Una petizione per fermare le ruspe in via Acclavio
«Salvare il Borgo, non toccare il palazzo di via Acclavio»: è questo il titolo di un manifesto per fermare il progetto di demolizione e ricostruzione dell’edificio al civico n. 139. In calce si contano oltre 380 firme. Primi firmatari sono Calogero Cangialosi, Luigi Maggi, Aldo Perrone. «Nel febbraio del 1982 — si legge nel documento — a Taranto si svolse una giornata in onore di Cesare Brandi, il grande critico e storico dell’arte che poco più d’una decina d’anni prima aveva contribuito fortemente a salvare Taranto vecchia dalle ruspe, quindi dall’abbattimento totale. In quell’occasione, attraverso il suo intervento, Taranto sviluppò anche il concetto fondamentale per la sua struttura, di essere una delle poche città italiane a non avere un solo centro storico, ma due: Città vecchia e il Borgo». «Purtroppo — prosegue il documento — dopo uno studio sulla salvaguardia del Borgo ed un certo rallentamento della distruzione dell’importante complesso umbertino, in progressione costante si assiste alla ripresa dell’attentato alla integrità di quest’importante complesso urbano. Nel caso di una reale fatiscenza di un palazzo si è svolto dapprima una sorta di “fascismo all’incontrario”: negli anni Trenta si cambiavano le facciate, ora si lasciano le facciate e si demolisce il corpo, incollandone uno nuovo alla facciata stessa». L’abbattimento dei palazzi rischia «di disarticolare totalmente quanto resta del reticolo umbertino, portando il Borgo a uno snaturamento che non sarà solo architettonico ma fra poco uno snaturamento del tessuto sociale». L’interrogativo: «Ma possibile che ancor oggi, anno 2009, una città italiana consideri sensato abbattere un palazzo dei primi decenni del secolo scorso? Ma il restauro, se ce ne fosse bisogno, non porterebbe nel tempo anche una rivalutazione del valore di questi immobili? Cosa spinge a chiedere, ma soprattutto a concedere queste autorizzazioni ai “rifacimenti”?». (ts)
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