venerdì 12 dicembre 2008

Ragioniamoci su...


Un morto all'Ilva, Taranto si ferma

(Repubblica) La morte si sposta nell´indotto dell´Ilva.
Un pianeta incredibilmente multietnico. In cui spuntano lavoratori bulgari, rumeni, nigeriani e portoghesi. Quasi sempre ingaggiati con contratti a termine. Contratti con i quali provano a sbarcare il lunario, nella speranza di non rimetterci la pelle. L´anno nero dello stabilimento tarantino ha i tratti delle tre vittime che hanno perso la vita mentre lavoravano all´ombra delle ciminiere della fabbrica dell´acciaio. Nessuno di loro aveva le insegne dell´Ilva stampate sulla tuta verde di lavoro. Ma respirando i fumi e le polveri della grande azienda, hanno scontato i pericoli che si annidano nei tubifici e nelle acciaierie.
La tragica morte dell´operaio polacco Jan Zygmunt Paurowicz, ricorda la tragedia dell´operaio albanese Gjoni Arjan. Anche lui lavoratore in una terra straniera era giunto in riva allo Ionio per assicurarsi lo stipendio. Morì precipitando da un capannone. Aveva addosso la cintura di sicurezza, ma era slacciata, quindi inutile. Era solo lo scorso 21 aprile.
Tre mesi dopo, l´1 luglio, la morte bussò ancora una volta in Ilva. La tragedia si materializzò in maniera incredibile, stroncando la vita di Antonio Alagni, operaio tarantino di 45 anni, dipendente una piccola impresa napoletana. Era sul posto di lavoro quando venne centrato alla testa dal gancio di una gru. Il pezzo si staccò in maniera imprevedibile dall´impianto e cadde addosso alla vittima da cinque metri. Un proiettile di oltre cinquanta chili che non diede scampo allo sfortunato lavoratore. Anche allora, come oggi, i sindacati dei metalmeccanici proclamarono ventiquattro ore di sciopero. E a tornare ossessivamente sono le stesse richieste.

Si invoca maggiore controllo nel mondo delle imprese dell´appalto e del subappalto. Si invocano tavoli di confronto per ottenere anche nelle aziende esterne gli standard di sicurezza che hanno consentito di abbassare del 40% gli infortuni in Ilva. Una percentuale che, però, riguarda solo i dipendenti diretti del siderurgico. Si vuole scandagliare, insomma, quel pianeta in cui i lavoratori troppo spesso sono ombre e la formazione è una chimera. E la rabbia tra gli operai serpeggia e divampa ogni volta che un compagno muore, ingoiato dal gigante dell´acciaio.

"Dalla privatizzazione abbiamo assistito ad una progressiva terziarizzazione dei servizi all´interno dello stabilimento" - racconta Massimo Battista, ex delegato Ilva della Fiom Cgil. Nel siderurgico è conosciuto per le sue battaglie che lo hanno spesso contrapposto all´azienda. Non si contano i provvedimenti disciplinari che ha collezionato. Venne anche licenziato, con altri otto colleghi, dopo una specie di ammutinamento in acciaieria. "Anche allora era in ballo la sicurezza", taglia corto. Poi è rientrato nei ranghi delle tute verdi.
"La mancanza di sicurezza nell´indotto è facilmente spiegabile. In realtà l´Ilva affida appalti ad aziende che a loro volta ricorrono in regime di subappalto a piccole imprese. Da questa catena - aggiunge - saltano fuori lavoratori di tutte le etnie e la cui preparazione per affrontare i rischi è inesistente. Oggi in Ilva vediamo girare tantissimi portoghesi, rumeni, nigeriani e bulgari. Una ditta che si occupa di manutenzione - rivela Battista - ha assunto ottanta rumeni con contratto sino a febbraio Non si conosce come siano stati formati. Si parla tanto di controlli, ma questi lavoratori non li controlla nessuno e vengono utilizzati solo in nome della produzione e del risparmio".
Dichiarazioni durissime che trovano più di una sponda nei commenti che si sono rincorsi dopo la tragedia della scorsa notte. A cominciare dalle dichiarazioni rilasciate dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Il governatore ha espresso il cordoglio suo e della giunta ai familiari della ennesima vittima ma soprattutto è tornato a chiedere leggi e controlli più severi. "Ancora una volta - ha detto Vendola - un lutto colpisce i lavoratori dell´appalto. Siamo consci che il problema della grande industria tarantina non potrà essere risolto solo con annunci e proclami, ma con l´analisi rigorosa delle cause degli incidenti e delle criticità ambientali e con l´introduzione e il rispetto di rigorose legislazioni"

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