali, Ferrante ancora oggi blatera a riguardo di retine acchiappamosce da installare intorno ai parchi minerali). Questa è la tutela della salute dei cittadini? questa è la tutela del lavoro degli operai?
Chi ha un pizzico di cervello ed è sveglio capirà benissimo che non può e no deve più prestarsi al ricatto occupazionale che è l'arma vincente di Riva & Co da svariati anni, questo gli ha permesso di ignorare le richieste di qualsiasi istituzione, associazione e sindacato.
Se un dipendente Ilva vuole giustamente salvaguardare il proprio reddito può andare a manifestare a Roma, anzi possiamo andarci insieme.
O può farlo sotto casa dei Riva che sono agli arresti domiciliari ed anche in questo caso possiamo farlo insieme, o può unirsi a noi che cerchiamo di far rispettare anche i loro diritti che sono i diritti minimi che ogni singola persona di Taranto e provincia dovrebbe pretendere.
Se qualcuno vi chiede di uscire per scioperare e bloccare la città non fatevi fregare questa volta.
Lo sciopero fatelo in fabbrica, disertate, ribellatevi, organizziamoci per manifestare in altre città, non siate dei burattini nelle mani di pochi eletti.
Siamo con gli operai, solo che ancora non lo hanno capito.
Cittadini e lavoratori liberi e pensanti
I custodi non se la sono bevuta e il vecchio bluff ritorna al mittente.
Che farà?
Intanto la prima reazione dell'Ilva è lo "sciopero padronale" di "una cinquantina" di operai davanti ai cancelli.
Taranto, il piano dell’Ilva bocciato dai custodi: ecco i motivi (punto per punto)
Gli interventi proposti dall’Ilva non sono sufficienti a far cessare le emissioni nocive. E’ questa l’opinione dei custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, dopo aver analizzato il piano di interventi proposto dal presidente del cda Bruno Ferrante al pool di magistrati tarantini.L’insieme di interventi da 400 milioni di euro, allegato alla richiesta per ottenere una “minima capacità produttiva”, ora è al vaglio del giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco. Sulla scorta del parere fornito dai custodi, appare altamente improbabile che il gip Todisco possa accogliere la richiesta dell’Ilva. La richiesta infatti parte dal concetto che per poter effettuare gli interventi sugli impianti questi debbano essere in funzione a un livello di equilibrio che possa salvaguardarne l’integrità, permettendo l’esecuzione delle misure tecniche per eliminare le situazioni di pericolo.
Insomma, la produzione d’acciaio servirebbe come elemento esseziale per tenere in piedi la “strategica capacità produttiva” e i “livelli occupazionali“. In nessuno dei passaggi dell’istanza tuttavia, Ferrante accenna a misure nuove che possano aver mutato la situazione rispetto al 26 luglio. Quella minima produzione, quindi, inquinerebbe? Sì. A guardare le relazioni finora depositate dai custodi a Palazzo di Giustizia, infatti, è evidente la lontanza tra i provvedimenti annunciati dall’azienda e quelli indicati dai custodi come necessari per eliminare l’inquinamento. Ecco perché.
PARCHI MINERALI. L’Ilva ha chiesto l’autorizzazione a impermeabilizzare i parchi, completare il barrieramento e ha annunciato che per la copertura è in corso uno studio preliminare per valutarne la fattibilità. Per i custodi, al contrario, l’unica misura efficace ad evitare l’arrivo di polvere nocive verso il quartiere Tamburi resta proprio la copertura dei parchi, peraltro prevista dall’Aia in corso di riesame.
AREA ALTIFORNI. Nel piano di investimenti l’Ilva ha previsto per l’altoforno 1 l’adeguamento degli impianti di depolverazione del campo di colata, la realizzazione di un nuovo impianto di depolverazione e la realizzazione di un nuovo impianto di condensazione dei vapori prodotti nella fase di granulazione della loppa. Anche per l’altoforno 2 l’Ilva pensa alla realizzazione del nuovo impianto di depolverazione. Per lo staff guidato da Barbara Valenzano, invece, per abbattere le emissioni nocive e risanare gli impianti del reparto è necessario l’immediato spegnimento o il rifacimento completo degli altiforni 1 e 5 e di dismettere e bonificare l’altoforno 3, fermo da tempo.
COKERIE. L’ilva vorrebbe intervenire solo su 2 batterie (numero 5 e 6) per sostituire i rigeneratori e realizzare un nuovo piano di carica. Per i tecnici nominati dal gip Patrizia Todisco, invece, le misure immediate sono il fermo, finalizzato al rifacimento, di 7 batterie e la programmazione di interventi sostanziali sulle 3 rimanenti.
AGGLOMERATO. L’azienda punta a sostituire l’impianto di depolverazione secondaria delle linee di agglomerazione E e D, a cambiare la tecnologia dei filtri elettrostatici con la tecnologia dei filtri a tessuto , concludere le attività per il migloramento dei raffreddatori rotanti delle due linee. Per i tecnici, invece, è necessaria la dismissione di quella parte di impianto non in funzione e la bonifica di quell’area oltre all’adeguamento all’abbattimento delle emissioni primarie derivanti dai gas di scarico delle linee di sinterizzazione mediante un filtro a manica e una serie di altri significativi interventi.
ACCIAIERIA. Nelle acciaierie l’Ilva prevede di realizzare un sistema di aspirazione e desolforazione della ghisa in siviera oltre alla chiusura e copertura della Acciaieria n. 1 e la costruzione di un nuovo filtro a tessuto. Per i custodi tecnici, invece, per raggiungere gli obiettivi imposti dal tribunale del riesame e quindi per eliminare le situazioni di pericolo è necessario lo spegnimento e il completo rifacimento dell’Acciaieria n.1, oltre all’adeguamento con interventi strutturali nell’Acciaieria n.2.
AREA GESTIONE MATERIALI FERROSI. L’azienda guidata da Bruno Ferrante sarebbe intenzionata a utilizzare un impianto costituito da fog cannon: si tratta di un sistema in grado di abbattere la polvere eventualmente in sollevamento dall’area. L’Ilva, inoltre, ha annunciato di aver richiesto a una società di ingegneria un piano per la copertura dell’area dove avviene lo svuotamento delle paiole. I custodi invece ritengono necessario l’immediato fermo delle attività nell’area per il completo rifacimento delle strutture.
Una netta bocciatura, quindi, che tuttavia appariva evidente anche in considerazione dei fondi messi a disposizione dall’Ilva. Bruno Ferrante, infatti, ha spiegato che i 400 milioni di euro sono destinati alla realizzazione dei primi e più immediati interventi e che altri fondi arriveranno per ottemperare alle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale. Ma secondo indiscrezioni i custodi avrebbero stimato in oltre un miliardo di euro gli interventi da realizzare solo nel reparto cokerie. Un dato che da solo basta a spiegare la distanza fra gli interventi proposti dall’Ilva e quelli necessari per considerarsi ecocompatibili. Senza dimenticare che il tribunale del riesame, lo stesso citato più volte dai legali dell’Ilva nei passaggi più favorevoli all’azienda, ha scritto che l’attività produttiva potrà riprendere solo “in condizioni di piena compatibilità ambientale, una volta eliminate del tutto quelle emissioni illecite, nocive e dannose per la salute dei lavoratori e della popolazione”. (Ilfattoquotidiano)
"Ilva sta chiudendo i reparti". Lavoratori in agitazione, l'azienda smentisce
Una cinquantina di lavoratori dell'Ilva si sono radunati all'interno dello stabilimento, nell'area della direzione, sulla statale Appia, e stanno protestando perché l'azienda avrebbe "iniziato a spegnere le luci e a interrompere l'erogazione dell'acqua nei reparti sottoposti a sequestro". Lo si apprende da fonti sindacali, divise però sulla protesta. Dalla manifestazione si è dissociata la Fim Cisl, spiegando che la protesta sarebbe stata incentivata dagli stessi responsabili aziendali dopo il no dei custodi giudiziali al piano presentato dall'Ilva e l'invio della notifica con la quale si sospendono e l'attività dell'altoforno 1 e delle batterie 5 e 6. Dello stesso tenore le dichiarazioni del segretario provinciale della Fiom Cgil di Taranto Donato Stefanelli. "I capi stanno istigando alla rivolta contro la magistratura e i sindacati stanno dicendo cosa fare". Da parte sua, l'azienda smentisce categoricamente qualsiasi avvio di procedure di spegnimento o di chiusura nei reparti dell'area a caldo.
"C'è fermento in fabbrica, c'è molta agitazione. Qualcuno vorrebbe che i lavoratori lasciassero i reparti per andare a protestare", accusa il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli partecipando a Taranto all'attivo provinciale del sindacato. "Noi - aggiunge - siamo completamente estranei a una iniziativa di questo genere. Siamo un'organizzazione sindacale che usa buon senso e cervello anche quando lotta". Il fermo di alcuni degli impianti sottoposti a sequestro sembra imminente
"Come Fiom - spiega Stefanelli - riteniamo che si debbano fare quanto prima assemblee con tutti i lavoratori per far partire la vertenza nei confronti dell'Ilva, che deve smetterla con il gioco d'azzardo che sta facendo, con questa guerriglia giudiziaria che non ci interessa, e deve cacciare fuori i soldi per fare un vero piano di risanamento". (Repubblica)
Ilva Taranto - Che senso ha bloccare una città?
A breve, anzi a brevissimo gli operai dell'Ilva saranno chiamati a raccolta dai loro superiori per bloccare per l'ennesima volta questa città.
Lo faranno quasi certamente senza nessuna richiesta di autorizzazione alle forze dell'ordine e nella più totale illegalità.
Le ultime volte che ciò è accaduto, oltre a gente che ne ha approfittato per bere innumerevoli birre durante tutta la durata dei blocchi, si sono verificati "inconvenienti" che poco hanno a che fare con il diritto allo sciopero, il diritto al lavoro ed il diritto alla salute.
Inconvenienti che hanno danneggiato "SOLO I CITTADINI E I LAVORATORI", come se questi non fossero già stati abbastanza danneggiati dall'Ilva S.p.a. in oltre cinquanta anni di attività inquinanti.
Talvolta è stato tollerato troppo, anche dalle forze dell'ordine, durante queste manifestazioni selvagge messe in atto dai dipendenti del siderurgico in una città invece blindata durante le manifestazioni autorizzate e legali organizzate dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti.
Vedasi la pensilina costruita con tubi innocenti montati sul ponte girevole (dove sono i permessi e la DIA per tale sovrastruttura montata su un bene appartenente alla città di Taranto?) e vedasi anche i furgoni immatricolati Ilva S.p.a. che andavano scorazzando per la città privi di targhe (dove era la polizia stradale? e quella municipale? perchè non è stato sequestrato alcun autoveicolo come è prassi in casi simili?).
La città e i cittadini vanno rispettati.
E vanno rispettate anche le leggi di questo paese in cui il furbo la fa franca e l'onesto paga, tanto da passare per stupido.
Lavoratori e cittadini non sono nemici tra loro, dovrebbero essere anzi una cosa sola.
Gli ultimi blocchi sono stati "telecomandati" da sindacati, fiduciari e capi reparto.
Operai a migliaia come burattini senz'anima nè dignità hanno percorso chilometri e partecipato ai blocchi di TUTTE le vie d'accesso della città senza neanche conoscere i motivi che li spingessero a tali azioni.
Muniti di kit da scioperante (ndr: l'Ilva ha fornito trombette da stadio, striscioni e tute pulite) non hanno permesso ad altri lavoratori di raggiungere i loro posti di lavoro, ai malati di ricevere cure e assistenza a domicilio, hanno impedito insomma lo svolgersi della regolare quotidianità di persone che nulla hanno fatto per meritare un tale trattamento.
Non abbiamo memoria di scioperi indetti dalla dirigenza di una fabbrica e svolti da operai.
Un'altra stranezza del tutto eccezionale sta nel fatto che gli operai sono stati invitati a "manifestare" con la promessa che l'azienda li avrebbe ripagati con il rimborso della giornata lavorativa, anche se in realtà si è trattato di "scioperi a favore dell'azienda", per poi ritrattare in fase di elaborazione delle paghe."Se non hai timbrato il cartellino nè in entrata e nè in uscita, eri assente e non ti spetta la giornata di retribuzione".
Il nemico numero uno dei dipendenti Ilva non sono nè i cittadini, nè gli altri lavoratori, nè i liberi e pensanti nè i malati.
Il loro nemico è il nostro nemico e si chiama Emilio Riva.
Lui, ed insieme a lui politici e sindacati troppo silenziosi, hanno messo a repentaglio la tranquillità dei lavoratori non adeguandosi di volta in volta a prescrizioni minime che garantissero una tutela ovvia per la salute dei dipendenti e dei cittadini. Se ora siamo giunti a questo punto non è a causa dei dipendenti e neanche dei cittadini e per questo non saremo noi a pagarne le conseguenze.
(N.B.: L'AIA rilasciata illegalmente 13 mesi fa prevedeva la copertura dei parchi minerali, Ferrante ancora oggi blatera a riguardo di retine acchiappamosce da installare intorno ai parchi minerali). Questa è la tutela della salute dei cittadini? questa è la tutela del lavoro degli operai?
Chi ha un pizzico di cervello ed è sveglio capirà benissimo che non può e no deve più prestarsi al ricatto occupazionale che è l'arma vincente di Riva & Co da svariati anni, questo gli ha permesso di ignorare le richieste di qualsiasi istituzione, associazione e sindacato.
Se un dipendente Ilva vuole giustamente salvaguardare il proprio reddito può andare a manifestare a Roma, anzi possiamo andarci insieme.
O può farlo sotto casa dei Riva che sono agli arresti domiciliari ed anche in questo caso possiamo farlo insieme, o può unirsi a noi che cerchiamo di far rispettare anche i loro diritti che sono i diritti minimi che ogni singola persona di Taranto e provincia dovrebbe pretendere.
Se qualcuno vi chiede di uscire per scioperare e bloccare la città non fatevi fregare questa volta.
Lo sciopero fatelo in fabbrica, disertate, ribellatevi, organizziamoci per manifestare in altre città, non siate dei burattini nelle mani di pochi eletti.
Siamo con gli operai, solo che ancora non lo hanno capito.
Cittadini e lavoratori liberi e pensanti
La piattaforma libera e pensante
SI AI DIRITTI! NO AI RICATTI!
Le proposte presentate ultimante da Ferrante nel piano Ilva sono state nettamente bocciate dai custodi giudiziari incaricati dalla Procura. E’ chiaro che il Gruppo Riva non intende spendere la quantità di soldi necessari all’adeguamento di impianti obsoleti che non rispondono alle prescrizioni atte a tutelare sia il reddito che la salute dei lavoratori e di tutti i cittadini del territorio, nonostante l’azienda continui a beneficiare di profitti elevati.
Istituzioni, sindacati e partiti hanno ampiamente dimostrato di essere corresponsabili di un disastro ambientale, sanitario, sociale ed economico.
La stessa azienda, spalleggiata dai poteri forti e con la complicità di autorevoli rappresentanti istituzionali proverà nei prossimi giorni a riproporre il solito schema del ricatto occupazionale. E’ necessario respingere i ricatti ed impedire che si speculi ancora sulla salute e sulla disperazione di migliaia di lavoratori che temono di perdere il lavoro. Quest’azienda, è inutile negarlo, non ha la volontà di investire miliardi di euro per attenersi alle prescrizioni della magistratura. Non dobbiamo
più accettare accordi al ribasso che permettano la prosecuzione di un crimine. Chi l’ha provocato deve farsi carico della tutela del reddito e della salute dei lavoratori pagando tutto quello che c’è da pagare per i danni prodotti. In questo disastro, i lavoratori dell’ILVA non possono più essere usati per bloccare la città ed alimentare la solita strategia del ricatto occupazionale, ma devono essere protagonisti del cambiamento, per la difesa dei propri diritti. E’ giunta l’ora di opporsi a chi costringe gli operai a vivere alla giornata, ad essere usati come burattini, a chi non vuole garantire seriamente nessuna certezza per il futuro.
Per questo il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti invita i lavoratori ad unirsi, e a partecipare, alla costruzione di una piattaforma per ottenere:
- Dati certi sul numero di occupati dell’Ilva e dell’indotto di Taranto e della provincia. Provenienza degli occupati delle ditte appaltatrici;
- Indagini epidemiologiche dei dipendenti;
- Screening e visite mediche, check up completo dei lavoratori in strutture esterne all’Ilva;
- Prevenzione e cura dei lavoratori in strutture pubbliche specializzate a Taranto;
- Fondo a beneficio dei malati costretti a curarsi fuori dalla città di Taranto;
- Verifica degli mpianti e bonifica da amianto e apirolio;
- Restituzione dei 10 milioni euro che l'Ilva ha versato ai sindacati in base all'accordo del ’96. Quei soldi dovrebbero essere utilizzati mmediatamente per la creazione di un fondo a garanzia del reddito dei lavoratori che dovessero risultare in esubero (licenziamenti / cassa integrazione);
- Istituzione di mappe di rischio in base a materiali e impianti;
- Decreto Legge straordinario per i lavoratori Ilva esposti a rischi e danni;
-Riconversione lavorativa degli operai per gli impieghi nelle bonifiche;
- Coinvolgimento e controllo diretto delle operazioni della bonifica e del risanamento ambientale.
Nel caso il Gruppo Riva decidesse di chiudere la fabbrica, il reddito agli operai dovrà essere garantito
dal privato attraverso i profitti percepiti in questi anni) e dallo Stato (utilizzando le decine di miliardi che attualmente vengono indirizzati per le Grandi Opere Inutili tipo TAV, i nuovi caccia bombardieri, inutili superstrade a 6 corsie, ecc..)
La città non dovrà più subire eventuali ripercussioni decise dai sindacati tramite blocchi o altri disagi.
f.i.p. – Taranto – Comitato Cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti
(ci trovate su Facebook) – 21/09/12
Le proposte presentate ultimante da Ferrante nel piano Ilva sono state nettamente bocciate dai custodi giudiziari incaricati dalla Procura. E’ chiaro che il Gruppo Riva non intende spendere la quantità di soldi necessari all’adeguamento di impianti obsoleti che non rispondono alle prescrizioni atte a tutelare sia il reddito che la salute dei lavoratori e di tutti i cittadini del territorio, nonostante l’azienda continui a beneficiare di profitti elevati.
Istituzioni, sindacati e partiti hanno ampiamente dimostrato di essere corresponsabili di un disastro ambientale, sanitario, sociale ed economico.
La stessa azienda, spalleggiata dai poteri forti e con la complicità di autorevoli rappresentanti istituzionali proverà nei prossimi giorni a riproporre il solito schema del ricatto occupazionale. E’ necessario respingere i ricatti ed impedire che si speculi ancora sulla salute e sulla disperazione di migliaia di lavoratori che temono di perdere il lavoro. Quest’azienda, è inutile negarlo, non ha la volontà di investire miliardi di euro per attenersi alle prescrizioni della magistratura. Non dobbiamo
più accettare accordi al ribasso che permettano la prosecuzione di un crimine. Chi l’ha provocato deve farsi carico della tutela del reddito e della salute dei lavoratori pagando tutto quello che c’è da pagare per i danni prodotti. In questo disastro, i lavoratori dell’ILVA non possono più essere usati per bloccare la città ed alimentare la solita strategia del ricatto occupazionale, ma devono essere protagonisti del cambiamento, per la difesa dei propri diritti. E’ giunta l’ora di opporsi a chi costringe gli operai a vivere alla giornata, ad essere usati come burattini, a chi non vuole garantire seriamente nessuna certezza per il futuro.
Per questo il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti invita i lavoratori ad unirsi, e a partecipare, alla costruzione di una piattaforma per ottenere:
- Dati certi sul numero di occupati dell’Ilva e dell’indotto di Taranto e della provincia. Provenienza degli occupati delle ditte appaltatrici;
- Indagini epidemiologiche dei dipendenti;
- Screening e visite mediche, check up completo dei lavoratori in strutture esterne all’Ilva;
- Prevenzione e cura dei lavoratori in strutture pubbliche specializzate a Taranto;
- Fondo a beneficio dei malati costretti a curarsi fuori dalla città di Taranto;
- Verifica degli mpianti e bonifica da amianto e apirolio;
- Restituzione dei 10 milioni euro che l'Ilva ha versato ai sindacati in base all'accordo del ’96. Quei soldi dovrebbero essere utilizzati mmediatamente per la creazione di un fondo a garanzia del reddito dei lavoratori che dovessero risultare in esubero (licenziamenti / cassa integrazione);
- Istituzione di mappe di rischio in base a materiali e impianti;
- Decreto Legge straordinario per i lavoratori Ilva esposti a rischi e danni;
-Riconversione lavorativa degli operai per gli impieghi nelle bonifiche;
- Coinvolgimento e controllo diretto delle operazioni della bonifica e del risanamento ambientale.
Nel caso il Gruppo Riva decidesse di chiudere la fabbrica, il reddito agli operai dovrà essere garantito
dal privato attraverso i profitti percepiti in questi anni) e dallo Stato (utilizzando le decine di miliardi che attualmente vengono indirizzati per le Grandi Opere Inutili tipo TAV, i nuovi caccia bombardieri, inutili superstrade a 6 corsie, ecc..)
La città non dovrà più subire eventuali ripercussioni decise dai sindacati tramite blocchi o altri disagi.
f.i.p. – Taranto – Comitato Cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti
(ci trovate su Facebook) – 21/09/12
giovedì 20 settembre 2012
Disseminazione...
Ilva Taranto, fino a +400% ricoveri per residenti vicino allo stabilimento
PER LEGGERE E SCARICARE LO STUDIO SULLA MORTALITA' CLICCA QUI
(Adnkronos Salute) - Come un fiume in piena: non si ferma la forza dei numeri intorno alla salute degli abitanti di Taranto, area oggetto di diversi studi per la presenza di numerosi impianti industriali, tra cui l'Ilva. Da uno studio di coorte sulla mortalita' e morbilita' nell'area tarantina sono emersi tassi di mortalita' e ospedalizzazione piu' elevati, per alcune patologie, per i residenti nelle aree piu' vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte. Soprattutto a Tamburi e Paolo VI - quartieri limitrofi all'Ilva - si registra un eccesso di ricoveri che dal +20% raggiunge anche il +400%. Una percentuale impressionante, anche se legata a un numero ristretto di ricoveri: 33 per pneumoconiosi, malattia provocata da inalazioni di polveri.
Ma l'eccesso del tasso di ospedalizzazione, anche se in percentuali minori, riguarda un po' tutte le patologie: dalle malattie cardiovascolari ai tumori maligni, dalle infezioni delle vie respiratorie alle malattie dell'apparato digerente. Numeri che vanno purtroppo di pari passo a quelli legati alla mortalita': ad esempio, nella zona Paolo VI si registra, tra i maschi, un eccesso di mortalita' per tumori maligni pari al 42%.
Lo studio, pubblicato sulla rivista dell'Associazione italiana di epidemiologia, e' stato condotto per il Gip del tribunale di Taranto da Francesca Mataloni, Massimo Stafoggia, Ester Alessandrini e Francesco Forastiere del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale Lazio; Maria Triassi dell'Universita' degli Studi di Napoli Federico II; Annibale Biggeri del Dipartimento di statistica G. Parenti, Universita' degli Studi di Firenze - Unita' di biostatistica, Ispo, Firenze. L'obiettivo e' quello di fornire un quadro di mortalita' e ospedalizzazione delle persone residenti nei Comuni di Taranto, Massafra e Statte, in particolare dei residenti nei quartieri piu' vicini ai complessi industriali, dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico. L'analisi prende in riferimento tre periodi: 1998-2001, 2002-2005, 2006-2010. La coorte e' composta da 321.356 persone (157.031 maschi, 164.325 femmine). "L'84,9% dei soggetti - riferisce lo studio - era gia' presente al 1 gennaio 1998 e il 39,1% abitava nella stessa residenza del reclutamento da piu' di 20 anni. L'indagine ha messo in evidenza un differenziale rilevante per entrambi i sessi per mortalita'/morbilita' totale, cardiovascolare, respiratoria, malattie dell'apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica) con eccessi nelle classi piu' svantaggiate. Anche dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico, sono emersi tassi di mortalita' e ospedalizzazione piu' elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree piu' vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte". "L'analisi per quartiere - spiegano i ricercatori - e' basata sull'ipotesi che quelli situati vicino all'area industriale siano caratterizzati da un livello di inquinamento atmosferico piu' elevato". E i risultati sembrano dar manforte a questa ipotesi. "Anche dopo aver considerato i determinanti sociali,Tamburi (Tamburi, Isola, PortaNapoli, Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e Statte hanno mostrato una mortalita' totale piu' elevata (in particolare Tamburi e Paolo VI per entrambi i sessi) rispetto al riferimento". "Il differenziale maggiore nei maschi e' stato osservato a Paolo VI, con eccessi importanti per tumori maligni (+42%), tra cui il pancreas e il polmone,malattie cardiovascolari, respiratorie e del sistema digestivo. Nel quartiere Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro) si e' riscontrato un eccesso di tumori maligni nei maschi (specie la prostata) e di malattie cardiovascolari, in particolare l'infarto del miocardio. Nelle donne residenti a Paolo VI, gli eccessi sono dovuti alle patologie tumorali, in particolare del fegato, e alle malattie cardiovascolari e dell'apparato digerente". Dati impressionanti anche per quanto riguarda i ricoveri. I numeri sulla mortalita' hanno infatti trovato sostanziale conferma in quelli legati ai ricoveri. "L'analisi - si legge - indica Tamburi (con Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro) e Paolo VI come i quartieri in cui lo stato di salute della popolazione e' piu' compromesso, con eccessi compresi tra 20% e il 400% (pneumoconiosi nel quartiere Paolo VI) rispetto alle altre zone della citta'". "Anche tenendo conto degli effetti della stratificazione sociale - scrivono i ricercatori - la situazione sanitaria in termini di mortalita' e ricoveri ospedalieri non e' risultata uniforme nella citta'. In particolare, tassi piu' elevati sono stati osservati nei quartieri Paolo VI e Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro). Gli eccessi sono dovuti ai tumori, alle malattie cardiovascolari e respiratorie. E' da sottolineare che una quota dei residenti in studio, specie nel quartiere Paolo VI, e' stata occupata nelle aziende dell'area industriale; questa potrebbe essere una possibile spiegazione per alcuni eccessi di mortalita'/morbosita' riscontrati (per esempio, negli uomini, per pneumoconiosi e tumore della pleura). E ancora: "Il presente studio ha diversi punti di forza (novita' dell'indagine epidemiologica rispetto alla letteratura dell'area in studio, rigore nell'arruolamento della coorte e della caratterizzazione anagrafica, buona disponibilita' dei dati sulla storia residenziale e di georeferenziazione),ma vi sono alcuni aspetti metodologici che richiedono una discussione approfondita. Per quanto riguarda la qualita' dei dati sanitari e' da sottolineare che la validita' delle informazioni sul decesso e' stata ottimale: e' stato recuperato il 98% delle cause di morte grazie al linkage dei dati anagrafici con il database della Asl. I risultati relativi alla mortalita' si possono considerare dunque molto affidabili. Il discorso e' piu' articolato per i ricoveri ospedalieri, per i quali manca uno standard italiano di qualita'". "Il contributo dell'epidemiologia alla comprensione dello stato di salute pregresso e attuale nell'area di Taranto e nelle sue sub-aree - afferma all'Adnkronos Salute Fabrizio Bianchi, dirigente epidemiologo del Cnr di Pisa - consente di prendere delle decisioni sulle azioni di prevenzione. Permette di rimuovere le cause che hanno portato alla grave situazione, che deve rientrare nella norma".
PER LEGGERE E SCARICARE LO STUDIO SULLA MORTALITA' CLICCA QUI
(Adnkronos Salute) - Come un fiume in piena: non si ferma la forza dei numeri intorno alla salute degli abitanti di Taranto, area oggetto di diversi studi per la presenza di numerosi impianti industriali, tra cui l'Ilva. Da uno studio di coorte sulla mortalita' e morbilita' nell'area tarantina sono emersi tassi di mortalita' e ospedalizzazione piu' elevati, per alcune patologie, per i residenti nelle aree piu' vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte. Soprattutto a Tamburi e Paolo VI - quartieri limitrofi all'Ilva - si registra un eccesso di ricoveri che dal +20% raggiunge anche il +400%. Una percentuale impressionante, anche se legata a un numero ristretto di ricoveri: 33 per pneumoconiosi, malattia provocata da inalazioni di polveri.
Ma l'eccesso del tasso di ospedalizzazione, anche se in percentuali minori, riguarda un po' tutte le patologie: dalle malattie cardiovascolari ai tumori maligni, dalle infezioni delle vie respiratorie alle malattie dell'apparato digerente. Numeri che vanno purtroppo di pari passo a quelli legati alla mortalita': ad esempio, nella zona Paolo VI si registra, tra i maschi, un eccesso di mortalita' per tumori maligni pari al 42%.
Lo studio, pubblicato sulla rivista dell'Associazione italiana di epidemiologia, e' stato condotto per il Gip del tribunale di Taranto da Francesca Mataloni, Massimo Stafoggia, Ester Alessandrini e Francesco Forastiere del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale Lazio; Maria Triassi dell'Universita' degli Studi di Napoli Federico II; Annibale Biggeri del Dipartimento di statistica G. Parenti, Universita' degli Studi di Firenze - Unita' di biostatistica, Ispo, Firenze. L'obiettivo e' quello di fornire un quadro di mortalita' e ospedalizzazione delle persone residenti nei Comuni di Taranto, Massafra e Statte, in particolare dei residenti nei quartieri piu' vicini ai complessi industriali, dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico. L'analisi prende in riferimento tre periodi: 1998-2001, 2002-2005, 2006-2010. La coorte e' composta da 321.356 persone (157.031 maschi, 164.325 femmine). "L'84,9% dei soggetti - riferisce lo studio - era gia' presente al 1 gennaio 1998 e il 39,1% abitava nella stessa residenza del reclutamento da piu' di 20 anni. L'indagine ha messo in evidenza un differenziale rilevante per entrambi i sessi per mortalita'/morbilita' totale, cardiovascolare, respiratoria, malattie dell'apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica) con eccessi nelle classi piu' svantaggiate. Anche dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico, sono emersi tassi di mortalita' e ospedalizzazione piu' elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree piu' vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte". "L'analisi per quartiere - spiegano i ricercatori - e' basata sull'ipotesi che quelli situati vicino all'area industriale siano caratterizzati da un livello di inquinamento atmosferico piu' elevato". E i risultati sembrano dar manforte a questa ipotesi. "Anche dopo aver considerato i determinanti sociali,Tamburi (Tamburi, Isola, PortaNapoli, Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e Statte hanno mostrato una mortalita' totale piu' elevata (in particolare Tamburi e Paolo VI per entrambi i sessi) rispetto al riferimento". "Il differenziale maggiore nei maschi e' stato osservato a Paolo VI, con eccessi importanti per tumori maligni (+42%), tra cui il pancreas e il polmone,malattie cardiovascolari, respiratorie e del sistema digestivo. Nel quartiere Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro) si e' riscontrato un eccesso di tumori maligni nei maschi (specie la prostata) e di malattie cardiovascolari, in particolare l'infarto del miocardio. Nelle donne residenti a Paolo VI, gli eccessi sono dovuti alle patologie tumorali, in particolare del fegato, e alle malattie cardiovascolari e dell'apparato digerente". Dati impressionanti anche per quanto riguarda i ricoveri. I numeri sulla mortalita' hanno infatti trovato sostanziale conferma in quelli legati ai ricoveri. "L'analisi - si legge - indica Tamburi (con Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro) e Paolo VI come i quartieri in cui lo stato di salute della popolazione e' piu' compromesso, con eccessi compresi tra 20% e il 400% (pneumoconiosi nel quartiere Paolo VI) rispetto alle altre zone della citta'". "Anche tenendo conto degli effetti della stratificazione sociale - scrivono i ricercatori - la situazione sanitaria in termini di mortalita' e ricoveri ospedalieri non e' risultata uniforme nella citta'. In particolare, tassi piu' elevati sono stati osservati nei quartieri Paolo VI e Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro). Gli eccessi sono dovuti ai tumori, alle malattie cardiovascolari e respiratorie. E' da sottolineare che una quota dei residenti in studio, specie nel quartiere Paolo VI, e' stata occupata nelle aziende dell'area industriale; questa potrebbe essere una possibile spiegazione per alcuni eccessi di mortalita'/morbosita' riscontrati (per esempio, negli uomini, per pneumoconiosi e tumore della pleura). E ancora: "Il presente studio ha diversi punti di forza (novita' dell'indagine epidemiologica rispetto alla letteratura dell'area in studio, rigore nell'arruolamento della coorte e della caratterizzazione anagrafica, buona disponibilita' dei dati sulla storia residenziale e di georeferenziazione),ma vi sono alcuni aspetti metodologici che richiedono una discussione approfondita. Per quanto riguarda la qualita' dei dati sanitari e' da sottolineare che la validita' delle informazioni sul decesso e' stata ottimale: e' stato recuperato il 98% delle cause di morte grazie al linkage dei dati anagrafici con il database della Asl. I risultati relativi alla mortalita' si possono considerare dunque molto affidabili. Il discorso e' piu' articolato per i ricoveri ospedalieri, per i quali manca uno standard italiano di qualita'". "Il contributo dell'epidemiologia alla comprensione dello stato di salute pregresso e attuale nell'area di Taranto e nelle sue sub-aree - afferma all'Adnkronos Salute Fabrizio Bianchi, dirigente epidemiologo del Cnr di Pisa - consente di prendere delle decisioni sulle azioni di prevenzione. Permette di rimuovere le cause che hanno portato alla grave situazione, che deve rientrare nella norma".
Argomenti
Alessandrini,
Biggeri,
EeP,
epidemiologia,
forastiere,
ILVA,
Mataloni,
mortalità,
Parenti,
perizia,
Stafoggia,
triassi,
tumori
Il sassolino nella scarpa di Assennato
Pubblichiamo una nota diffusa dal Direttore dell'Arpa Puglia Giorgio Assennato con qualche stralcio e una riflessione.
"Le vicende dell'Ilva di Taranto che continuano a preoccupare l'opinione pubblica, non solo locale, pongono al sistema agenziale un interrogativo cogente: perche' in Italia c'e' bisogno dell'intervento duro della magistratura penale per riequilibrare una governance ambientale condizionata dalle lobby industriali e dai correlati interessi politico-economici?".
Segue una serie di constatazioni, alcune delle quali in parte contestabili (è ancora vivo negli occhi di tutti i presenti il ruolo ancillare che ebbe l'Arpa Puglia con i legali della Regione nel corso dell'incidente probatorio Ilva...) per giungere infine a richiedere maggiore chiarezza normativa (quella si, ma aggiungeremmo noi, anche vocazionale ed eticamente responsabilizzata...) "per evitare che si possa sostenere che l’ARPA è uno strumento musicale che suona la musica gradita ai governatori regionali".
C'è tanto da fare!
Buona lettura
Nota Assennato La Lezione Del Caso Taranto 19.9
"Le vicende dell'Ilva di Taranto che continuano a preoccupare l'opinione pubblica, non solo locale, pongono al sistema agenziale un interrogativo cogente: perche' in Italia c'e' bisogno dell'intervento duro della magistratura penale per riequilibrare una governance ambientale condizionata dalle lobby industriali e dai correlati interessi politico-economici?".
Segue una serie di constatazioni, alcune delle quali in parte contestabili (è ancora vivo negli occhi di tutti i presenti il ruolo ancillare che ebbe l'Arpa Puglia con i legali della Regione nel corso dell'incidente probatorio Ilva...) per giungere infine a richiedere maggiore chiarezza normativa (quella si, ma aggiungeremmo noi, anche vocazionale ed eticamente responsabilizzata...) "per evitare che si possa sostenere che l’ARPA è uno strumento musicale che suona la musica gradita ai governatori regionali".
C'è tanto da fare!
Buona lettura
Nota Assennato La Lezione Del Caso Taranto 19.9
C'era una volta il Ministro dell'Industria
... oggi si chiama Ministro dell'Ambiente!
C'è da meravigliarsi se poi qualcuno ha qualche dubbio sulla sua visione ambientale e sanitaria?
''Per garantire continuita' produttiva - ha aggiunto Clini - stiamo riqualificando le tecnologie nei processi produttivi dello stabilimento che consentano di salvaguardare l'ambiente e tutelare la salute dei lavoratori e delle popolazioni. Cio' e' sostanzialmente - ha concluso - per l'applicazione concreta in Italia della strategia eutropea per lo Sviluppo sostenibile''.
Ilva, Clini: "Dati su tumori a Taranto manipolati con spregiudicatezza"
È una vera e propria "guerra dei numeri" quella che si sta svolgendo attorno all'Iva di Taranto. Dopo la diffusione da parte dei Verdi dei nuovi dati del progetto "Sentieri" (tumori +12% nell'area di Taranto), è il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ad andare al contrattacco: sui dati sanitari, ha detto, «non c'è nulla di segreto, nulla di nascosto. L'unica cosa evidente è che si stanno manipolando con grande spregiudicatezza dati incompleti e si sta creando una pressione sulla popolazione e sulle autorità. Non c'è nessuno oggi che può dire che c'è una relazione causa-effetto sulle attività industriali attuali dell'Ilva e lo stato di salute della popolazione - ha detto ancora Clini a Radio Anch'io -. Abbiamo bisogno di trasparenza e responsabilità».
NUOVI DATI - In più, uno studio diffuso giovedì, pubblicato su Epidemiologia e Prevenzione, rivista dell'Associazione italiana di epidemiologia, riporta i dati della perizia epidemiologica richiesta dal gip del Tribunale di Taranto e depositata in Procura il 30 marzo. Nel documento si legge che la mortalità a Taranto per tutte le cause aumenta dell'8-27% (a seconda dei quartieri), i tumori maligni del 5-42%, le malattie cardiovascolari del 10-28% e le malattie respiratorie dell'8-64%. I ricoveri e la mortalità sono maggiori nei quartieri più vicini agli impianti, secondo lo studio. L'analisi per livello socioeconomico ha messo in evidenza rischi maggiori per entrambi i sessi per mortalità e per il rischio di ammalarsi di malattie cardiovascolari, respiratorie, malattie dell'apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica) «con eccessi nelle classi più svantaggiate». Ma in generale sono emersi tassi di mortalità e ospedalizzazione più elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte. Nelle conclusioni si spiega che «i risultati di questo studio mostrano un'importante relazione tra stato socioeconomico e profilo sanitario nell'area di Taranto. Dopo aver tenuto conto di tale effetto, i quartieri più vicini alla zona industriale presentano un quadro di mortalità e ospedalizzazione più compromesso rispetto al resto dell'area studiata».
QUERELA - Mercoledì Clini, chiamato in causa dal presidente dei Verdi Bonelli per le sue recenti affermazioni («si muore più a Lecce che a Taranto»), ha dato mandato all'Avvocatura dello Stato di procedere nei confronti del leader ambientalista che ha ripetutamente accusato il ministro di nascondere i dati sulla mortalità e di fornire informazioni false sullo stato della salute della popolazione di Taranto. «Quello che mi preoccupa non è tanto la diffamazione, che pure è un reato - ha commentato Clini -, quanto la diffusione di notizie false che generano allarme tra la popolazione e mirano ad intimidire le autorità competenti in materia di protezione dell'ambiente e tutela della salute. Bonelli dovrà dimostrare le sue accuse davanti a un giudice. Senza dimenticare peraltro che, nel maggio scorso, Bonelli è già stato giudicato dalla popolazione di Taranto che lo ha sonoramente battuto alle elezioni comunali».
BONELLI - «Attendo con estrema serenità la querela annunciata dal ministro Clini perché di falso non c'è nulla - ha replicato Bonelli -. La battaglia per difendere i diritti e la salute dei cittadini di Taranto è sacrosanta e di certo non ci faremo intimidire. Clini intende denunciare anche i magistrati che a Taranto hanno disposto il sequestro? Anche i magistrati che fanno il proprio dovere fanno allarmismo?». (Corsera)
C'è da meravigliarsi se poi qualcuno ha qualche dubbio sulla sua visione ambientale e sanitaria?
Ilva: Clini, lavoriamo per garantire continuita' produttiva
(ASCA) - Assisi, 20 set - ''Noi stiamo lavorando giorno e notte per fare in modo che si possa garantire la continuita' produttiva del piu' grande stabilimento siderurgico d'Europa''. Lo ha detto il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, ad Assisi a margine del meeting internazionale 'Nostra madre terra' nel corso del quale il ministro e l'ad di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, hanno firmato un patto sul tema della mobilita' ecosostenibile.
''Per garantire continuita' produttiva - ha aggiunto Clini - stiamo riqualificando le tecnologie nei processi produttivi dello stabilimento che consentano di salvaguardare l'ambiente e tutelare la salute dei lavoratori e delle popolazioni. Cio' e' sostanzialmente - ha concluso - per l'applicazione concreta in Italia della strategia eutropea per lo Sviluppo sostenibile''.
Ilva, Clini: "Dati su tumori a Taranto manipolati con spregiudicatezza"
È una vera e propria "guerra dei numeri" quella che si sta svolgendo attorno all'Iva di Taranto. Dopo la diffusione da parte dei Verdi dei nuovi dati del progetto "Sentieri" (tumori +12% nell'area di Taranto), è il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ad andare al contrattacco: sui dati sanitari, ha detto, «non c'è nulla di segreto, nulla di nascosto. L'unica cosa evidente è che si stanno manipolando con grande spregiudicatezza dati incompleti e si sta creando una pressione sulla popolazione e sulle autorità. Non c'è nessuno oggi che può dire che c'è una relazione causa-effetto sulle attività industriali attuali dell'Ilva e lo stato di salute della popolazione - ha detto ancora Clini a Radio Anch'io -. Abbiamo bisogno di trasparenza e responsabilità».
NUOVI DATI - In più, uno studio diffuso giovedì, pubblicato su Epidemiologia e Prevenzione, rivista dell'Associazione italiana di epidemiologia, riporta i dati della perizia epidemiologica richiesta dal gip del Tribunale di Taranto e depositata in Procura il 30 marzo. Nel documento si legge che la mortalità a Taranto per tutte le cause aumenta dell'8-27% (a seconda dei quartieri), i tumori maligni del 5-42%, le malattie cardiovascolari del 10-28% e le malattie respiratorie dell'8-64%. I ricoveri e la mortalità sono maggiori nei quartieri più vicini agli impianti, secondo lo studio. L'analisi per livello socioeconomico ha messo in evidenza rischi maggiori per entrambi i sessi per mortalità e per il rischio di ammalarsi di malattie cardiovascolari, respiratorie, malattie dell'apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica) «con eccessi nelle classi più svantaggiate». Ma in generale sono emersi tassi di mortalità e ospedalizzazione più elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte. Nelle conclusioni si spiega che «i risultati di questo studio mostrano un'importante relazione tra stato socioeconomico e profilo sanitario nell'area di Taranto. Dopo aver tenuto conto di tale effetto, i quartieri più vicini alla zona industriale presentano un quadro di mortalità e ospedalizzazione più compromesso rispetto al resto dell'area studiata».
QUERELA - Mercoledì Clini, chiamato in causa dal presidente dei Verdi Bonelli per le sue recenti affermazioni («si muore più a Lecce che a Taranto»), ha dato mandato all'Avvocatura dello Stato di procedere nei confronti del leader ambientalista che ha ripetutamente accusato il ministro di nascondere i dati sulla mortalità e di fornire informazioni false sullo stato della salute della popolazione di Taranto. «Quello che mi preoccupa non è tanto la diffamazione, che pure è un reato - ha commentato Clini -, quanto la diffusione di notizie false che generano allarme tra la popolazione e mirano ad intimidire le autorità competenti in materia di protezione dell'ambiente e tutela della salute. Bonelli dovrà dimostrare le sue accuse davanti a un giudice. Senza dimenticare peraltro che, nel maggio scorso, Bonelli è già stato giudicato dalla popolazione di Taranto che lo ha sonoramente battuto alle elezioni comunali».
BONELLI - «Attendo con estrema serenità la querela annunciata dal ministro Clini perché di falso non c'è nulla - ha replicato Bonelli -. La battaglia per difendere i diritti e la salute dei cittadini di Taranto è sacrosanta e di certo non ci faremo intimidire. Clini intende denunciare anche i magistrati che a Taranto hanno disposto il sequestro? Anche i magistrati che fanno il proprio dovere fanno allarmismo?». (Corsera)
Maniere forti?
Ilva: Clini querela Angelo Bonelli (Verdi)
(ASCA) - Il Ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha dato mandato all'Avvocatura dello Stato di procedere nei confronti di Angelo Bonelli, l'esponente dei Verdi che ha ripetutamente accusato il Ministro di nascondere i dati sulla mortalita' e di fornire informazioni false sullo stato della salute della popolazione di Taranto. ''Quello che mi preoccupa non e' tanto la diffamazione, che pure e' un reato'', ha commentato il Ministro, ''quanto la diffusione di notizie false che generano allarme tra la popolazione e mirano ad intimidire le autorita' competenti in materia di protezione dell'ambiente e tutela della salute.
(ASCA) - Il Ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha dato mandato all'Avvocatura dello Stato di procedere nei confronti di Angelo Bonelli, l'esponente dei Verdi che ha ripetutamente accusato il Ministro di nascondere i dati sulla mortalita' e di fornire informazioni false sullo stato della salute della popolazione di Taranto. ''Quello che mi preoccupa non e' tanto la diffamazione, che pure e' un reato'', ha commentato il Ministro, ''quanto la diffusione di notizie false che generano allarme tra la popolazione e mirano ad intimidire le autorita' competenti in materia di protezione dell'ambiente e tutela della salute.
mercoledì 19 settembre 2012
La scienza pubblica, il ministro Clini?
Epidemiologia&Prevenzione anticipa online la pubblicazione dello
studio condotto da Mataloni, Biggeri, Forastiere, Triassi et al. per il
GIP del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, nel corso del
procedimento riguardante l'Ilva di Taranto (R.G.N.R. N. 938/10 -
4868/10 G.I.P. N. 5488/10 - 5821/10).
Studio di coorte sulla mortalità e morbosità nell’area di Taranto
OBIETTIVO: fornire, attraverso uno studio di coorte, un quadro di mortalità e ospedalizzazione delle persone residenti nei Comuni di Taranto,Massafra e Statte, in particolare dei residenti nei quartieri più vicini ai complessi industriali, dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico.
METODI: utilizzando gli archivi anagrafici comunali è stata arruolata la coorte delle persone residenti al 01.01.1998, o successivamente entrate fino al 2010, nei tre comuni della zona. A ogni individuo della coorte è stato attribuito il livello socioeconomico (per sezione di censimento) e il quartiere di residenza sulla base della geocodifica degli indirizzi all’inizio del follow-up. Sono stati calcolati i tassi di mortalità e ospedalizzazione per quartiere, standardizzati per età. L’associazione tra le esposizioni di interesse (quartiere e livello socioeconomico) e mortalità/morbosità è stata valutata attraverso modelli di Cox, aggiustati per età e periodo di calendario, separatamente per maschi e femmine.
RISULTATI: la coorte è composta da 321.356 persone (157.031 maschi, 164.325 femmine). L’analisi per livello socioeconomico ha messo in evidenza un differenziale rilevante per entrambi i sessi per mortalità/morbosità totale, cardiovascolare, respiratoria, malattie dell’apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica) con eccessi nelle classi più svantaggiate. Anche dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico, sono emersi tassi di mortalità e ospedalizzazione più elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte.
CONCLUSIONI: i risultati di questo studio mostrano un’importante relazione tra stato socioeconomico e profilo sanitario nell’area di Taranto. Dopo aver tenuto conto di tale effetto, i quartieri più vicini alla zona industriale presentano un quadro di mortalità e ospedalizzazione più compromesso rispetto al resto dell’area studiata.
Parole chiave: coorte di popolazione, siti inquinati, archivi georeferenziati, mortalità e ospedalizzazioni
EP5_237_art1_ Mortalita e Morbosita Taranto
Studio di coorte sulla mortalità e morbosità nell’area di Taranto
A cohort study on mortality and morbidity in the area of Taranto, Southern Italy
- Francesca Mataloni1,
- Massimo Stafoggia1,
- Ester Alessandrini1,
- Maria Triassi2,
- Annibale Biggeri3,
- Francesco Forastiere1
- Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale, Lazio
- Università degli Studi di Napoli Federico II
- Dipartimento di statistica "G. Parenti", Università degli Studi di Firenze - Unità di biostatistica, ISPO, Firenze
Francesca Mataloni
-
f.mataloni@deplazio.it
Cosa si sapeva già
- Precedenti studi sull’area di Taranto hanno messo in evidenza un quadro ambientale e sanitario particolarmente compromesso, con eccessi di mortalità a livello comunale per malattie dell’apparato respiratorio, cardiovascolare e per diverse sedi tumorali.
Cosa si aggiunge di nuovo
- E’ stato possibile condurre uno studio retrospettivo di coorte grazie alla disponibilità dei dati anagrafici, alla geocodifica dell’indirizzo di residenza all’inizio del follow-up e al linkage con dati di mortalità e ricovero ospedaliero.
- Lo studio mostra un aumento della mortalità e delle ospedalizzazioni per malattie dell’apparato respiratorio, cardiovascolare e per tumori nei quartieri più vicini alla zona industriale anche dopo aver tenuto conto dei differenziali sociali.
Riassunto:
INTRODUZIONE: l’area diTaranto è stata oggetto di diversi studi per la presenza di numerosi impianti industriali e di cantieristica navale. Sono stati documentati per l’intera città di Taranto eccessi di mortalità e incidenza di patologie tumorali.Tuttavia non sono disponibili analisi epidemiologiche per le diverse aree geografiche della città che abbiano tenuto conto dell’importante effetto di confondimento della stratificazione sociale.OBIETTIVO: fornire, attraverso uno studio di coorte, un quadro di mortalità e ospedalizzazione delle persone residenti nei Comuni di Taranto,Massafra e Statte, in particolare dei residenti nei quartieri più vicini ai complessi industriali, dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico.
METODI: utilizzando gli archivi anagrafici comunali è stata arruolata la coorte delle persone residenti al 01.01.1998, o successivamente entrate fino al 2010, nei tre comuni della zona. A ogni individuo della coorte è stato attribuito il livello socioeconomico (per sezione di censimento) e il quartiere di residenza sulla base della geocodifica degli indirizzi all’inizio del follow-up. Sono stati calcolati i tassi di mortalità e ospedalizzazione per quartiere, standardizzati per età. L’associazione tra le esposizioni di interesse (quartiere e livello socioeconomico) e mortalità/morbosità è stata valutata attraverso modelli di Cox, aggiustati per età e periodo di calendario, separatamente per maschi e femmine.
RISULTATI: la coorte è composta da 321.356 persone (157.031 maschi, 164.325 femmine). L’analisi per livello socioeconomico ha messo in evidenza un differenziale rilevante per entrambi i sessi per mortalità/morbosità totale, cardiovascolare, respiratoria, malattie dell’apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica) con eccessi nelle classi più svantaggiate. Anche dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico, sono emersi tassi di mortalità e ospedalizzazione più elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte.
CONCLUSIONI: i risultati di questo studio mostrano un’importante relazione tra stato socioeconomico e profilo sanitario nell’area di Taranto. Dopo aver tenuto conto di tale effetto, i quartieri più vicini alla zona industriale presentano un quadro di mortalità e ospedalizzazione più compromesso rispetto al resto dell’area studiata.
Parole chiave: coorte di popolazione, siti inquinati, archivi georeferenziati, mortalità e ospedalizzazioni
Sentieri nascosti?
Ilva, i dati choc sui tumori "+ 306% di mesoteliomi"
Dati choc, quelli presentati dal presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, e dal presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti in merito a uno studio 2003-2008 del progetto 'Sentieri' sull'incidenza dei tumori nel Tarantino.
Per i tumori del fegato e dei polmoni lo studio ha rilevato un +24 per cento, per i linfomi +38 per cento, per i mesoteliomi +306 per cento. Si tratta di un progetto curato dall’Istituto Superiore di Sanità sui siti inquinati italiani.
Bonelli parte all'attacco del governo: "Noi siamo stati in grado di fornire i dati sulla mortalità a Taranto del progetto Sentieri, relativi al periodo 2003-2008, cosa che non è riuscito a fare il Governo tenendoli nascosti. C’è e viene confermato un aumento della mortalità nell’area di Taranto derivante dal forte inquinamento industriale. Il dato molto grave - ha aggiunto Bonelli - è che si è voluta sottacere una verità ai cittadini di Taranto, probabilmente per condizionare fatti che in realtà non possono essere più condizionati perché l’Autorità giudiziaria è abbastanza determinata ad andare avanti".
"Dai dati relativi al periodo 2003/2008 si rileva un aumento del 10% dei decessi nei Comuni di Taranto e Statte per tutte le cause e del 12% per tutti i tumori", aggiungono Bonelli e Marescotti. (quotidiano.net)
Ilva: a Taranto mortalita' in aumento del 10-15% tra 1995-2002
Nella zona di Taranto, vicino il sito dell'Ilva, si rileva un eccesso tra il 10% e il 15% della mortalita' generale e per tutti i tumori sia nelle donne che negli uomini. E' quanto emerge dal progetto 'Sentieri' lo studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, presentato oggi alla presenza del ministro della Salute, Renato Balduzzi e il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, che ha analizzato con una metodologia omogenea la mortalita' per 63 gruppi di cause nel periodo 1995-2002 nelle popolazioni residenti in 44 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN), tra i quali il polo siderurgico di Taranto, per un totale di circa 6.000.000 cittadini in 298 Comuni.
Secondo lo studio pubblicato nel 2011 a Taranto emerge un eccesso dei decessi per tumore della pleura, che permane, sebbene ridotto, dopo correzione per ID e un eccesso compreso tra il 50%(uomini) e il 40%(donne) di decessi per malattie respiratorie acute, anche quando si tiene conto dell'ID, associato a un aumento di circa il 10% nella mortalita' per tutte le malattie dell'apparato respiratorio. Si evidenzia inoltre un eccesso di circa il 15% tra gli uomini e 40% nelle donne della mortalita' per malattie dell'apparato digerente, anche quando si tiene conto dell'ID e un incremento di circa il 5% dei decessi per malattie del sistema circolatorio soprattutto tra gli uomini.
I risultati di 'Sentieri' presentano inoltre un eccesso per la mortalita' per condizioni morbose di origine perinatale (0-1 anno), con evidenza limitata di associazione con la residenza in prossimita' di raffinerie/poli petrolchimici e discariche, e un eccesso di circa il 15% per la mortalita' legata alle malformazioni congenite, che non consente pero' di escludere l'assenza di rischio (IC 90%include il valore 100).
Lo studio mostra, dunque, un quadro della mortalita' per la popolazione residente nel sito di Taranto che testimonia la presenza di ''un ambiente di vita insalubre. Questo quadro e' in linea con quanto emerso nei precedenti studi descrittivi sulla mortalita' condotti nell'area, ma anche con dati di incidenza e morbosita'. Il sostanziale corpo di evidenza relativo alla dimostrazione di un ambiente sfavorevole e' dovuto alla generale convergenza dei dati di monitoraggio ambientale e biologico, dei dati relativi al tipo e all'entita' delle emissioni industriali e, parallelamente, alla disponibilita' di risultati di studi epidemiologici di tipo analitico, descrittivo geografico, e di indagini epidemiologiche multicentriche e di valutazione di impatto sanitario''. (ASCA)
Tweet tweet fa Clini?
Ilva di Taranto ultime notizie: Ministero dell’Ambiente parte civile al processo di Taranto
È arrivato attraverso twitter l’annuncio che membri delle associazioni ambientaliste e sindacati di Taranto, attendevano da tempo dal ministro Corrado Clini, ovvero che il ministero dell’Ambiente si costituirà parte civile nel processo mirato a individuare responsabilità nell’inquinamento di Taranto.
Sono queste le parole che il ministro Corrado Clini avrebbe scritto e pubblicato in rete attraverso Twitter. (ecoo)
È arrivato attraverso twitter l’annuncio che membri delle associazioni ambientaliste e sindacati di Taranto, attendevano da tempo dal ministro Corrado Clini, ovvero che il ministero dell’Ambiente si costituirà parte civile nel processo mirato a individuare responsabilità nell’inquinamento di Taranto.
Sono queste le parole che il ministro Corrado Clini avrebbe scritto e pubblicato in rete attraverso Twitter. (ecoo)
Argomenti
Clini,
ILVA,
ministeroambiente,
parte civile
Che unità!
Ilva, ok Camera a decreto, passa al Senato
Rivedere la strategia di bonifica dell'intero sito di Taranto per trovare modalita' di intervento piu' efficaci. Su questo si basa il Piano messo a punto dalla task force guidata dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini per l'Ilva lo scorso 26 luglio, a cui il decreto legge su Taranto approvato oggi nell'Aula della Camera dovrebbe dare quella 'forza legislativa' richiesta dai parlamentari pugliesi e degli enti locali, e che dovrebbe aiutare ad esaudire le richieste del tribunale del Riesame.Il decreto, che ora passa al Senato, e' stato approvato a Montecitorio con 430 si', 43 no e sette astenuti. Contro il testo hanno votato solo i deputati della Lega, che nel corso dell'esame alla Camera del provvedimento hanno praticato un duro ostruzionismo. Ad astenersi sono stati i Radicali eletti nel Pd.
Il testo del documento - siglato dal ministro dell'Ambiente e da quello dello Sviluppo economico Corrado Passera, insieme con il governatore Nichi Vendola, il sindaco della citta' Ippazio Stefano e il presidente della provincia Gianni Florido - parla di ''certezza degli obiettivi e dei tempi di approvazione e realizzazione''.
Il protocollo d'intesa 'per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di
Taranto' prevede risorse per ''interventi di riqualificazione ambientale'' pari a ''un importo complessivo di 336 milioni di euro'': 329 pubblici e 7,2 privati. Di questi, 119 milioni vanno alle bonifiche, 187 milioni per interventi portuali, e 30 milioni per il rilancio industriale per investimenti produttivi caratterizzati da un elevato livello tecnologico.
Il documento, composto da otto articoli, contempla successivi accordi di programma attuativi, da stipularsi entro 30 giorni dall'effettiva formalizzazione delle risorse. E' prevista la ''cabina di regia'' presieduta dal presidente della regione Puglia ed il ''Comitato'' per assicurare la realizzazione degli interventi e coinvolgere forze sociali ed economiche, proponendo al governo soluzioni operative, che si sono gia' insediati questa settimana.
Inoltre - si legge all'articolo 7 dedicato all'accelerazione delle procedure - da parte sua il ministero dell'Ambiente si impegna ''a garantire ogni utile accelerazione per la definizione del procedimento di riesame dell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) dello stabilimento'', allo stesso modo il governo, per favorire gli interventi, si impegna ad ''accelerare le attivita' autorizzative'' per la realizzazione delle ''opere, la gestione e l'erogazione di servizi di prevenzione''.
Tra gli obiettivi del Piano, che ha una durata di cinque anni e che e' stato gia' approvato dal Cipe, lo sviluppo di interventi infrastrutturali complementari alla bonifica, misure per il mantenimento e il potenziamento dei livelli occupazionali, incentivi per le imprese gia' insediate che puntano su eco-tecnologie e per attirare nuovi investimenti e realizzazione di studi su impatti ambientali e salute. (ANSA).
Bentornata Todisco!
Il procuratore: non ci sono trattative, sull'Ilva decide il gip
Spetterà al giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco decidere se concedere o meno all’Ilva la facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo sottoposti a sequestro lo scorso 26 luglio. Malgrado i legali del gruppo Riva abbiano presentato alla Procura la relativa istanza, contenente da un lato il piano degli investimenti illustrato ieri anche a sindacati e organi di informazione e dall’altro la richiesta di poter produrre acciaio da vendere sul mercato, si tratta di una richiesta che potrà essere vagliata soltanto dal giudice per le indagini preliminari giacché la Procura ha l’onere di eseguire il sequestro mentre sulla facoltà d’uso può provvedere solo il gip. Forse già stamattina il procuratore capo Franco Sebastio riunirà il pool di magistrati che assieme a lui si occupano dell’inchiesta per decidere quale parere esprimere sulla richiesta del gruppo Riva anche se al momento sembra difficile ipotizzare un via libera, stante l’enorme differenza esistente tra le prescrizioni dei consulenti del gip, le disposizioni impartite all’azienda dai custodi giudiziari e le proposte dell’Ilva. Una differenza valutabile in alcuni miliardi di euro, se è vero che rifare le cokerie, come chiedono espliticitamente i custodi giudiziari, costa un miliardo di euro, mentre l’Ilva mette sul piatto «appena» 400 milioni di euro, comprensivi dei 146 già annunciati mesi fa e necessari ad adempiere ad alcune prescrizioni riguardanti l’autorizzazione integrata ambientale ottenuta il 4 agosto del 2011, e in questi giorni peraltro sottoposta a revisione complessiva.
Nell’istanza presentata alla Procura, i legali del gruppo Riva citano il tribunale del riesame, che se è vero che aveva ritenuto lo spegnimento degli impianti solo come l’estrema soluzione a cui ricorrere per far cessare le emissioni inquinanti, aveva anche ordinato ai custodi di procedere con la rimozione delle situazioni di pericolo e l’installazione di una rete di monitoraggio in continuo di fumi e polveri, un ordine non eseguibile avendo a disposizione una somma - 400 milioni - probabilmente pari ad un decimo di quella necessaria.
Ieri, intanto, il procuratore capo Franco Sebastio è stato a Roma per incontrare il ministro per l’ambiente Corrado Clini ed essere ascoltato dalla commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti. Con Clini, il procuratore ha avuto un colloquio lungo e cordiale, nel quale l’esponente del governo Monti, già direttore generale del ministero dell’ambiente per un ventennio, ha potuto avere una idea finalmente completa sull’inchiesta per disastro ambientale che vede indagati proprietari e dirigenti dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa. Clini non ha mai usato toni teneri verso la Procura di Taranto (il ministro annunciò perfino prima dell’azienda il ricorso al tribunale del riesame contro il sequestro, ha sempre erroneamente ritenuto di parte la perizia alla base del sequestro, fatta invece tramite incidente probatorio proprio a garanzia dell’Ilva, e ancora l’altro ieri sosteneva che la popolazione del rione Tamburi, situato a ridosso dei parchi minerari, si è quadruplicata da quando il gruppo Riva ha acquistato il siderurgico, ed invece è avvenuto l’esatto contrario) ma ieri su twitter ha commentato positivamente l’incontro con Sebastio.
Il procuratore alla commissione sulle ecomafie ha confermato che le indagini non sono ancora chiuse e che il quadro delle imputazioni non è completo anche in relazione a chi avrebbe dovuto vigilare e intervenire. «Siamo di fronte alla contestazione di reati gravissimi in alcuni casi a carico di soggetti recidivi» ha detto il presidente della commissione Gaetano Pecorella rispetto all’inchiesta che ha determinato il sequestro di alcune aree dello stabilimento, oltre che le misure cautelari che hanno raggiunto anche i vertici dell’azienda. «E d’altra parte – prosegue il presidente della Commissione d’inchiesta - non vanno trascurate le responsabilità di quanti con azioni o omissioni hanno contribuito a determinare una situazione così drammatica come quella che si deve registrare a Taranto. L’impressione è che in tutti questi anni la magistratura abbia dovuto svolgere un ruolo di supplenza. Una situazione cui non si è voluto porre rimedio per tempo: ora ci troviamo di fronte all’ennesima emergenza in cui, come avviene spesso in Italia, viene riproposta l’alternativa inaccettabile tra la tutela della salute e la tutela dell’occupazione». Su azioni e omissioni a favore del gruppo Ilva, nei prossimi giorni sono attese clamorose novità. Mimmo Mazza - GdM
Spetterà al giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco decidere se concedere o meno all’Ilva la facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo sottoposti a sequestro lo scorso 26 luglio. Malgrado i legali del gruppo Riva abbiano presentato alla Procura la relativa istanza, contenente da un lato il piano degli investimenti illustrato ieri anche a sindacati e organi di informazione e dall’altro la richiesta di poter produrre acciaio da vendere sul mercato, si tratta di una richiesta che potrà essere vagliata soltanto dal giudice per le indagini preliminari giacché la Procura ha l’onere di eseguire il sequestro mentre sulla facoltà d’uso può provvedere solo il gip. Forse già stamattina il procuratore capo Franco Sebastio riunirà il pool di magistrati che assieme a lui si occupano dell’inchiesta per decidere quale parere esprimere sulla richiesta del gruppo Riva anche se al momento sembra difficile ipotizzare un via libera, stante l’enorme differenza esistente tra le prescrizioni dei consulenti del gip, le disposizioni impartite all’azienda dai custodi giudiziari e le proposte dell’Ilva. Una differenza valutabile in alcuni miliardi di euro, se è vero che rifare le cokerie, come chiedono espliticitamente i custodi giudiziari, costa un miliardo di euro, mentre l’Ilva mette sul piatto «appena» 400 milioni di euro, comprensivi dei 146 già annunciati mesi fa e necessari ad adempiere ad alcune prescrizioni riguardanti l’autorizzazione integrata ambientale ottenuta il 4 agosto del 2011, e in questi giorni peraltro sottoposta a revisione complessiva.
Nell’istanza presentata alla Procura, i legali del gruppo Riva citano il tribunale del riesame, che se è vero che aveva ritenuto lo spegnimento degli impianti solo come l’estrema soluzione a cui ricorrere per far cessare le emissioni inquinanti, aveva anche ordinato ai custodi di procedere con la rimozione delle situazioni di pericolo e l’installazione di una rete di monitoraggio in continuo di fumi e polveri, un ordine non eseguibile avendo a disposizione una somma - 400 milioni - probabilmente pari ad un decimo di quella necessaria.
Ieri, intanto, il procuratore capo Franco Sebastio è stato a Roma per incontrare il ministro per l’ambiente Corrado Clini ed essere ascoltato dalla commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti. Con Clini, il procuratore ha avuto un colloquio lungo e cordiale, nel quale l’esponente del governo Monti, già direttore generale del ministero dell’ambiente per un ventennio, ha potuto avere una idea finalmente completa sull’inchiesta per disastro ambientale che vede indagati proprietari e dirigenti dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa. Clini non ha mai usato toni teneri verso la Procura di Taranto (il ministro annunciò perfino prima dell’azienda il ricorso al tribunale del riesame contro il sequestro, ha sempre erroneamente ritenuto di parte la perizia alla base del sequestro, fatta invece tramite incidente probatorio proprio a garanzia dell’Ilva, e ancora l’altro ieri sosteneva che la popolazione del rione Tamburi, situato a ridosso dei parchi minerari, si è quadruplicata da quando il gruppo Riva ha acquistato il siderurgico, ed invece è avvenuto l’esatto contrario) ma ieri su twitter ha commentato positivamente l’incontro con Sebastio.
Il procuratore alla commissione sulle ecomafie ha confermato che le indagini non sono ancora chiuse e che il quadro delle imputazioni non è completo anche in relazione a chi avrebbe dovuto vigilare e intervenire. «Siamo di fronte alla contestazione di reati gravissimi in alcuni casi a carico di soggetti recidivi» ha detto il presidente della commissione Gaetano Pecorella rispetto all’inchiesta che ha determinato il sequestro di alcune aree dello stabilimento, oltre che le misure cautelari che hanno raggiunto anche i vertici dell’azienda. «E d’altra parte – prosegue il presidente della Commissione d’inchiesta - non vanno trascurate le responsabilità di quanti con azioni o omissioni hanno contribuito a determinare una situazione così drammatica come quella che si deve registrare a Taranto. L’impressione è che in tutti questi anni la magistratura abbia dovuto svolgere un ruolo di supplenza. Una situazione cui non si è voluto porre rimedio per tempo: ora ci troviamo di fronte all’ennesima emergenza in cui, come avviene spesso in Italia, viene riproposta l’alternativa inaccettabile tra la tutela della salute e la tutela dell’occupazione». Su azioni e omissioni a favore del gruppo Ilva, nei prossimi giorni sono attese clamorose novità. Mimmo Mazza - GdM
Clini, il ministro di che?
Parla di tutto tranne che di ambiente!
CLINI, NO MISURE FISCALI AD HOC MA INCENTIVI RICERCA -
"Di misure fiscali ad hoc per Taranto sicuramente non ne abbiamo in mente. Invece misure di incentivazione e di investimenti in ricerca e innovazione sì, e queste possono essere riferite anche agli investimenti che Ilva vorrà ancora fare". Lo ha spiegato il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, interpellato a Milano, a margine della firma di un accordo con la maison Gucci, circa il piano presentato dal presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante
Sì dell'Aula della Camera al decreto legge sull'Ilva di Taranto. Il testo, approvato a Montecitorio con 430 sì, 49 no e sette astenuti, passa al Senato. Contro il provvedimento hanno votato solo i deputati della Lega, i radicali si sono astenuti.
Il presidente dell'Ilva Bruno Ferrante ha depositato alla Procura della Repubblica di Taranto un piano di interventi immediati di risanamento degli impianti dell'area a caldo sotto sequestro.
Ferrante ha depositato in Procura anche una istanza nella quale si chiede se l'azienda può continuare a produrre, sempre rimanendo in linea con quanto stabilito dal tribunale del riesame che ha confermato il sequestro senza facoltà d'uso degli impianti.
Nel suo piano l'Ilva prevede di coprire i depositi di minerali, considerati tra le fonti prime d'inquinamento a Taranto. La società Paul Wurth è stata incaricata di presentare un sistema per la copertura dei parchi minerari. Gli interventi previsti nei parchi minerali, specifica l'azienda, dovrebbero ridurre le polveri del 70-90%. La società Paul Wurth è leader mondiale nella progettazione di impianti siderurgici.
Prevede investimenti per 400 milioni di euro circa il piano di interventi immediati redatto dall'Ilva e consegnato oggi da Ferrante in procura. La cifra è quella già resa nota ieri dal ministro Corrado Clini.
"Ci auguriamo che il piano e l'istanza vengano valutati positivamente dalla procura e dai magistrati", ha detto Ferrante. "Chiediamo di attuare - ha aggiunto - le decisioni del tribunale del riesame e quindi di seguire la strada che il tribunale del riesame ci ha indicato".
I provvedimenti annunciati ieri dai custodi giudiziari dell'Ilva non implicano la chiusura dello stabilimento: lo ha detto il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini. "Non siamo di fronte alla chiusura ma ad un passaggio del risanamento - ha aggiunto - e mi auguro che con le iniziative del ministero, dei giudici e dell'azienda, si costruisca un percorso concreto. Ho parlato a lungo in modo costruttivo stamattina con il procuratore capo di Taranto".
All'Ilva "è stimabile che servano almeno 3-4 anni pieni per completare tutti gli interventi", ha sottolineato Clini. "Sono interventi imponenti - ha spiegato il ministro - che devono cambiare non solo la pelle ma l'attuale cuore dell'impianto industriale di Taranto".
"Non posso pensare che l'Ilva chiuda. Se ciò accadesse, chiuderebbe mezzo Paese", ha affermato il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, oggi a Genova. "Il problema va affrontato con impegno - ha aggiunto - garantendo il lavoro".
"Allo stato attuale c'é un provvedimento che esclude qualsiasi uso degli impianti ai fini produttivi e dunque noi dobbiamo eseguirlo. Se ci saranno istanze, richieste" da parte dell'azienda "sarà il giudice competente a valutare e decidere". Così il procuratore capo di Taranto Franco Sebastio nel corso di un'audizione in Commissione Ecomafie alla Camera. Le indagini non sono ancora concluse, ha ribadito Sebastio ricordando che sono ben 150 le denunce arrivate alla Procura, tra cui una del sindaco "molto circostanziata", due anni fa. Non possiamo escludere che a parte questi reati di pericolo, e cioé l'inquinamento, il prosieguo delle indagini possano evidenziare anche reati di danno".
"Il presupposto per la bonifica del territorio" di Taranto "é che si sia posta fine alla fonte dell'inquinamento". Sebastio sottolinea che "lo stato non può finanziare il rifacimento degli impianti". Se lo facesse, aggiunge, "non solo andrebbe contro quanto previsto dalla Corte dei Conti ma commetterebbe anche un'infrazione alla legislazione della Ue".
I nuovi dati sulla mortalita' nel sito dell'Ilva di Taranto saranno resi noti il 12 ottobre. Lo ha affermato il ministro della Salute, Renato Balduzzi, arrivando alla conferenza di presentazione del progetto Sentieri. ''Stiamo attendendo conferme relative a tre profili - ha affermato Balduzzi - La prima e' che su un arco di 12 anni c'e' una variazione dell'esposizione per alcune patologie. Inoltre stiamo elaborando i risultati di un monitoraggio biologico per valutare una criticita' relativa ai prodotti caseari. Infine, saranno presentati i risultati di uno studio nazionale sull'inquinamento dei mitili. Tutti questi dati - ha concluso il ministro - dovrebbero essere presentati il 12 ottobre''. (ANSA)
CLINI, NO MISURE FISCALI AD HOC MA INCENTIVI RICERCA -
"Di misure fiscali ad hoc per Taranto sicuramente non ne abbiamo in mente. Invece misure di incentivazione e di investimenti in ricerca e innovazione sì, e queste possono essere riferite anche agli investimenti che Ilva vorrà ancora fare". Lo ha spiegato il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, interpellato a Milano, a margine della firma di un accordo con la maison Gucci, circa il piano presentato dal presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante
Sì dell'Aula della Camera al decreto legge sull'Ilva di Taranto. Il testo, approvato a Montecitorio con 430 sì, 49 no e sette astenuti, passa al Senato. Contro il provvedimento hanno votato solo i deputati della Lega, i radicali si sono astenuti.
Il presidente dell'Ilva Bruno Ferrante ha depositato alla Procura della Repubblica di Taranto un piano di interventi immediati di risanamento degli impianti dell'area a caldo sotto sequestro.
Ferrante ha depositato in Procura anche una istanza nella quale si chiede se l'azienda può continuare a produrre, sempre rimanendo in linea con quanto stabilito dal tribunale del riesame che ha confermato il sequestro senza facoltà d'uso degli impianti.
Nel suo piano l'Ilva prevede di coprire i depositi di minerali, considerati tra le fonti prime d'inquinamento a Taranto. La società Paul Wurth è stata incaricata di presentare un sistema per la copertura dei parchi minerari. Gli interventi previsti nei parchi minerali, specifica l'azienda, dovrebbero ridurre le polveri del 70-90%. La società Paul Wurth è leader mondiale nella progettazione di impianti siderurgici.
Prevede investimenti per 400 milioni di euro circa il piano di interventi immediati redatto dall'Ilva e consegnato oggi da Ferrante in procura. La cifra è quella già resa nota ieri dal ministro Corrado Clini.
"Ci auguriamo che il piano e l'istanza vengano valutati positivamente dalla procura e dai magistrati", ha detto Ferrante. "Chiediamo di attuare - ha aggiunto - le decisioni del tribunale del riesame e quindi di seguire la strada che il tribunale del riesame ci ha indicato".
I provvedimenti annunciati ieri dai custodi giudiziari dell'Ilva non implicano la chiusura dello stabilimento: lo ha detto il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini. "Non siamo di fronte alla chiusura ma ad un passaggio del risanamento - ha aggiunto - e mi auguro che con le iniziative del ministero, dei giudici e dell'azienda, si costruisca un percorso concreto. Ho parlato a lungo in modo costruttivo stamattina con il procuratore capo di Taranto".
All'Ilva "è stimabile che servano almeno 3-4 anni pieni per completare tutti gli interventi", ha sottolineato Clini. "Sono interventi imponenti - ha spiegato il ministro - che devono cambiare non solo la pelle ma l'attuale cuore dell'impianto industriale di Taranto".
"Non posso pensare che l'Ilva chiuda. Se ciò accadesse, chiuderebbe mezzo Paese", ha affermato il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, oggi a Genova. "Il problema va affrontato con impegno - ha aggiunto - garantendo il lavoro".
"Allo stato attuale c'é un provvedimento che esclude qualsiasi uso degli impianti ai fini produttivi e dunque noi dobbiamo eseguirlo. Se ci saranno istanze, richieste" da parte dell'azienda "sarà il giudice competente a valutare e decidere". Così il procuratore capo di Taranto Franco Sebastio nel corso di un'audizione in Commissione Ecomafie alla Camera. Le indagini non sono ancora concluse, ha ribadito Sebastio ricordando che sono ben 150 le denunce arrivate alla Procura, tra cui una del sindaco "molto circostanziata", due anni fa. Non possiamo escludere che a parte questi reati di pericolo, e cioé l'inquinamento, il prosieguo delle indagini possano evidenziare anche reati di danno".
"Il presupposto per la bonifica del territorio" di Taranto "é che si sia posta fine alla fonte dell'inquinamento". Sebastio sottolinea che "lo stato non può finanziare il rifacimento degli impianti". Se lo facesse, aggiunge, "non solo andrebbe contro quanto previsto dalla Corte dei Conti ma commetterebbe anche un'infrazione alla legislazione della Ue".
I nuovi dati sulla mortalita' nel sito dell'Ilva di Taranto saranno resi noti il 12 ottobre. Lo ha affermato il ministro della Salute, Renato Balduzzi, arrivando alla conferenza di presentazione del progetto Sentieri. ''Stiamo attendendo conferme relative a tre profili - ha affermato Balduzzi - La prima e' che su un arco di 12 anni c'e' una variazione dell'esposizione per alcune patologie. Inoltre stiamo elaborando i risultati di un monitoraggio biologico per valutare una criticita' relativa ai prodotti caseari. Infine, saranno presentati i risultati di uno studio nazionale sull'inquinamento dei mitili. Tutti questi dati - ha concluso il ministro - dovrebbero essere presentati il 12 ottobre''. (ANSA)
Argomenti
Balduzzi,
bonifica,
Bruno Ferrante,
Cancellieri,
Clini,
decreto,
ILVA,
parchi minerali,
Wurth
Iscriviti a:
Post (Atom)