In risposta all'Amaca di Michele Serra apparsa su La Repubblica del 12-03-2014 (vedi il nostro post).
Gentile Michele Serra, sono anni che la seguo. Mi piace il suo modo di
scrivere, la sua ironia, il sarcasmo che spesso usa per descrivere
paradossi e contraddizioni; ammiro molto la sua capacità di ridurre in
pochissime battute ciò che pensa delle tragicommedie italiane. Consideri
che la sua "amaca" è il primo pezzo de La Repubblica che leggo ogni
giorno, da diversi anni a questa parte. Non posso fare a meno di notare
tuttavia quanto poco lei sappia della questione ambientale a Taranto, e
Il 3 (o forse il 4) agosto di due anni fa ne ebbi la prima conferma.
Nell' "amaca" di quel giorno lei sosteneva che un gruppo di facinorosi
ultrà aveva interrotto in modo violento e antidemocratico un comizio dei
sindacati che, riunitisi in piazza della Vittoria, intendevano parlare
ai lavoratori; quegli stessi lavoratori che stavano vivendo i primi
momenti di tensione tra la dirigenza Ilva e la Procura di Taranto. Disse
che non si poteva dar credito ad un gruppo di violenti che intendevano
imporre la propria voce su quella di chi, per statuto, era delegato a
parlare. Gentilissimo Signor Serra, lei ignorava che tra quei facinorosi
c'erano liberi cittadini, studenti, medici, malati e anche operai. Si
fece ingannare dai loro modi, perché evidentemente non sapeva che una
delegazione di quei cittadini e lavoratori liberi e pensanti aveva
chiesto in maniera del tutto democratica di poter parlare da quel palco.
Quei "facinorosi" volevano confrontarsi con le tre sigle sindacali che,
nel corso degli anni, nulla avevano fatto per difendere i loro diritti:
come risposta ottennero un categorico rifiuto. L'occupazione di quella
piazza fu un atto spontaneo e, se permette, anche dovuto; non ci fu
violenza e i segretari confederali preferirono la fuga al confronto.
Da allora, quei cittadini e quei lavoratori hanno cominciato un percorso
di lotta non violento che chiaramente non è stato mai preso sul serio;
ma si sa: in Italia se non volano sanpietrini o molotov, se non si
provoca nessuna carica della polizia, è difficile che qualcuno si
impegni a dar voce al dissenso. Oggi, leggendo la sua "amaca" (questa
volta non più come primo pezzo della giornata), scopro che lei poco sa
anche di Antonia Battaglia, donna tarantina impegnata in politica e
nella difesa dei diritti fondamentali, quelli legati all'esistenza e
alla possibilità di respirare aria invece che diossina. Lei le dà della
ottusa pacifista e le addossa la responsabilità di frantumare quel poco
di sinistra che è rimasto nel Paese e nel nascente movimento europeo di
Tsipras. Ci tengo a farle notare che gli atti della signora Battaglia
seguono esclusivamente la logica della coerenza; questa donna, infatti,
rappresenta una collettività che proprio nel suo impegno politico ripone
le ultime speranze. È, fuori d'ogni dubbio, impossibile, come la stessa
Battaglia afferma, sedersi accanto a chi fino ad oggi ha rifiutato ogni
tipo di responsabilità nella questione ambientale a Taranto; a chi ha
deriso un giornalista che, nell'esercizio della sua funzione, si è visto
strappare di mano il microfono da un alto dirigente Ilva; a chi non ha
minimamente provato vergogna e, al contrario, ha sentito il bisogno di
alzare la cornetta del telefono per congratularsi con l'autore di un
gesto del genere, quello sì antidemocratico. Quello che lei rimprovera
alla signora Antonia Battaglia è per me e per i miei concittadini solo
ed esclusivamente motivo di orgoglio; Antonia sa che prima di tutto deve
rendere conto al popolo che rappresenta, sa di credere nel proprio
lavoro; e nella propria ferma volontà di risolvere un dramma che fa
registrare giorno dopo giorno nuovi casi di tumori e leucemie. Chiudo
questo breve appunto invitandola a visitare la mia città, magari il
primo maggio "festa" dei lavoratori, e a constatare di persona che aria
vi si respira e a incontrare, una volta per tutte, la rabbia di chi si
sente impotente e ignorato da una sinistra che fa della giustizia
sociale soltanto una bandiera sbiadita dietro cui nascondersi.
Michele Riondino -
cittadino e lavoratore libero e pensante - 15 marzo 2014
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