Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, su
cui la Procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio per
concussione. I sindacati, simbolo della difesa dei lavoratori hanno
fatto spallucce. Un Ministro dell’Ambiente, l’allora Stefania
Prestigiacomo, che delle denunce fatte dai NOE nel 2011 ha preferito
l’omertà. Ultimo anello di questo disastro ambientale è quello dei Riva
che in nome del dio denaro hanno svenduto una città, falciandola con
mortalità e malattie. Eppure Taranto non si arrende: «Le nostre paure
sono intuibili però la paura si trasforma in coraggio. Taranto vuole
cambiare e sta cambiando» ci dicono con speranza i cittadini.
Maria Cristina Giovannitti - Taranto
risorgerà dalle ceneri di una politica sporca, tossica come il fumo
degli altiforni dell’Ilva. Una città di mare e cultura dalla quale,
purtroppo, si fugge per non morire, per non ammalarsi: secondo la legge n.171 del 4/10/2012 Taranto è definita “area di crisi industriale complessa”.
STORIA DELL’ILVA – Protagonisti indiscussi sono stati gli zar della più grande acciaieria d’Italia: Emilio Riva, padre e presidente della Società, e Nicola figlio ed ex direttore. I due industriali hanno reso l’Ilva il mostro di Puglia, motivo per cui insieme a Luigi Capogrosso ed altri 5 dirigenti sono stati arrestati nel luglio 2012
dopo un’inchiesta condotta dalla Procura di Taranto, per disastro
ambientale. Nell’agosto 2012 altre 13 persone vengono accusate di
concussione e corruzione. Non finisce qui perché i due zar dell’acciaio, nel 2010, hanno trasferito 100 milioni di euro guadagnati attraverso l’Ilva, direttamente nelle casse della holding lombarda, la Riva FIRE.
LO STATO CHE AVVELENA: NICHI VENDOLA E STEFANIA PRESTIGIACOMO – Assurda l’omertà politica, paradossale il silenzio dei sindacati. Era il 2011 – quando il caso Ilva non era ancora salito agli albori della cronaca – e i
NOE stilano il Rapporto sull’alto tasso di inquinamento a Taranto,
oltre che denunciano le centinaia di “irregolarità” legate allo
stabilimento. Questa relazione sembra essere finita con indifferenza nel cassetto della scrivania dell’allora Ministro all’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Insieme a questo dossier, i NOE avrebbero esposto il problema anche con dei video: dal
1 aprile al 10 maggio 2011 sono stati segnalati 121 fenomeni di
fuoriuscita di ossido di ferro dagli altiforni, sostanza altamente
cancerogena. Ha fatto spallucce anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, su cui la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per concussione. E’ lo stesso oncologo ed ematologo Patrizio Manzo, direttore di Ematologia presso la Asl Taranto 01, ex consigliere regionale a rivelare – in un’intervista a Radio Radicale – come nel 2008, segnalando a Nichi Vendola la criticità sanitaria provocata dall’Ilva, ha ricevuto come pronta risposta dal Presidente della Puglia: «Faremo una legge sulla diossina ma ci troviamo di fronte a poteri forti».
I DATI DELLA MORTE – Non sono solo numeri, sono vite. Spesso però i numeri servono per renderci conto della gravità: nel Rapporto
stilato dall’Istituto Superiore di Sanità tra il 2003 e il 2009 nelle
donne i tumori al seno e all’utero sono aumentati vertiginosamente
passando dal 24 al 100%. Per gli uomini il tumore al polmone è cresciuto fino al 50%.
Per quanto riguarda i livelli di diossina nel sangue, per coloro che
vivono nei pressi dello stabilimento – come succede per il quartiere
Tamburi, uno dei più lacerati della città – la presenza è maggiore
rispetto agli altri. La tragedia nella tragedia è dichiarata
candidamente nella Relazione di Edo Ronchi: al termine dei lavori di risanamento ambientale: a Taranto i livelli di CO2 non diminuiranno, al massimo solo la diossina si ridurrà del 50%.
NON CI SONO SOLDI PER RISANARE L’AMBIENTE - I soldi stanziati non sono sufficienti per disintossicare Taranto. Il 26 luglio 2012 viene varato un protocollo d’intesa tra la Regione Puglia, gli Enti Locali e le Autorità portuali e vengono stanziati 336,7 milioni di euro
– di cui 329,7 milioni sono fondi pubblici mentre 7,2 milioni di euro
sono privati della TCT Spa. Questo budget deve essere tripartito tra
bonifiche ambientali – a cui sono destinati 119 milioni di euro –
attività portuali – per un totale di 187 milioni – e politiche per il
rilancio dell’economia della città – circa 30 milioni. Eppure il finanziamento è insufficiente per una riqualifica adeguata, situazione economica peggiorata dal patto di stabilità che vincola la Regione Puglia.
STORIA DI TARANTINI CORAGGIOSI – La città si desertifica, le attività commerciali chiudono, tantissimi i lavoratori dell’Ilva in cassa integrazione e i livelli di disoccupazione in città sfiorano il 60%. Eppure Taranto vuol respirare, perché non c’è solo l’Ilva, la raffineria ENI, la Cementir o le discariche sequestrate. A Taranto c’è cultura, c’è la vita dei tarantini e la loro speranza. Lo dimostra la pagina face book “Taranto senza l’Ilva: un sogno possibile”: ce ne parla l’amministratore e cittadino tarantino.
Oggi come si vive a Taranto?
A Taranto attualmente si vive nell’incertezza, la città è dinnanzi ad
un bivio, deve decidere quale strada intraprendere e quale futuro
prospettare ai propri cittadini, magari diverso da quello della
monocultura dell’acciaio.
Un’economia al tracollo, un disastro ambientale e intanto la gente decide di andarsene. La città si sta spopolando?
La disoccupazione giovanile è
arrivata quasi al 50% , dato peraltro che si avvicina alla percentuale
nazionale. Una situazione davvero sconfortante che necessita di una
sterzata immediata per invertire la tendenza.Il
disastro ambientale è oggi oggetto dell’inchiesta e del procedimento
penale avviato dalla magistratura, la quale mette sotto accusa la
famiglia Riva e i dirigenti che si sono avvicendati nella conduzione, in
stile ottocentesca, della più grande industria siderurgica d’Europa,
qual è l’Ilva di Taranto. Ovviamente a questa situazione non si sarebbe
arrivati se non vi fosse stata la connivenza della politica e del
sindacato che hanno chiuso gli occhi dinnanzi ad una gestione folle
della fabbrica, irrispettosa dell’ambiente e della salute dei cittadini e
soprattutto degli operai della stessa industria. Non a caso sul banco
degli imputati vi è il Governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola
nei confronti del quale la Procura ha richiesto il rinvio a giudizio per
concussione aggravata. Tanta gente va via ma molti giovani rimangono
proprio sulla base della consapevolezza che la nostra meravigliosa città
potrà rinascere solo se tutti decidono di rimboccarsi le maniche e
remare nella stessa direzione.
E’ una delle città che ha il maggior numero di morti e percentuale di malati. Quali sono le vostre paure?
Le nostre paure sono intuibili però
se la paura rimane tale e non si trasforma in coraggio e voglia di
cambiare, le cose rimarremo sempre al punto di partenza. Taranto vuole
cambiare e sta cambiando
In qualità di cittadini di Taranto, cosa vi aspettate per il futuro di questa città?
I cittadini di Taranto vogliono uscire dalla monocultura dell’acciaio.Come
cittadino pretendo la chiusura dell’area a caldo (area più inquinante)
dell’Ilva di Taranto, come è già accaduto a Genova, a causa dei medesimi
problemi ambientali ,inoltre la riconversione dell’industria e la
bonifiche dell’area inquinata sulla base del principio cardine
stabilito dall’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
Europea che afferma : “chi inquina paga”. Taranto non è solo Ilva ma è
soprattutto altro. A Taranto è presente un museo archeologico nazionale,
nel quale è possibile osservare i famosi “Ori di Taranto” e “L’atleta
di Taranto” reperti unici nel loro genere ed espressione dei fasti della
Taranto, capitale della Magna Grecia. Inoltre abbiamo il castello
aragonese, le isole cheradi, una litoranea ed un mare fantastico, un
clima mite tutto l’anno. Taranto vuole sfruttare la sua vocazione
turistica, vuole cambiare.
Tanta positività in queste parole nonostante, in ordine di tempo, l'ultimo decesso in città è di un bambino di 5 anni, morto a causa di un tumore al cervello. (ArticoloTre)
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