La Gazzetta del Mezzogiorno «Salvaguardare i livelli occupazionali del settore mitilicolo tarantino, fermo restando la necessità di tutela igienico- sanitaria del prodotto e dei consumatori. Pertanto, al fine del prosieguo delle attività e, quindi, del rilascio-rinnovo delle concessioni demaniali degli specchi acquei necessari, considerando sufficiente ed opportuno il sistema dei controlli veterinari sin qui esperito, gli accertamenti ulteriori su eventuali rischi potenziali ai sensi del decreto 468 del 2001 si reputano ampiamente assolti attraverso il sistema dei controlli previsto dalla normativa di settore». E' il passaggio-clou di un documento di Confcooperative sulla problematica del rapporto tra mitilicoltura e impatto ambientale presentato al prefetto. Nel documento si rammentano le varie norme che autorizzano l’intensa attività di mitilicoltura nelle aree di Mar Grande e di Mar Piccolo.
Ma la Regione Puglia, assessorato all’Ecologia, in merito all’iter amministrativo per il rilascio di una concessione demaniale di uno specchio acqueo da utilizzare per l’allevamento di mitili, da parte della Capitaneria di porto di Taranto, fa presente la necessità di verificare che l’area considerata dall’impianto ricada o meno all’interno di un perimetro che definisce l’area interessata dalla dichiarazione di Sito nazionale di bonifica per la città di Taranto. Inoltre la Regione introduce la necessità di alcuni elementi di verifica in merito alla eventuale assoggettamento alla procedura di screening.
In effetti, con decreto del ministro dell’Ambiente del 10 gennaio 2000 viene perimetrata u n’area al cui interno sono presenti un polo industriale di rilevanti dimensioni, con grandi insediamenti produttivi e differenti tipologie di aree. Il territorio perimetrato è compreso nell’area dichiarata «Area ad elevato rischio di crisi ambientale » nel novembre 1990. Ma gli operatori della mitilicoltura - osserva il documento di Confcooperative - non introducono alcun elemento nell’ambiente marino che possa configurare la necessità di un’attività di bonifica e di ripristino ambientale. Se le acque dovessero in futuro risultare non più idonee ad allevare i mitili, gli operatori non potrebbero che rivestire un ruolo di danneggiati. I mitili - viene ulteriormente precisato - che per loro natura essendo filtratori, sono spesso utilizzati come bio-indicatori della qualità ambientale, ai controlli veterinari non hanno sino ad oggi evidenziato situazioni produttive difformi dai parametri previsti dalle normative vigenti. [M.R.G.]
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