mercoledì 10 dicembre 2008
L'amarezza di Enzo
«Questa storia è paradossale. Abbiamo subito un torto da chi ha avvelenato gli animali. Per tutta risposta massacrano le nostgre greggi e di fatto tolgono la vita anche a noi». Gronda rabbia dalle parole di Enzo Fornaro. Con suo padre Angelo gestisce la masseria Carmine, arroccata nelle campagne vicine al quartiere Paolo VI. L’antica masseria, le stalle e gli ovili sono tutta la vita di questa famiglia. Per anni hanno allevato le loro capre e le loro pecore nonostante gli imponenti impianti dell zona industriale siano davvero ad un tiro di schioppo. Dalle finestre della sua stanza, Enzo scruta ogni mattina le minacciose ciminiere dell’Ilva e le torri torcia della raffineria. «Ammazzano gli animali - continua l’allevatore - ma è tutto inutile. Perchè se le greggi sono state avvelenate e la causa di questo non viene eliminato, il massacro non serve a niente. Paradossalmente - aggiunge - noi potremmo allevare altri animali qui nella nostra masseria. Nessuno lo vieta e non c’è legge che potrebbe vietarcelo. Ma di fatto non possiamo continuare il nostro lavoro perchè abbiamo la certezza che gli animali farebbero la stessa fine. In realtà ammazzando loro stanno contemporaneamente condannando a morte anche noi». Ed in realtà l’allevamento dei Fornaro così come gli altri colpiti dall’ emergenza diossine, è praticamente fermo da mesi. «Siamo riusciti ad andare avanti con quel poco che avevamo messo da parte. Ma ora non sappiamo davvero cosa aspettarci da un futuro che si annuncia nero». Nero come gli sbuffi delle ciminiere.
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