venerdì 12 dicembre 2008

Una "letterina" a Emilio Riva

(IMG Press) vorrà perdonarmi se ardisco indirizzarLe queste righe. Due, le ragioni per cui lo faccio: la prima, in quanto sono pugliese e, da parte Sua, Lei, con le importanti attività imprenditoriali che qui possiede e conduce, costituisce ormai parte integrante e, sotto il profilo economico finanziario, determinante di questa Regione; la seconda, nella mia veste di ragazzo di ieri e, quindi, sotto il profilo anagrafico, pressappoco Suo pari. Sin dai tempi della tenera età, entrambi sappiamo e crediamo che gli ovini – pecore, agnelli, capre e capretti – sono, per antonomasia, l’incarnazione di creature utili, miti e innocenti, veri e propri sostenitori silenziosi di umane esistenze, senza nulla chiedere in cambio, salvo la possibilità di pascolare all’aria aperta e pulita brucando fili di sana erba o, in mancanza, attingendo, negli stazzi o all’interno degli ovili, a mucchi d’erba essiccata al sole. Siamo a conoscenza, altresì, che i modelli di vita non hanno più l’impronta meramente pastorale, non sono incardinati in un unico schema, rappresentato dagli elementi originari e diretti della natura, vale a dire sereno, pioggia, caldo, freddo, vegetazioni o pozze d’acqua o polle sorgive incontaminate. L’instaurazione e l’avanzata di altri molteplici e svariati comparti d’attività hanno, come è ovvio, modificato, se non stravolto, gli equilibri di partenza, tutto avendo una sua propria implicazione; fra il resto, è come se, pian piano, si fosse verificato un vero e proprio marasma in seno all’ambiente e alla salute dell’ambiente. D’altronde, è destino che i viventi debbano fare i conti con le evoluzioni, passare anche attraverso i cambiamenti, sempre serbando, beninteso, il senso e la capacità di valutazione, di individuazione e di rispetto delle priorità. Fatte queste premesse, mi piacerebbe, se mi permette, che ci soffermassimo insieme, per un attimo, sulla vicenda e l’ultimo epilogo concernenti il triste destino del 1600 capi ovini, di proprietà di otto allevatori dell’agro coincidente con la zona industriale di Taranto, risultati contaminati dalla diossina e, perciò, finiti, senza scampo, con la soppressione e la contestuale e radicale eliminazione di ogni loro resto corporeo. Abbiamo appreso che l’operazione ha richiesto, addirittura, un intervento finanziario di 160.000 euro da parte della Regione Puglia, come dire 100 euro per ciascun animale; con il particolare, che solo una minima parte di tale somma sarà, forse, assegnata, a titolo di ristoro del ben maggior danno, ai proprietari dei capi. Veda, ingegnere, io, oltre a essere rimasto colpito dall’infausta e immeritata sorte degli innocenti ovini, sto ora rivolgendo i miei pensieri e lo sguardo ideale a quegli allevatori rimasti senza l’unico mezzo di sostentamento di cui disponevano per loro e per le loro famiglie. Alla stregua di un calzolaio privato del suo desco di lavoro o di un musicante privato dello strumento. Posso pregarLa, ingegnere, di condividere, anzi di far Sua, questa mia vicinanza morale alle otto povere persone? Il Natale e il presepe sono già pronti, fuori dalla grotta stazionano, ancora oggi come agli albori della storia, figure di pecore e di agnelli, mentre, purtroppo, all’esterno di quelle otto “grotte” del Tarantino, non ve n’è più ombra. Ingegnere, lasciando del tutto da parte l’eventuale implicazione o meno delle sue iniziative industriali nei processi di emissioni nocive all’ambiente (ciò, ovviamente, dovrà essere stabilito nelle sedi deputate), vorrei pregarLa, nel modo più riservato e impersonale che saprà sicuramente individuare, di trasformarsi, quest’anno, in uno speciale e generoso Bambinello e di sostenere, come meglio crede, gli sfortunati pastori che hanno perduto le loro greggi. Fiducioso che non rimarrà insensibile a questo appello, La ringrazio sin d’adesso dell’attenzione e di quanto, concretamente, vorrà fare.
Rocco Boccadamo e.mail: rocco_b@alice.it

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