Settimana corta per i lavoratori all’insegna del «Lavorare meno, lavorare tutti» e utilizzo dei lavoratori da collocare in cassa integrazione negli interventi mirati ad eliminare tutte le fonti di inquinamento ambientale: è la proposta della Uil di Puglia all’Ilva di Taranto, dopo la decisione di ieri, che porterà alla fermata dell’altoforno 2 dal prossimo 10 maggio.
«Purtroppo non è la sola cattiva notizia – dice il segretario generale della Uil Puglia, Aldo Pugliese – perchè la fermata dell’impianto farà salire anche il numero dei lavoratori in cassa integrazione che passeranno dagli attuali 4.100 a circa 6.700, ai quali dobbiamo aggiungere i lavoratori dell’appalto di cui 2.500sono stati colpiti dalla crisi ed ora subiranno un’altra pesante perdita. Ma alla lista di quelli che hanno perso il lavoro si debbono aggiungere quelli dell’indotto ed i circa mille lavoratori interinali ai quali non è stato rinnovato il contratto di lavoro. In sostanza rimarrà operativo solo l’altoforno 5 su una batteria di cinque altoforni, quattro dei quali mediamente a regime. La produzione di ghisa, di conseguenza, calerà da 26mila tonnellate al giorno a circa 7mila».
«Siamo in presenza di una contrazione del 70% della produzione, che da dieci milioni di tonnellate l'anno passerà a tre». Ancora più grave la questione dei cassintegrati: «Questa novità – dice Pugliese – porta complessivamente fuori dal ciclo produttivo quasi la metà dei circa 13mila addetti dell’impianto. Ma il dato da sottolineare è che quanto sta accadendo sposta l’attenzione da un altro grande problema, che è quello dell’inquinamento ambientale. Facendo riferimento all’impianto di urea utile all’abbattimento delle emissioni inquinanti di diossina, sembrava che si sarebbero risolti tutti i problemi, ma così con è». «Per questo – conclude Aldo Pugliese- invitiamo tutti, azienda enti locali, Regione e governo centrale, a rileggersi l’accordo di programma, che prevede non solo l’abbattimento della diossina A comprenderlo non ci vuole molto: dei parchi minerali, ad esempio se ne discute da trent'anni ma non è cambiato nulla». (La Gazzetta del Mezzogiorno)
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