In riferimento al punto terzo all’o.d.g del Consiglio regionale del 25 febbraio inerente il dibattito sull’informativa del Governo regionale sulla gestione dell’Acquedotto pugliese e la mozione Maniglio del 20/01/2009 “Ristrutturazione dell’attuale assetto proprietario” che, fra l’altro, contempla l’entrata di un socio privato e, in riferimento all’Ente Irrigazione, prevede un suo definitivo superamento in favore di una società partecipata dalle Regioni e dallo Stato.
Si fa presente al Consigliere Maniglio e alla cittadinanza che: la forma della Società per Azioni, dovunque applicata, ha aumentato le tariffe e peggiorato il servizio; non ha garantito il risparmio idrico e condizioni di lavoro dignitose poiché, come tutte le imprese regolate dal diritto privato, ha come obiettivo il profitto. Non esiste alcuna impresa di diritto privato che non abbia avuto i comportamenti di cui sopra. Da qui consegue che nessuna impresa privata è in grado di garantire il diritto inalienabile all'acqua potabile.
Diverse amministrazioni fra cui anche quelle governate da giunte di centro sinistra e governate, dunque, dal PD (fra cui anche il Comune di Bari e il Sindaco Emiliano che del PD Puglia è segretario) hanno sottoscritto con delibera la legge di iniziativa popolare che prevede la RIPUBBLICIZZAZIONE DEI SERVIZI IDRICI, ovvero la TRASFORMAZIONE di tutte le SpA in Enti di Diritto Pubblico (Aziende Speciali,...) a partecipazione sociale. Senza contare le numerose e diverse giunte (fra cui anche quelle PD) che fanno parte del Coordinamento pugliese per la Ripubblicizzazione dei Servizi Idrici (che oggi comprende 41 Enti Locali, fra cui le Province di Bari e Lecce, i Comuni di Bari e Foggia).
Non ha senso, neanche semantico, parlare (come fa il Consigliere Maniglio) della "tutela e valorizzazione dell'acqua come bene comune" e poi affidare la gestione a privati....Se l'ACQUA E' UN BENE COMUNE, questo significa che deve essere gestita da enti "COMUNI" (cioè pubblici, con partecipazione sociale), nell'interesse COMUNE e non PRIVATO...altrimenti è una contraddizione in termini, ovvero una presa in giro. Inoltre, una SPA non è considerata dal nostro ordinamento un "soggetto pubblico" (come lui sostiene) e pertanto non può garantire "il carattere pubblico e inalienabile della risorsa acqua". Con specifico riferimento al secondo punto, al posto di impegnare "con ogni tempestività il Governo nazionale, di intesa con la Regione Basilicata, sulla necessità di provvedere al definitivo superamento dell'Ente Irrigazione - Ente pubblico statale in favore della società partecipata dalle Regioni" (ovvero SpA), e di "avviare un confronto con il governo nazionale in riferimento ai regolamenti di attuazione dell'art. 23 bis della L. 133/2008", si dovrebbe pensare, piuttosto, di chiedere l'IMPEGNO della Regione a presentare alla Corte Costituzionale un ricorso di incostituzionalità contro l'art. 23 bis della L. 133/2008 che definisce i servizi idrici, come tutti gli altri servizi pubblici locali, di rilevanza economica. Si ricorda che in questo senso hanno già agito tre regioni (Liguria, Piemonte ed Emilia Romagna).
Per approfondimento: Nel testo della mozione, il Consigliere Maniglio definisce gli aumenti di tariffa "IMPROPRI". A tale riguardo si evidenzia che tali aumenti sono determinati proprio dall'attuale forma giuridica dell'acquedotto, ovvero SpA. Infatti, alle società per azioni (e non agli enti di diritto pubblico) viene applicato il criterio del Full Recovery Cost (per quanto riguarda l'Italia, previsto dalla Legge "Galli") che prevede, per l'appunto, che sulla tariffa sia applicato oltre al costo dei servizi, anche quelli per gli investimenti e la remunerazione del capitale. Questo spiega, in parte, anche perché l'Ing. Monteforte (amministratore unico di AQP) abbia potuto minacciare di bloccare gli investimenti a fronte di un mancato aumento delle tariffe (anche se nell'ultima settimana, sembra abbia raggiunto un accordo con l'ATO)
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