sabato 28 febbraio 2009
USA i rifiuti!
ora degli Stati Uniti.
E' lui che sta proponendo le nuove tecnologie per la gestione dei rifiuti e per la produzione di energia rinnovabile che i nostri politici ancora ignorano, mentre nel resto del mondo stanno già applicando.
Probabilmente se chiedessimo ai nostri politici locali chi è Dan Kammen non ci saprebbero
nemmeno rispondere.
Vi segnaliamo quella chicca che sta alla fine dell'articolo ossia l'ultima risposta all'ultima domanda. Inoltre gli scienziati specializzati sul clima di tutto il mondo, fra cui il professor Dan Kammen di Berkeley, si riuniranno a Copenaghen dal 10 al 12 marzo 2009 per dare l'input del mondo scientifico ai governanti e ai politici, prima che il nuovo accordo sul clima venga preso durante la conferenza delle Nazioni Unite sul
cambiamento climatico di Copenhagen, che si svolgerà nel mese di dicembre 2009.
Le scoperte verranno pubblicate in un rapporto sintetico che presenterà le ultime informazioni sul cambiamento climatico, e ciò che è possibile fare a tale proposito. Il rapporto verrà dato a tutti i partecipanti alla prossima conferenza delle Nazioni Unite di dicembre sul cambiamento climatico.
Sarebbe già un buon risultato se nostri politici vorranno leggerlo?
Allo stremo gli allevatori del Tarantino: si attendono risposte urgenti dal governo
Allegato B
Seduta n. 112 del 12/1/2009
TESTO AGGIORNATO AL 15 GENNAIO 2009
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI e MECACCI. -
il quotidiano Liberazione nella sua edizione del 2 gennaio 2009 ha pubblicato un lungo articolo della giornalista Angela Mauro, intitolato: «Diossina, abbattuti un migliaio di capi. Allo stremo gli allevatori del Tarantino.
Mattanza per l'inquinamento dell'Ilva, viaggio nella masseria della famiglia Fornaro: 504 tra pecore e capre finite al mattatoio»;
nel lungo articolo si riferisce che «i camini del gigante siderurgico dei Riva di Taranto diffondono da anni emissioni nocive "a ombrello": cioè su tutto il territorio circostante. Non solo morti sul lavoro, positivo ai controlli dell'Arpa il bestiame dell'area»;oltre al bestiame della famiglia Fornaro, «sono stati abbattuti altri 700 capi circa, individuati dalla procura di Taranto sulla base dei
test dell'ARPA sul latte e il grasso degli animali. È la prima volta che accade. E adesso i Fornaro e le altre due aziende più colpite (quelle dei Quaranta, 330 capi abbattuti, e quella degli Sperti, 130 capi) non sanno più che pesci prendere;
la famiglia Fornaro ha indirizzato al Ministro Fitto una lettera aperta nella quale si sostiene: «Vediamo un governo che prima contesta la realtà del problema relativizzando i dati raccolti dall'ARPA, poi si eclissa completamente, e oggi, usando il pretesto della crisi economica permette di porre in secondo piano la vita, la salute, il futuro e paradossalmente il lavoro, proprio quel lavoro che ci si vanta di preservare»
se quanto riferito nell'articolo corrisponda al vero;
in caso affermativo quali urgenti provvedimenti si intendano adottare;
che risposta intendano dare le istituzioni alla lettera aperta scritta dalla famiglia Fornaro qualche giorno prima di Natale.
(4-01995)
venerdì 27 febbraio 2009
CACCIA APERTA
una lista di orrori senza fine.
Dalla Commissione Territorio e Ambiente del Senato della Repubblica parte in questi giorni uno dei più gravi attacchi alla Natura, agli animali selvatici, ai parchi: un disegno di legge di totale liberalizzazione della caccia. E' firmato dal senatore Franco Orsi (PDL).
Animali usati come zimbelli, caccia nei parchi, riduzione delle aree protette, abbattimenti di orsi, lupi, cani e gatti vaganti e tante altre nefandezze.
La legge 157/1992, l’unica legge che tutela direttamente la fauna selvatica nel nostro Paese, sta per essere fatta a pezzi. Ecco la lista degli orrori:
Sparisce l’interesse della comunità nazionale e internazionale per la tutela della fauna.
L’Italia ha un patrimonio indisponibile, che è quello degli animali selvatici, alla cui tutela non è più interessato!
Scompare la definizione di specie superprotette.
Animali come il Lupo, l’Orso, le aquile, i fenicotteri, i cigni, le cicogne e tanti altri, in Italia non godranno più delle particolari protezioni previste dalla normativa comunitaria e internazionale.
Si apre la caccia lungo le rotte di migrazione.
Un fatto che arrecherà grande disturbo e incentiverà il bracconaggio, in aree molto importanti per il delicatissimo viaggio e la sosta degli uccelli migratori.
Totale liberalizzazione dei richiami vivi
Cosa sono i richiami vivi? Gli uccelli tenuti “prigionieri” in piccolissime gabbie per attirarne altri. Già oggi questa pessima pratica è consentita, seppure con limitazioni. Ma il senatore Orsi vuole liberalizzarla totalmente. Sarà possibile detenerne e utilizzarne un numero illimitato.
Spariranno gli anelli di riconoscimento per i richiami vivi. Sarà sufficiente un certificato.
Tutte le specie di uccelli, cacciabili o non cacciabili, potranno essere usate come richiami vivi.
700 mila imbalsamatori
I cacciatori diventeranno automaticamente tassidermisti, senza dover rispettare alcuna procedura. Animali uccisi e imbalsamati senza regole. Quanti bracconieri entreranno in azione per catturare illegalmente animali selvatici e imbalsamarli?
Mortificata la ricerca scientifica
L’Autorità scientifica di riferimento per lo Stato (l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, oggi ISPRA) rischia di essere completamente sostituta da istituti regionali.
Gli istituti regionali rilasceranno pareri su materie di rilevanza nazionale e comunitaria.
Potenziale impossibilità di effettuare studi, ricerche e individuazione di standard uniformi sul territorio nazionale.
Si apre la caccia nei parchi a specie non cacciabili.
Un’incredibile formulazione del Testo Orsi rende possibile la caccia in deroga (cioè la caccia alle specie non cacciabili) addirittura nei Parchi e nelle altre aree protette!
Saranno punite le regioni che proteggono oltre il 30% del territorio regionale!
Norma offensiva! Chi protegge "troppa" natura sarà punito. Come se creare parchi dove la gente e gli animali possano vivere e muoversi sereni, fosse un reato!
Licenza di caccia a 16 anni.
Invece che educare i ragazzi al rispetto, ecco a voi i fucili!
Liberalizzato lo sterminio di lupi, orsi, cervi, cani e gatti vaganti eccetera!
Un articolo incredibile, che dà a i sindaci poteri di autorizzare interventi di abbattimenti e eradicazione degli animali, in barba alle più elementari norme europee. Basterà che un singolo animale “dia fastidio”.
Un vero e proprio Far West naturalistico.
Leggi regionali per cacciare specie non cacciabili.
Non sono bastate quattro procedure di infrazione dell’Unione europea, non sono bastate due sentenze della Corte Costituzionale. Il senatore Orsi regalerà a Veneto e Lombardia, ovvero agli ultrà della caccia, la possibilità di continuare a cacciare specie non cacciabili, e di farlo con leggi regionali. E le multe europee le pagheremo noi!
Caccia con neve e ghiaccio.
Si potrà cacciare anche in presenza di neve e ghiaccio, cioè in momenti di grandi difficoltà per gli animali a reperire cibo, rifugio, calore.
Ritorno all’utilizzo degli uccelli come zimbelli!
Puro medioevo! Le civette legate per zampe e ali e utilizzate come esca!
Ridotta la vigilanza venatoria.
Le guardie ecologiche e zoofile non potranno più svolgere vigilanza! Nel Paese con il tasso di bracconaggio tra i più alti d’Europa, cosa fa il Senatore Orsi? Riduce la vigilanza!
Cancellato l’Ente Nazionale Protezione Animali dal Comitato tecnico nazionale.
Le associazioni ambientaliste presenti nel Comitato sulla 157 saranno ridotte da quattro a tre. L’ENPA, storica associazione animalista italiana, viene del tutto estromessa.
E altro, tanto altro ancora.
Leggi la lettera delle associazioni al Sen. Orsi.
L'acqua pugliese è ancora pubblica...grazie ai cittadini!
Fuori dal Consiglio c'erano circa 40 persone in rappresentanza del Comitato pugliese, presenti già di prima mattina per "intercettare" i Consiglieri e gli Assessori e, soprattutto, informare i cittadini su quello che stava per accadere in Consiglio (al quale alcuni di noi sono riusciti ad assistere, poiché le sedute non sono accessibili alla cittadinanza).
Risultati di questa "strana" mattina:
- ci sono stati due interventi (Consigliere Bonasora, ex IDV, poi PD; Consigliere Borracino, PCI) che hanno richiamato e sostenuto con decisione e forza le posizioni del Forum Pugliese;
- il Presidente Vendola ha ringraziato il Consigliere Maniglio di aver aperto la discussione sull'argomento e dopo aver ribadito che "l'acqua è un diritto e un bene comune e non una merce" ha detto, in sostanza, che nel 2005 "non ci potevamo permettere il lusso di decidere sulla proprietà e la forma giuridica" mentre oggi si SENTE PRONTO ad AFFRONTARE una DISCUSSIONE CONCRETA e di ANDARE AL CONFRONTO CON LA SOCIETA' Pugliese. Ha concluso, quindi, chiedendo il ritiro della Mozione Maniglio (presto sarà disponibile la sua dichiarazione integrale).
- il Consigliere MANIGLIO ha RITIRATO la Mozione.
E' il secondo atto che viene ritirato (dopo il disegno di legge per l'istituzione dell'AGENZIA per il governo pubblico dell'acqua) nel giro di qualche mese, ma SIAMO STANCHI di "attivarci" affinché la situazione "non peggiori", vogliamo che la situazione faccia dei passi in avanti e che le dichiarazioni a sostegno dell'ACQUA come BENE COMUNE non si fermino alle dichiarazioni di principio ma che a queste seguino i fatti.
Accogliamo con stupore ed interesse le dichiarazioni del Presidente Vendola, auspicando che si apra il CONFRONTO nel più breve tempo possibile.
Noi siamo pronti già dal 2005.
Comitato Pugliese "Acqua Bene Comune"
Autocertificazione Ilva
Questo documento è attualmente nella documentazione AIA, liberamente scaricabile.
Hanno misurato fino a 9 microgrammi/mc di mercurio all'agl2, fanno oltre 200 chili all'anno da un solo camino.
Oltre che 400 chili di arsenico, quasi una tonnellata di cromo (non esavalente, ma una parte lo diventa nell'ambiente per ossidazione) etc
...E questi sono dati sperimentali prodotti da loro.
Cert Metalli Ilva
Ilva: O si investe oggi o si chiuderà domani!
"Un’azienda che non innova nelle tecnologie di processo è un’azienda che non ha futuro perché la tecnologia non garantisce soltanto l’eliminazione di determinati agenti inquinanti ma stabilisce un aumento della produttività e della redditività «Ci vorrebbe una vera e propria rivoluzione - afferma Alioti - però è chiaro che è necessaria una disponibilità a investire che a oggi non si è manifestata; chi questi investimenti li sta già facendo sicuramente sarà in una posizione competitiva rispetto al mercato dell’acciaio. Il fatto che le migliori aziende di ingegneria impiantistica europee continuano a realizzare nuovi impianti utilizzando le migliori tecnologie di processo avrà come conseguenza che fra qualche anno non sarà conveniente produrre l’acciaio con un centro siderurgico che in gran parte è stato concepito e realizzato negli anni Cinquanta e Sessanta»."
Fonte: notizieverdi. Leggi l'articolo completo su Tarantosociale
Comincia la mobilitazione antinucleare! Aderiamo tutti!!!
Sulla base dell'accordo di cooperazione stipulato dal governo italiano con la Francia si apre la strada nel nostro paese alla costruzione di almeno quattro nuove centrali nucleari di terza generazione Epr entro dieci anni. Tra le ipotesi in circolazione sui siti dove dovranno sorgere le centrali compaiono i nomi di Carovigno, nella provincia di Brindisi, Avetrana tra Taranto e Lecce, Mola in provincia di Bari.
La procedura per l'attivazione delle nuove centrali prevede che una commissione di saggi, nominata dal ministro Claudio Scajola, valuti le candidature. L'ubicazione degli impianti Epr richiede zone poco sismiche o molto stabili, ma senza pericolo di inondazioni, possibilmente lontano da luoghi densamente popolati. La prima centrale dovrebbe essere pronta entro il 2020.
Volontari, amministratori e alcune testate giornalistiche hanno deciso di costituire un Forum permanente di sensibilizzazione della cittadinanza.
Promotori dell'iniziativa le associazioni Sos costa Salento, Coppula Tisa, Associazione culturale 2000, Agesci, Zampa Libera, Pro Civ Arci, Culturambiente, Nuova Messapia, il comune di Alessano e le testate Mondo Radio, Paese Nostro, Tacco D’Italia.
Per manifestare la propria adesione alla campagna contro il nucleare nel Salento e in Puglia è a disposizione l'indirizzo mail salentocontroilnucleare@yahoo.it al quale si possono mandare anche proposte e idee. Nei prossimi giorni partirà una campagna di sensibilizzazione tramite le associazioni distribuite in tutto il territorio, che confluirà in grosso momento pubblico, coinvolgendo volontari, associazioni, intellettuali politici.
La decisione governativa desta sconcerto anche perché in aperto disaccordo con la volontà espressa dai venti milioni di italiani che nel 1987 votarono un referendum per dire NO al nucleare. Molte le ragioni della protesta contro una decisione di dubbia opportunità e legittimità; tante le problematiche legate al nucleare, ancora oggi insuperabili nonostante gli ostentati ottimismi e le false verità governative.
Sicurezza: Salutato entusiasticamente dal governo come “fonte energetica sicura” appare tuttavia indubbio che avere il nucleare vicino casa non è assolutamente lo stesso che a centinaia di chilometri di distanza! Questo tipo di energia continua ad essere pericolosissimo per la salute e per l'ambiente. L'incidente di Chernobyl (Ucraina) del 26 aprile 1986 non è poi così lontano nel tempo se si considera che ancora oggi, nelle regioni confinanti, 2/3 degli adulti e metà dei bambini sono ammalati alla tiroide, c’è il raddoppio delle malformazioni e delle insorgenze di tumori e leucemie. Nel 2002 nell’Ohio (Usa) si è sfiorato lo stesso disastro; nel 2004 a Sellafield (GB) c’è stata una fuga 160 kg di velenosissimo plutonio rivelata solo dopo 8 mesi.
Dal 1995 al 2005 c’è stata una serie di incidenti gravi (con 7 morti e centinaia di contaminati gravi) nelle centrali del Giappone e il più grande impianto nucleare al mondo chiuso il 16 luglio 2007 per i danni da terremoto.
D'altro canto nessuno tra i tanti sostenitori del nucleare sa dire cosa fare delle scorie radioattive che ancora nessuno al mondo è riuscito a smaltire. Gli Usa hanno speso 8 miliardi di dollari in 20 anni senza trovare una soluzione. Problema, questo, a “lungo termine” se si considera che il plutonio resta altamente radioattivo per 200.000 anni, l'uranio 238 per milioni di anni.
Le centrali di terza generazione, sulle quali è improntato l'accordo, dovrebbero durare più di quelle in funzione - seconda generazione -, senza aver risolto il problema delle scorie né della sicurezza intrinseca. Fa discutere, in questo senso, la “rivelazione” di The Indipendent che le scorie di queste nuove centrali sarebbero più radioattive e pericolose di quelle delle centrali nucleari di seconda generazione!
Nelle intenzioni dei sostenitori le centrali di terza generazione dovranno porsi come un ponte verso una quarta generazione che, si promette, sarà assolutamente sicura, non proliferante, con poche scorie e meno pericolose. Ma i reattori di quarta generazione ancora non esistono, sono previsti solo dopo il 2030.
Costi: «Dipendere da altri paesi per l’approvvigionamento energetico è pericoloso e preoccupante ed è bene realizzare in Italia centrali nucleari in piena sicurezza», così il presidente del Senato Schifani a sostegno dell'accordo. Ma la costruzione delle centrali nucleari non è certo la soluzione al problema della dipendenza italiana dall'estero in materia energetica: l'Italia non ha, infatti, risorse di uranio, dovrebbe importarlo da Russia, Niger, Namibia, Kazakistan, Australia, Canada.
Secondo l’Agenzia per l'energia Atomica, l'uranio dovrebbe scarseggiare dal 2030, invece già dal 1991 ha raggiunto il picco: se ne consuma più di quanto si estrae. Sono le scorte militari che forniscono metà del combustibile. Senza nuovi reattori, la produzione di uranio è già insufficiente, perciò il suo prezzo si è moltiplicato per 10: dal 2001 al 2007 è salito da 7 a 75 dollari la libbra. D'altronde quella del “risparmio” è la carta principale giocata dal governo per convincere l'opinione pubblica, soprattutto in un periodo di piena crisi economica. Peccato che quella dei bassi costi sia solo un'altra delle chimere sbandierate come certezze dal governo. Il nucleare necessita di finanziamenti molto pesanti per un ritorno degli investimenti 20 o 30 anni più tardi: un’eternità per un mercato che (soprav)vive giorno per giorno.
Le stime Usa per i nuovi impianti danno il nucleare a 6,3 cent/ kWh contro 5,5 del gas e 5,6 del carbone. Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush - 1,8 cent/kWh, oltre il doppio del differenziale di 0,8 cent -, nessuno ci investe più dal 1976.
L’unico reattore in costruzione in Europa è in Finlandia: l’azienda privata ci sta perché lo Stato paga lo smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale, che costa quasi come la costruzione. Lo stato garantisce inoltre l'acquisto di tutta l'energia prodotta per 60 anni: un affare senza rischi per il privato! Ma l’entrata in funzione della centrale, ordinata nel 1996, è slittata dal 2009 al 2011: 15 anni. Così il suo costo finale, da 2,5 miliardi di euro è aumentato a 4 miliardi: più di 4 volte di una centrale a metano della stessa potenza, 1600 MW. (Sudnews)
Furti in fabbrica: l'ENI ci ripensa
giovedì 26 febbraio 2009
Salta la riunione del Comitato per Taranto
Cogliamo l'occasione per sollecitare tutti a partecipare alla proiezione e al dibattito che seguirà, durante il quale si avrà l'occasione di confrontarsi con la cittadinanza sui temi del lavoro e dell'ambiente.
Malpelo nel quartiere Tamburi
Una condizione che ha reso possibile la tragedia di cui ci stiamo rendendo conto con sempre maggiore precisione, Taranto città più inquinata d'Italia, è stata la sistematica disinformazione dei cittadini. Nei giorni scorsi si sono riuniti i componenti delle organizzazioni SPI/CGIL-TAMBURI, COMITATO PER TARANTO, COMITATO DI QUARTIERE CITTA’ VECCHIA, LIBERA, SINISTRA CRITICA e IL PRESIDIO PERMANENTE NO DISCARICHE. Dalla discussione è emersa la necessità di costruire una rete di cittadini che si auto-organizzino e determinino le scelte per ridurre drasticamente l’inquinamento prodotto dalle industrie che operano sul nostro territorio e per affrontare anche gli altri, importanti, tipi di inquinamento.
I partecipanti hanno convenuto di mettere in campo una serie di iniziative per discutere con la cittadinanza dei quartieri.
La prima si terrà GIOVEDI’ 26 febbraio 2009 dalle ore 17,00 presso il plesso scolastico “Vico”, via Archimede - quartiere Tamburi. Verrà proiettato il documentario “Malpelo”, girato in parte nel quartiere, ed altri spezzoni di documentari sull’insediamento dell’Italsider/ILVA. A seguire, dibattito per iniziare la costituzione di un organismo fatto di cittadini che si occupi dell'ambiente e renda note alla città tutte le fonti di insicurezza sui luoghi di lavoro.
Nucleare: no grazie!
Coordinamento FERMIAMO CHI SCHERZA COL FUOCO ATOMICO, c/o Campagna OSM/DPN, Via M. Pichi, 1 - 20143 Milano
sito web: ilnuclearenonlopaghiamo.wordpress.com/
email: locosm@tin.it
Il movimento no-war da Stoccarda ha lanciato un appello, ripreso dal Forum Sociale Mondiale di Belem, per invitare ad un controvertice, dal 2 al 5 aprile 2009, in occasione del 60° anniversario della NATO.
E' importante - ritengo - menzionare questa montante campagna intenazionale disarmista: "NATO, 60 anni bastano" nel momento in cui i media diffondono la notizia dell'accordo italo-francese per la collaborazione sull'atomo "civile", che è stato siglato proprio oggi (24 febbraio 2009) da Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy.
Questo collegamento va fatto per, schematicamente, mettere in chiaro che:
- il nucleare "civile" è trainato da quello militare;
- la tecnocrazia ufficiale agita la carota della "Quarta generazione" di reattori per propinarci invece il bastone della "Terza" (avanzata), che è in realtà la "Seconda" un po' migliorata (e ricavata dalla tecnologia militare dei sommergibili nucleari);
- il nucleare militare in Europa trova la sua giustificazione nella NATO e nelle sue strategie ufficiali;
- esiste una autonoma lobby europea dell'atomo che ha oggi nella Francia, il Paese della "Force de Frappe", la sua locomotiva (cui il vagone italiano si sta di fatto attaccando). Ma un altro veicolo trainante è costituito dalla Germania, quale potenza atomica "in pectore" (insieme al Giappone).
A suo tempo, come Comitato Promotore della Legge di Iniziativa Popolare sui trattati e sulle basi militari, approvammo un documento che focalizzava la "questione atomica" all'interno della nostra campagna.
Adesso possiamo considerare maturato il momento di proporre il disarmo atomico, inserito come mobilitazione in un contesto internazionale, sia come fuoriuscita dalla NATO sia, in piena coerenza, come denuclearizzazione non solo militare ma anche civile.
Quest'ultimo aspetto - la denuclearizzazione civile - può oggi farsi forza, nel suo rivolgersi all'opinione pubblica, del tentativo portato avanti dalla nuova Amministrazione USA, di affrontare la gravissima crisi economica in atto puntando sullo sviluppo delle energie rinnovabili: 150 miliardi di dollari di investimenti dovrebbero produrre due milioni e mezzo di posti di lavoro nel piano già approvato dal Congresso.
E’ evidente che oggi la lobby nuclearista europea, con la sua diramazione italiana, espressione di un vero e proprio comitato di affari, tenta di imporsi forzosamente con l’aiuto del Governo italiano; ma è altrettanto evidente che in questo modo l’Italia si porrà controcorrente rispetto al "tentativo obamiano" di salvare il capitalismo nella sua pretesa versione "sostenibile". Il problema, per i governanti, non è solo e tanto quello di rientrare nei parametri di Kyoto, bensì di promuovere e gestire una - forse impossibile - riconversione capitalistica "verde", impedendo che il capitalismo del parassitismo militare e della speculazione finanziaria trascini tutto il mondo in una irrimediabile e catastrofica crisi di civiltà.
Ma anche per noi, antimilitaristi, disarmisti, ecopacifisti, si prospetta la responsabilità di impedire che la crisi (o il collasso?) del capitale, che forse, come scrive ed argomenta Paolo Cacciari sul settimanale "Carta", ha in questo drammatico ingripparsi raggiunto il suo estremo limite, non degeneri nella "barbarie" ed apra invece la possibilità ad "un altro mondo possibile".
Il Governo Berlusconi dà per scontata l’approvazione della legge Scajola, che per ora è all’esame del parlamento, ma dimentica che i cittadini italiani hanno deciso con un referendum che l’Italia doveva restare fuori dal nucleare e ancora oggi l’opinione pubblica, come dimostrano gli ultimi sondaggi, per una buona metà non è favorevole, soprattutto tra i giovani.
Quindi il Governo ha venduto anzi tempo la pelle dell'orso, non ha fatto i conti con l’oste dei movimenti e dell'opinione pubblica, ha preso impegni che probabilmente non riuscirà a mantenere perché la gente comune si opporrà con ogni mezzo possibile su questa scelta, a partire dalle lotte territoriali che sicuramente si scateneranno nelle località che verranno individuate come siti delle centrali (o di scorie, o di quant'altro collegato al ciclo nucleare).
Immagino che nostro sforzo sarà di fare pienamente parte di questo movimento di resistenza popolare.
Nel file allegato si affronta, concentrando le informazioni essenziali, i termini dell'intesa Berlusconi-Sarkozy, la si inquadra nella road map, si spera resistibile, per il "ritorno" del nucleare in Italia; sviluppa alcune considerazioni e riflessioni sulla lobby europea dell'atomo, che è oggi trainata dallo Stato francese proprio perchè il nucleare civile trova la sua spinta e la sua giustificazione di fondo nelle esigenze della potenza militare.
Nucleare Berlusconi Sarkozy
mercoledì 25 febbraio 2009
Bambini ammalati, mozzarelle e co.
L'industria e i suoi effetti a confronto con il terziario e lo sviluppo (mancato) del territorio.
Taranto, l’amianto dei fannulloni
In un periodo in cui si parla molto (spesso a sproposito) di pubblici dipendenti, è importante sapere che in Italia esiste una parte di lavoratori appartenenti a questa categoria, che non coincide con la classica figura dell’impiegato statale. Esiste infatti a Taranto la specie, oramai in via di estinzione, degli operai dello Stato, che opera in una delle ultime attività industriali rimaste pubbliche: l‘Arsenale della M.M.
Per troppo tempo però sono rimaste nascoste, all’interno delle navi e del muraglione che cinge l’ultracentenario opificio, le tragiche vicende dei lavoratori impegnati nella manutenzione del naviglio militare. Purtroppo, ogni qual volta si parla di amianto nell’Arsenale di Taranto, sembra calare un velo di indifferenza ed a volte quasi di fastidio. In fondo si tratta di lavoratori statali ipergarantiti, sul conto dei quali ben altre sono le storie che si ha interesse a diffondere (fannulloni, assenteisti e via dicendo).
In un periodo in cui vengono continuamente lanciate accuse di “fannullonismo” nei confronti dei lavoratori pubblici, gli ispessimenti pleurici, le asbestosi ed i mesoteliomi sono la tragica prova del lavoro svolto e dei rischi a cui gli arsenalotti sono stati esposti nel corso degli anni. Sembra però che in questo stabilimento sia stato adoperato un particolare tipo di amianto selettivo (vogliamo chiamarlo l’amianto dei fannulloni?) pericoloso per legge (la 257 del 92) solo per i lavoratori privati, visto che esclusivamente a questi sono stati giustamente concessi dei benefici previdenziali (prepensionamenti). La discriminazione si è ripetuta poi con il decreto interministeriale 27/10/2004 (attuativo dell’art.47 legge 326/2003), in cui sono anche stati ridotti i coefficienti moltiplicatori dei periodi lavorativi (da 1.5 a 1.25). In pratica si è passati da 5 a 2 anni e mezzo di rivalutazione su un periodo lavorativo di 10 anni, calcolati solo ai fini di una misera rideterminazione dell’importo della pensione e non per anticipare il collocamento a riposo. E’ bene ricordare che il prepensionamento venne previsto come forma risarcitoria per coloro che erano stati esposti alla fibra killer proprio in conseguenza delle loro ridotte aspettative di vita.
L’Arsenale è stato per decenni un cantiere navale a rischio diffuso per tutto il personale (indipendentemente dal profilo professionale), dove esistevano magazzini nei quali i manufatti a base del minerale venivano stoccati e dove nei reparti ed a bordo delle navi, le componenti coibentate venivano lavorate. Basti pensare al reparto coibentatori, demolito solo pochi anni fa, adibito esclusivamente alla lavorazione dell’amianto. In quei periodi, la concentrazione di fibre negli ambienti di lavoro, raggiungeva concentrazioni oggi impensabili e certamente di gran lunga superiori all’iniquo limite di 100 fibre litro previsto dalla legge (la scienza ha ampiamente provato che non esiste un limite soglia al di sotto del quale l‘amianto è innocuo perché la malattia può colpire anche chi ha respirato una sola fibra).
Attualmente, nonostante le tonnellate di amianto smaltito dal 92’ e quello ancora presente a bordo delle unità navali, le migliaia di metri quadri di tettoie e le centinaia di pluviali in eternit esistenti in Arsenale, si pretende che qualche consulente tecnico certifichi il superamento della concentrazione di fibre disperse nel passato. Purtroppo le prove di quell’oscuro passato sono i numerosi casi di malattie asbesto correlate che ancora emergono dalle relazioni anonime della medicina del lavoro dello stabilimento (poco si conosce degli arsenalotti trasferiti in altri enti della Difesa e ministeri o dei pensionati). Questa è una battaglia di giustizia che deve essere assolutamente combattuta affinché non vengano dimenticati quei lavoratori, civili e militari, che si sono ammalati o sono morti operando per anni nelle officine ed a bordo delle navi, al servizio della Marina e dello Stato. Oggi, indipendentemente da qualsiasi tipo di rivendicazione, la cosa più importante è reperire le risorse economiche necessarie all’avvio di una seria campagna per la prevenzione e la cura delle patologie asbesto correlate, estesa anche ai pensionati ed ai lavoratori trasferiti, visto che il mesotelioma può manifestarsi anche dopo quarant‘anni. Purtroppo il dato sconfortante è che l’amianto, contrariamente a quanto hanno fatto fino ad oggi i legislatori, non ha operato nessuna distinzione tra “polmoni pubblici e polmoni privati.” (Rassegna.it)
Ecco le osservazioni di tutti i Tarantini
Mercoledì 25 febbraio 2009, ore 10,00 nel salone degli Specchi di palazzo di Città, il Sindaco di Taranto e di Statte, illustreranno il documento congiunto sull'Autorizzazione Integrata Ambientale di ILVA Taranto.
Manifestazione già programmata per il 5 febbraio u.s. e successivamente rinviata.
Alla Conferenza, oltre al Sindaco Ippazio Stefàno e al Sindaco di Statte Angelo Miccoli, prenderanno parte:
Leo Corvace
Alessandro Marescotti
dr. Patrizio Mazza
FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri ) sez. prov.le di Taranto - Dr. Mario Marranzini
e le Associazioni ambientaliste e gli Ordini e Collegi professionali della Provincia di Taranto.
090129 Sindaci Ed Associazioni Taranto Ilva AIA
"Dare precedenza...alla vita"
Sabato mattina, abbiamo conosciuto Vincenzo Mezzolla ,presso la gallera "i quattro venti".
Vincenzo è un uomo estremamente gentile e cordiale, un uomo segnato, come moltissimi tarantini, dalla malattia , che ha anche per questo scelto di utilizzare la propria creatività come strumento di denuncia della drammatica situazione ambientale tarantina.
I camini del più grande stabilimento siderurgico d'Europa, assieme ai i suoi fumi e veleni passando attraverso le polveri sottili che,insidiosissime, divorano l'uomo fino a condannarlo a morte, hanno ispirato il lavoro intitolato :"Dare precedenza...alla vita".
Mezzolla utilizza immagini reali, tratte dalle pagine dei quotidiani locali, per rappresentare le micidiali conseguenze legate alla vicinanza del mastodontico complesso siderurgico Ilva alle masserie circostanti e al gregge colpito dalla tragedia della contaminazione da diossina (che ne ha comportato il pressochè totale abbattimento) fino alla distruzione fisica e mentale "dell'uomo tecnologico", come lo ha definito lo stesso autore, per fermare il cammino che ci sta conducendo verso la distruzione.
Ci siamo salutati con la promessa di proseguire sulla strada della sensibilizzazione e del coinvolgimento della cittadinanza intera nella speranza di contribuire a cambiare un destino che non abbiamo scelto ma che dobbiamo assolutamente provare a cambiare.
martedì 24 febbraio 2009
Si scoprono le tombe...
Il Coordinamento Altamarea, promotore a Taranto della grande manifestazione del 29 novembre 2008, ritiene che nel protocollo aggiuntivo all'Accordo di Programma siglato a Roma il 19/2/2009 sia stata inserita una clausola oscura relativa alla quantità di ossigeno presente nei fumi dell'impianto di agglomerazione dell'Ilva.
Nell'articolo 1 comma 1 del protocollo aggiuntivo si legge che la Regione Puglia deve emanare una "interpretazione autentica" in cui si prevede per i controlli sulla diossina che "ciascuna misura sarà riferita al tenore di ossigeno misurato".
Tale procedura di calcolo è ambigua in quanto la valutazione della quantità di diossina a metro cubo di emissione, dovrebbe essere rapportata alla percentuale di ossigeno tipica dei processi di combustione dell'impianto di agglomerazione.
Al di là del tecnicismo, possiamo dire che se i fumi tipici della ordinaria combustione venissero diluiti con insufflazioni di aria, allora risulterebbe una maggiore percentuale di ossigeno che falserebbe il riscontro oggettivo di diossina e quindi l'effettivo rispetto del limite legale della legge regionale. Se venisse aggiunta aria per diluire i fumi, ci troveremmo di fronte a un dato alterato e il sistema per scoprirlo sarebbe quello di verificare la percentuale standard di ossigeno attraverso l'indicazione specifica di un parametro. La procedura concordata a Roma appare pertanto eccessivamente permissiva in quanto viene accettata la misurazione del quantitativo di diossina anche in presenza di diluizione dei fumi mentre il valore di diossina andrebbe "rivalutato" nel caso in cui si verificasse un aumento della quantità di ossigeno.
In buona sostanza questa nostra osservazione è finalizzata a evitare che una diluizione dei fumi porti a "diluire" anche la quantità di diossina misurata a metro cubo.
Se ciò avvenisse verrebbero alterate le misurazioni ed emergerebbero dati di gran lunga inferiori alle concentrazioni reali.
Questo riteniamo che sia il risultato di un "tavolo politico" in cui sono stati esclusi deliberatamente i cittadini e le loro associazioni.
La prossima convocazione dovrà pertanto prevedere assolutamente una convocazione del pubblico interessato come prevede la Convenzione di Aarhus (Legge 108/2001).
Nel frattempo chiediamo alla Regione che venga considerato il problema della diluizione dei fumi fissando parametri certi per la percentuale di ossigeno.
Per Altamarea: Roberto L'Imperio, Alessandro Gigante, Alessandro Marescotti, Leo Corvace, Serena Cesaria, Antonio Altamura,
Legambiente: Il Treno Verde a Taranto
Il Treno Verde di Legambiente - in collaborazione con Ferrovie dello Stato - riprende il proprio viaggio nelle città italiane, giungendo alla sua XX edizione. Il Treno Verde è la più grande campagna di monitoraggio dell’inquinamento urbano mai organizzata da un’associazione ambientalista: verificherà l’inquinamento atmosferico ed acustico nelle 7 città previste dall’itinerario 2009. Taranto è una delle tappe previste nel percorso di questa edizione. Il convoglio ecologico sosterà nella stazione di Taranto dal 3 al 5 marzo: i vagoni del Treno Verde sono attrezzati con mostre interattive che, attraverso video, pannelli e giochi, spiegano i principali problemi ambientali delle nostre città, ma non solo.
Sul Treno verde, nella stazione di Taranto organizzeremo i due seguenti incontri:
3 marzo - dalle 16.30 alle 19.00
Quando la pista pedonale-ciclabile sulla ferrovia dismessa Palagianello-Castellaneta? Racconto del percorso storico e naturalistico
Conversazione con Franco Zerruso (Legambiente Circolo di Taranto).
5 marzo - dalle 16.00 alle 19.00
Tecnologie per abbattere l’inquinamento atmosferico
Introduce: Lunetta Franco (Legambiente Circolo di Taranto)
Intervengono: Roberto Giua (Arpa Puglia)
Lorenzo Liberti (Politecnico di Bari)
Conclude: Stefano Ciafani (Responsabile scientifico nazionale Legambiente)
Giù le mani dalla nostra acqua!
Si fa presente al Consigliere Maniglio e alla cittadinanza che: la forma della Società per Azioni, dovunque applicata, ha aumentato le tariffe e peggiorato il servizio; non ha garantito il risparmio idrico e condizioni di lavoro dignitose poiché, come tutte le imprese regolate dal diritto privato, ha come obiettivo il profitto. Non esiste alcuna impresa di diritto privato che non abbia avuto i comportamenti di cui sopra. Da qui consegue che nessuna impresa privata è in grado di garantire il diritto inalienabile all'acqua potabile.
Diverse amministrazioni fra cui anche quelle governate da giunte di centro sinistra e governate, dunque, dal PD (fra cui anche il Comune di Bari e il Sindaco Emiliano che del PD Puglia è segretario) hanno sottoscritto con delibera la legge di iniziativa popolare che prevede la RIPUBBLICIZZAZIONE DEI SERVIZI IDRICI, ovvero la TRASFORMAZIONE di tutte le SpA in Enti di Diritto Pubblico (Aziende Speciali,...) a partecipazione sociale. Senza contare le numerose e diverse giunte (fra cui anche quelle PD) che fanno parte del Coordinamento pugliese per la Ripubblicizzazione dei Servizi Idrici (che oggi comprende 41 Enti Locali, fra cui le Province di Bari e Lecce, i Comuni di Bari e Foggia).
Non ha senso, neanche semantico, parlare (come fa il Consigliere Maniglio) della "tutela e valorizzazione dell'acqua come bene comune" e poi affidare la gestione a privati....Se l'ACQUA E' UN BENE COMUNE, questo significa che deve essere gestita da enti "COMUNI" (cioè pubblici, con partecipazione sociale), nell'interesse COMUNE e non PRIVATO...altrimenti è una contraddizione in termini, ovvero una presa in giro. Inoltre, una SPA non è considerata dal nostro ordinamento un "soggetto pubblico" (come lui sostiene) e pertanto non può garantire "il carattere pubblico e inalienabile della risorsa acqua". Con specifico riferimento al secondo punto, al posto di impegnare "con ogni tempestività il Governo nazionale, di intesa con la Regione Basilicata, sulla necessità di provvedere al definitivo superamento dell'Ente Irrigazione - Ente pubblico statale in favore della società partecipata dalle Regioni" (ovvero SpA), e di "avviare un confronto con il governo nazionale in riferimento ai regolamenti di attuazione dell'art. 23 bis della L. 133/2008", si dovrebbe pensare, piuttosto, di chiedere l'IMPEGNO della Regione a presentare alla Corte Costituzionale un ricorso di incostituzionalità contro l'art. 23 bis della L. 133/2008 che definisce i servizi idrici, come tutti gli altri servizi pubblici locali, di rilevanza economica. Si ricorda che in questo senso hanno già agito tre regioni (Liguria, Piemonte ed Emilia Romagna).
Per approfondimento: Nel testo della mozione, il Consigliere Maniglio definisce gli aumenti di tariffa "IMPROPRI". A tale riguardo si evidenzia che tali aumenti sono determinati proprio dall'attuale forma giuridica dell'acquedotto, ovvero SpA. Infatti, alle società per azioni (e non agli enti di diritto pubblico) viene applicato il criterio del Full Recovery Cost (per quanto riguarda l'Italia, previsto dalla Legge "Galli") che prevede, per l'appunto, che sulla tariffa sia applicato oltre al costo dei servizi, anche quelli per gli investimenti e la remunerazione del capitale. Questo spiega, in parte, anche perché l'Ing. Monteforte (amministratore unico di AQP) abbia potuto minacciare di bloccare gli investimenti a fronte di un mancato aumento delle tariffe (anche se nell'ultima settimana, sembra abbia raggiunto un accordo con l'ATO)
La discarica più grande d'Europa... indovinate dove?
Taranto, Italia
L'emergenza inquinamento nella città pugliese è solo un problema locale? No. Chi respira ogni giorno quell'aria, anzi, sta girando per il Paese per farne un caso nazionale. Anche noi siamo andati sul posto per raccontarvelo
Già qualche chilometro prima di arrivare a Taranto, dalla strada statale, si avverte un odore forte, nauseabondo, causato dalle sostanze «nocive» emesse nell’aria dalle industrie pesanti radicate sul territorio. «Noi stiamo pagando un prezzo altissimo a distanza di anni - dichiara il sindaco nonché medico Ipazio Stefàno - perché gli agenti tossici impiegano anche trent’anni prima di innescare la patologia conclamata». Qui vengono diagnosticati tumori e neoplasie rare, più che in altre città, perché questa è considerata da molti il “pozzo dei veleni”.
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«Sostanze terribili per la salute»
«Possono essere ingerite attraverso l’acqua o gli alimenti. Con effetti anche mortali»
«Il rischio che i metalli pesanti siano passati dal terreno alle piante o che abbiamo contaminato la falda è molto alto. Ed è un rischio gravissimo per la salute umana. Sicuramente i valori riscontrati dall’Arpa non sono compatibili con un uso agricolo del terreno o un uso potabile e irriguo dell’acqua». Danilo Migoni è un biologo del Dipartimento di scienze e tecnologie biologiche ambientali (Disteba) dell’Università del Salento. Da anni si occupa di contaminazione da metalli pesanti dei terreni e della falda profonda, assieme all’équipe del Laboratorio di chimica inorganica, guidata dal professor Paolo Francesco Fanizzi.
Ed i rilievi effettuati dall’Arpa nella cisterna dell’opificio di Taurisano, conferma il biologo, sono tutt’altro che tranquillizzanti.
«Le concentrazioni sono di gran lunga superiori ai limiti imposti. E’ poi importante capire se c’è stato un riversamento di metalli sul terreno». Passando dal terreno alla pianta, e dalla pianta al corpo umano, il metallo può produrre effetti devastanti. Spiega Migoni: «Il piombo attacca il sistema nervoso, sia centrale che periferico, ed interferisce con la sintesi dell’emoglobina, causando problemi di anemia ed altre alterazioni. Il cromo esavalente è un vero killer: è altamente reattivo e solubile e quindi assimilabile dalle piante e dall’organismo umano. Ed è cancerogeno: può modificare il dna umano, è corrosivo ed ulcerante. In laboratorio lo maneggiamo con la massima cura perché è considerato tra le sostanze più pericolose».
Non è più innocuo nella forma trivalente, «perché a contatto ad esempio con il cloro usato per la potabilizzazione dell’acqua tende a trasformarsi in cromo esavalente». Nemico dell’organismo umano anche il mercurio. «Crea danni gravi al sistema nervoso - avverte lo studioso - mentre il cadmio ha una struttura atomica che lo porta a sostituirsi nelle nostre strutture biologiche a metalli importanti per l’organismo, ad esempio lo zinco, compromettendo la funzionalità di molti enzimi e mandando in tilt cuore, reni, polmoni, prostata».
Il problema è ora valutare se e da quanto tempo dalla vasca di stoccaggio corrosa si ha un riversamento di cromo esavalente. «Il rischio di accumulo in falda per colamento attraverso gli strati del terreno è molto elevato», avvisa Migoni. Una falda già indebolita da più di un acciacco quella del Salento, come hanno evidenziato gli studi effettuati dagli stessi ricercatori del Disteba. «Ci sono problemi di fecalizzazione, ossia di inquinamento da pozzi neri, e poi di salinizzazione, in primis. Per fortuna la falda ha una grande capacità di rigenerarsi grazie all’enorme massa di acqua sotterranea. Però alla lunga i problemi cominciano a vedersi. L’inquinamento da metalli pesanti potrebbe significare la fine dell’utilizzo dell’acqua per uso potabile ed irriguo, con conseguenze devastanti per il territorio».
Come si interviene quando un terreno risulta inquinato? «Dipende dalle dimensioni dell’area interessata. Se è limitata si può prelevare l’intera porzione di terreno e smaltirlo in una discarica ad hoc per fanghi e terreni contaminati. Ne esiste una nei pressi di Taranto. Oppure si può intervenire con la fitorimediazione: si coltivano piante brave ad assorbire i metalli, ad esempio il girasole ed alcuni tipi di felici, che poi si inceneriscono e si smaltiscono a loro volta in discarica».
E’ in cantiere un progetto della Provincia per il monitoraggio ambientale dell’intera provincia, affidato ai ricercatori del Disteba. «Credo che i problemi di inquinamento siano sempre più frequenti - dice Migoni - ed avere il territorio sotto controllo è una garanzia irrinunciabile per la gente che lo abita». [d.p. La Gazzetta del Mezzogiorno 18.02.2009]
lunedì 23 febbraio 2009
L´oncologo Patrizio Mazza: Ormai il danno è fatto
TARANTO - Patrizio Mazza è il primario del reparto di ematologia dell´ospedale nord di Taranto.
Il suo ufficio è all´ottavo piano: fuori dai vetri si vedono i fumi e le ciminiere. Mentre dall´altra parte ci sono vetrini e analisi del sangue. Spesso si tratta di tumori e leucemie.
«Dai nostri dati viene fuori che a Taranto la gente si ammala di quelle patologie tumorali strettamente legate all´inquinamento ambientale tra il 20 e il 40 per cento in più rispetto a quello che dovrebbe».
Che significa?
«Che qui, in termini percentuali, si ammalano molte persone che invece secondo la scienza dovrebbero stare bene: penso al ragazzino di 14 anni con la sindrome del rinofaringe o all´operaio che viene qui terrorizzato perché le analisi sono tutte sballate».
Voi che potete fare?
«Curarli. E cerchiamo di farlo nel migliore dei modi: quando io sono arrivato qui, quindici anni fa, c´erano pazienti che arrivavano dalla provincia di Lecce perché eravamo l´unica ematologia della zona. Ora nel Salento ci sono due reparti eppure abbiamo i nostri venti posti letto sempre pieni. Facciamo il possibile. E da medici denunciamo anche la possibile correlazione tra queste patologie e l´inquinamento ambientale».
Le aziende, a partire dall´Ilva, dicono però che non è colpa loro se la gente si ammala.
«Le responsabilità le deve accertare la magistratura. Noi abbiamo il compito di segnalare quello che la scienza ha provato: ed è certificata la correlazione tra alcune malattie e alcuni tumori. Alla politica spetta invece il ruolo della mediazione».
E´ quello che hanno provato a fare martedì. Che ne pensa dell´accordo firmato a Roma tra gli enti locali e l´azienda?
«Gli accordi sono delle maniere per non creare una conflittualità ed è apprezzabile lo sforzo della Regione e di tutti gli altri enti locali. Penso però che la politica in questo momento debba fare un salto in più. E quel salto è in direzione della salute della gente: qui siamo arrivati a un livello che o si sposta Taranto o si sposta la zona industriale. E soprattutto una cosa deve essere chiara: ormai il danno per chi è già nato, per tutti quanti noi, è stato già fatto. Siamo tutti una generazione di "fregati". Ora quello che si può fare è soltanto un regalo alle prossima generazioni».
Accordi & Disaccordi
Il compromesso raggiunto a Roma sulle emissioni di diossina dell'Ilva presenta alcuni elementi positivi.
1) Non viene messa più in dubbio la legittimità costituzionale della legge regionale antidiossina.
2) La legge regionale non viene modificata ed è mantenuto l'obiettivo più qualificante, ossia il limite di 0,4 nanogrammi per metro cubo entro dicembre 2010.
3) Si infittiranno i controlli sul camino E312 dell'impianto di agglomerazione dell'Ilva.
Chiederemo però che venga mantenuto il "campionamento in continuo" ossia quel sistema di controllo costante 24 ore su 24 che costituisce uno dei punti qualificanti della legge. Il sistema di controlli previsto dal "compromesso romano" è basato su misurazioni diurne che dureranno 8 ore mentre continueranno a non essere misurate le emissioni notturne che costituiscono uno degli elementi di maggiore preoccupazione.
Nonostante sia positivo che i controlli si infittiscano, appare necessario che si passi quanto prima ad un controllo "continuativo" e non "a intermittenza". Il controllo costante 24 ore su 24 è consentito dalle attuali tecnologie di "campionamento continuo". Riteniamo che il "campionamento continuo" renda più lineare, chiara e trasparente la procedura di verifica del rispetto dei limiti.
Il "compromesso romano" sui controlli appare invece un "papocchio" così confuso e contorto che sembra quasi fatto apposta per creare problemi. Tenere occupati uomini, mezzi e laboratori più volte al mese per le analisi del camino E312 appare una procedura paralizzante mentre il campionamento in continuo automatizza in gran parte la procedura e libera il personale Arpa da impegni inutilmente gravosi.
Infine va detto che il vero "controllore" della bontà dell'intera operazione sarà la pecora: se continuerà a contaminarsi con la diossina allora vuol dire che qualcosa non funziona.
Ecco perché diviene importante il sostegno del movimento ambientalista agli allevatori.
E altrettanto importante diviene il rapporto con i lavoratori dell'Ilva. Ormai è chiaro che la tutela del futuro della fabbrica passa per l'adozione delle migliori tecnologie. Più innovazione tecnologica significa più occupazione. Corrette pratiche di gestione e di manutenzione degli impianti portano più occupazione. Una revisione completa dell'impianto siderurgico in chiave di compatibilità con gli standard ambientali europei porta più investimenti e quindi più lavoro. Questa è la strada da percorrere per il bene dei lavoratori.
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Accordo diossina, ecologisti soddisfatti "Vince il buon senso"
21 febbraio 2009 - Cesare Bechis Fonte: Corriere del Mezzogiorno
TARANTO — L'accordo di Roma sull'applicazione della legge antidiossina ha raccolto un plebiscito di consensi. La sola voce stonata in mezzo al coro è quella del comitato cittadino referendario per la tutela della salute e del lavoro «Taranto Futura» mentre alcune perplessità esprime anche Peacelink che parla di «compromesso romano».
Per il resto il coro è unanime: è prevalso il buon senso, è stato coniugato il diritto alla salute con il lavoro, si volta pagina, è il trionfo del dialogo. Nicola Russo, di Taranto Futura, parla senza mezzi termini di «un gioco delle parti».
Non solo c'è lo slittamento delle date fissate dalla normativa regionale, ma Russo sostiene che «la legge non serve a niente perchè non ha uno spirito precettivo e contiene norme in grado di essere affievolite da un semplice ordine di scuderia, così come è stato fatto con questo ultimo accordo del nulla».
Ma il vero «controllore» della bontà dell'intera operazione sarà la pecora: se continuerà a contaminarsi con la diossina allora vuol dire che qualcosa non funziona. Secondo Peacelink occorre prendere i lati positivi dell'accordo: non viene messa in dubbio la legittimità costituzionale della legge; non viene modificata ed è mantenuto l'obiettivo più qualificante, ossia il limite di 0,4 nanogrammi per metro cubo entro dicembre 2010; si infittiranno i controlli sul camino E312 dell'impianto di agglomerazione dell'Ilva.
Alessandro Marescotti conferma che l'associazione chiederà però «che venga mantenuto il campionamento in continuo ossia quel sistema di controllo costante 24 ore su 24 che costituisce uno dei punti qualificanti della legge » perché, sottolinea, «il sistema di controlli previsto dal compromesso romano è basato su misurazioni diurne che dureranno otto ore mentre continueranno a non essere misurate le emissioni notturne che costituiscono uno degli elementi di maggiore preoccupazione».
Infine Peacelink provocatoriamente afferma che il vero misuratore della diossina sarà la pecora. «Se continueranno ad ammalarsi vuol dire che qualcosa non funziona», riferendosi agli oltre mille capi al pascolo attorno allo stabilimento siderurgico abbattuti perché avvelenati.
Di «buon senso» parla Egidio Di Todaro, presidente della circoscrizione «Tamburi- Lido Azzurro», situata a ridosso degli impianti. «Quello che è venuto fuori da questo incontro - osserva - è solo il punto di partenza anche se è positivo che si cominci a intraprendere azioni serie per la salute dei cittadini. Ora il quartiere Tamburi aspetta una risposta concreta e rassicurante che possa finalmente invertire il senso di marcia e avviare finalmente quella bonifica tanto attesa».
Per Legambiente «finalmente Taranto può voltare pagina» mentre il presidente degli industriali, Luigi Sportelli, pone l'accento «sul ripristino del dialogo fra le parti e sugli effetti sulla ripartenza di tutti gli investimenti, sia in ambito ambientale sia nel senso della continuità produttiva».
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ILVA, il rebus degli operai "aria pulita? no, il lavoro"21 febbraio 2009 - Giuliano Foschini Fonte: Repubblica
Taranto - Bisognava scegliere, appunto. «Ma la risposta per quanto mi riguarda era obbligata. Prima di pensare a me, io devo dare da mangiare a mia figlia che ha compiuto ora cinque anni. Non ci sono altre parole. Noi siamo come i soldati che vanno in guerra, uno mette anche in conto di poter morire. Soltanto è che noi non combattiamo per la patria ma per l´affitto di casa». Sarà perché circolano queste parole fuori dai cancelli dell´Ilva - guerra, morte, affitto - sarà forse per la paura delle casse integrazioni che ormai si contano in migliaia. Sarà perché come dicono gli operai esperti «all´Ilva non esiste niente di piccolo», ogni cosa è enorme (i cavi, i forni, i fili elettrici, i guadagni, l´inquinamento) e quindi ancora più mastodontica più essere la crisi.
Sarà chissà per quale altra diavolo di ragione, che qui l´accordo raggiunto ieri a Roma ha un sapore ancora più forte, intenso tanto da essere difficile distinguere la bontà dal tanfo: «Noi sappiamo - riassume un sindacalista della Cgil - che questo è un passo importantissimo, fondamentale, direi storico. Siamo davanti a due possibilità in questo momento: o non cambia niente, e allora Taranto perderà o perché continuerà ad avvelenarsi o perché l´azienda decide di chiuderci e mandarci tutti a casa. Oppure cambia tutto e finalmente si riesce a trovare il giusto mezzo tra il lavoro e il rispetto dell´ambiente».
A Taranto però la gente ci crede. Ci credono in burocratese le istituzioni che parlano di «importante accordo istituzionale». Ci credono i sindacati, tutti: la Fiom «apprezza il raggiungimento dell´intesa istituzionale», «tutti i soggetti coinvolti hanno recuperato la capacità di rientrare nel merito e infine, trovato un ottimo equilibrio» dice la Fim, e sostanzialmente le stesse parole arrivano da Cisl e dalla Uil. Sono contenti persino gli ambientalisti: da Roma, Legambiente parla di «un accordo positivo che garantisce la fattibilità dei provvedimenti. Ora Taranto può voltare pagina e respirare aria nuova: è la prova che quando c´è la volontà politica, ambiente lavoro e salute possono coesistere».
Da Taranto quelli di Peacelink, invece, esprimono «soddisfazione». «Non viene messa più in dubbio la legittimità costituzionale della legge regionale antidiossina - dice Alessandro Marescotti - e non viene cambiato nemmeno il limite più qualificante della norma, ossia il limite di 0,4 nanogrammi di diossina dicembre 2010». Peacelink parla però di «papocchio romano» sui controlli: «La procedura indicata è troppo complicata e rischia di diventare quasi inapplicabile».
Sembra credere alla dissoluzione del punto interrogativo di diossina anche la politica. Dice il ministro dell´Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che «è stato raggiunto un accordo posititvo per l´ambiente e per il lavoro». «Questo accordo è un esempio di cooperazione» ribadisce il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto d´accordo per una volta con il presidente della Regione, Nichi Vendola che commenta: «E´ stato fatto un passo avanti e non indietro». «Ilva, accordo storico» strilla una locandina all´edicola del Tamburi. Ci passa accanto la signora Lucia De Biasie, che da 15 anni abita in un condomino affaccio siderurgico. Contenta? «Che devo dire, che qua fin quando non riparano la lampadina di quel lampione sarà sempre pericoloso tornare la sera. Ma tutti se ne fregano».
domenica 22 febbraio 2009
Ancora sull'accordo Ilva
"C'era una volta la legge regionale antidiossina. Anzi, c'è ancora. Ma solo sulla carta. Nella sostanza il provvedimento è stato chirurgicamente svuotato dei contenuti che avrebbero inciso in maniera radicale sull'abbattimento delle immissioni di diossina in atmosfera ad opera degli impianti Ilva. Ciò vale soprattutto per il limite di 0,4 nanogrammi che l'azienda siderurgica avrebbe dovuto raggiungere entro la fine del 2010. Quel limite e quel valore restano ancora in piedi, ma l'intesa raggiunta ieri a Roma pone le basi per metterli in discussione attraverso un'azione “bilama”: l'impegno dell'Ilva a presentare entro il 30 dicembre di quest'anno, al ministero dell'Ambiente, uno studio di fattibilità sull'adeguamento dello stabilimento; la ricognizione affidata ad Ispra e Arpa sull'applicabilità delle migliori tecnologie disponibili per il conseguimento del limite di 0,4 nanogrammi al 31 dicembre 2010. La storia si ripete. Nel 2001 toccò all'allora presidente Fitto diluire la forza dirompente delle ordinanze dell'ex sindaco Di Bello, istituendo quel tavolo istituzionale da cui sono nati quattro atti di intesa che poco o nulla hanno inciso sull'abbattimento delle sostanze inquinanti. Oggi scende in campo il Governo per stoppare Vendola il quale ingoia un boccone amaro. Lo immaginiamo stoicamente impegnato a bere la cicuta. Ma anche questa volta, le speranze di dare un volto umano al mostro, si sono infrante contro il rigore della ragion di Stato"
venerdì 20 febbraio 2009
ITALCAVE
A Nichi Vendola
A Michele Losappio
All'ing. Antonello Antonicelli – dirigente assessorato ecologia
La Regione Puglia ha avviato la procedura di Autorizzazione Integrata Ambientale regionale relativa alla discarica Italcave che sorge tra Taranto e Statte.
Si tratta della più grande discarica per rifiuti speciali del Meridione. Il volume complessivo è di 6.600.000 metri cubi e dovrebbe sorgere a 900 metri dal centro abitato di Statte. Inoltre si aggiungerebbe ad altre discariche presenti sul territorio a poca distanza, come le due discariche Ilva.
Il 90% dei rifiuti speciali della Provincia di Taranto è prodotto dall'Ilva ed è stoccato in autosmaltimento nelle due discariche dello stabilimento siderurgico.
Da questi pochi dati si comprende che la discarica Italcave non servirebbe per smaltire rifiuti prodotti in loco ma per accogliere rifiuti provenienti da tutt'Italia.
Va detto che già tre milioni di metri cubi di rifiuti speciali sono stoccati nella discarica Italcave e che l'Autorizzazione Integrata Ambientale intende raddoppiarne la capienza.
Il sito della discarica ricade in area SIN (Sito di Interesse Nazionale) ed è interessato da bonifiche come quelle della Matra (PCB cancerogeni), della ex discarica Santa Teresa (discarica bonificata), alla Cemerad (rifiuti radioattivi) e San Giovanni (discarica bonificata). Si tratta quindi di un'area già deturpata e che con tanto impegno si cerca di recuperare da precedenti impatti ambientali tossici e nocivi. Si tratta inoltre di un sito che è parte dell'area più inquinata d'Italia, dove insistono aziende come l'Ilva, l'Agip, la Cementir, l'Edison. L'Italcave stocca inoltre, nell'area adiacente la discarica, il Pet-coke, sostanza al centro di una vasta contestazione per la sua tossicità e per il possibile uso nell'Ilva e nella Cementir.
Siamo quindi di fronte ad una impressionante concentrazione di discariche, di depositi e di stabilimenti in una zona fortemente degradata e inquinata che va assolutamente recuperata e alleggerita dai pesi ambientali. Aggiungere a tutto ciò anche la più grande discarica del Meridione per i rifiuti speciali ci sembra una vera e propria contraddizione, oltre che un affronto alla popolazione che già fa i conti con l'insidiosa ricaduta della diossina.
Di fronte a queste criticità è mancato il coinvolgimento del pubblico interessato: la popolazione, i comitati e le associazioni. Le informazioni necessarie al coinvolgimento informato del pubblico non sono mai giunte. Più volte la Regione Puglia è stata formalmente invitata a inserire sul suo sito Internet la documentazione relativa all'AIA regionale ma ad oggi tale documentazione non è stata messa online, come invece accade per la documentazione AIA nazionale che viene pubblicizzata sul sito del Ministero dell'Ambiente.
Va detto che la legge 108/2001 che recepisce la Convezione di Aarhus prevede esplicitamente l'informazione e la consultazione della popolazione fin dalle prime fasi del procedimento. Questo non è mai avvenuto per la discarica Italcave.
Le stesse amministrazioni comunali di Taranto e Statte, che si oppongono fermamente al progetto della discarica Italcave, sono state informate tardivamente del procedimento. In particolare il Comune di Statte ha saputo dell'AIA regionale a procedimento quasi concluso.
Se questo è avvenuto per le istituzioni è facile immaginare quale coinvolgimento sia stato messo in atto per i cittadini.
Ecco perché chiediamo che venga riavviata la procedura AIA su basi nuove e chiaramente partecipate. Chiediamo che i cittadini siano informati e che il Presidente della Regione si confronti su queste problematiche con la società civile organizzata. Non siamo di fronte ad una banale e qualunquistica protesta per rigettare rifiuti prodotti in loco. Siamo invece di fronte ad una protesta ragionevole e motivata. Il territorio è già deturpato da un pesantissimo inquinamento e da una vasta serie di discariche provinciali già autorizzate dalla Regione (Ecolevante, Vergine, ecc.), le quali già accolgono rifiuti provenienti da tutt'Italia (Napoli, Nord-Est, ecc.).
Chiediamo che la Regione si attenga a una pianificazione per il territorio. La provincia di Taranto non può essere il ricettacolo delle emergenze nazionali. La parola passi ai cittadini.
AIL – Paola D'Andria
Comitato cittadino per Statte – Guglielmo Esposito
Comitato per Taranto – Giulio Farella
PeaceLink – Alessandro Marescotti