venerdì 12 dicembre 2008

"L'Ilva uccide"


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L'Ilva uccide. Per il colosso dell'acciaio si può perdere la vita. In un duplice angosciante senso. Sia per la quantità di emissioni inquinanti che essa produce, soprattutto nella città di Taranto, contaminando territorio e aria ed esponendo la popolazione locale, insieme a chi lavora nella fabbrica, a danni per la salute che, spesso, si traducono in una condanna senza appello, come il carcinoma. Sia perché l'azienda non sembra aver fatto della sicurezza e dell'anti-infortunistica il suo fiore all'occhiello, contando dall'inizio dell'anno ben 3 tre decessi durante l'attività di lavoro. L'ultimo dei quali proprio in queste ore.

Un omicidio "bianco" che porta il nome di Paurovic Zigmontian, operaio di 54 anni di origine polacca colpito da un pezzo ancorato ad una gru che si è improvvisamente staccato abbattendosi sull'uomo e facendolo precipitare dall'altezza di 14 metri. Zigmontian stava lavorando nell'area dell'altoforno 4 ed era al suo ultimo giorno di lavoro nello stabilimento tarantino. Non era un dipendente dell'Ilva ma un impiegato della ditta di origine belga Pirson Montaggi, dunque un lavoratore d'appalto, dunque un lavoratore straniero.

Due costanti negli incidenti "bianchi", che fanno rabbrividire quando si sente parlare, come accade in queste settimane, della volontà di Confindustria e Governo di arrivare a mettere mano al Testo unico sulla sicurezza e la salute nell'occupazione per sterilizzarlo. Un passaggio specifico, almeno stando ad un documento degli industriali che già sarebbe in circolazione sulle scrivanie dei ministeri, è infatti dedicato proprio alla necessità - tutta loro, tutta di parte- di cancellare la norma che prevede che la responsabilità del datore di lavoro si estenda su tutta la catena degli appalti, eccezion fatta per quelli "di una certa consistenza". Formula quest'ultima molto generica di cui non si capisce - o meglio lo si capisce e come- il senso. Senso che suona più o meno come il "mani libere" alle imprese di parcellizzare sempre più il lavoro, soprattutto nel settore edile dove la catena degli appalti e delle commissioni è un tratto caratteristico che, spesso, impedisce la ricostruzione chiara delle responsabilità e dei ruoli quando accadono le tragedie nei cantieri.

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Marzia Bonacci (Aprileonline)

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