Il Tar: «Abbattete le 400 capre e pecore contaminate dalla diossina» «Sono fondamentali le esigenze di tutela della salute pubblica»
• Per il Tar di Lecce - presidente Carlo Dibello, giudici referendari Massimo Santini e Claudia Lattanzi - «non sembrano allo stato sussistere valide alternative data proprio la gravità del fenomeno descritto». Insomma pecore e capre vanno abbattute. Sembra di rivedere le immagini di qualche mese fa quando, sotto il clamore suscitato dalle simili operazioni, furono mandati al macello oltre un migliaio di capi capri-ovini, «colpevoli» di far parte di greggi ed allevamenti posti entro un raggio di qualche chilometro dall’area industriale e pertanto «impregnati» oltre ogni limite ammesso dalla legge dei velni che ricadono dagli impianti industriali, in particolre diossina e pcb, anch'essi oggi sotto la lente di ingrandimento dell'Arpa e la stessa Ilva.
Per il Tar - questo il passaggio dell'ordinanza di rigetto - "fondamentali le esigenze di tutela della salute pubblica impongono alla pubblica autorità... di intervenire con particolare urgenza, e ciò anche a discapito di alcune garanzie previste a tutela del privato (diritto alle controanalisi)"
• Dovranno essere abbattute 400 capre e pecore, peraltro quasi tutte gravide, dell’allevamento di Antonio D’Alessan - dro, dove un campione di carni analizzato dall’Istituto zooprofilattico di Teramo, per conto dell’Asl jonica, ha dato esito di non conformità ai limiti posti dalla legge per la presenza di diossine e Pcb.Lo ha previsto un’ordinanza del Tar di Lecce che ha respinto il ricorso presentato dall’allevatore tarantino avverso l’ordi - nanza del direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Asl jonica, Michele Conversano, con cui appunto veniva disposto l’abbattimento degli animali, alla stregua di quanto accaduto lo scorso anno. Ordinanza - quella dell’Asl - già eseguita praticamente in gran silenzio per altri allevamenti lo scorso luglio. L’ultimo allevatore aveva deciso, invece, di sbarrare la strada opponendo una serie di rilievi e rivendicando diritti che non si ritenevano assolutamente tutelati. Ma il Tar ieri non gli ha dato ragione.
«Un’ordinanza aberrante», dice l’avvocato Cosimo Antonicelli, legale di Antonio D’Alessandro (nella foto in alto). «Ricorreremo subito al Consiglio di Stato». «Davvero abnorme, il Tar ha fatto come Ponzio Pilato, se ne è lavato le mani - commenta -. Da una parte, infatti, riconosce i vizi, l’incompetenza e le irregolarità da noi denunciate, ma poi soccombe per la tutela della salute pubblica e respinge il tutto. I giudici hanno riconosciuto che organo competente ad emettere l’ordinanza non era l’Asl, ma la Regione, così come noi avevamo obiettato. Ammette pure che è violata la norma del diritto dell’allevatore, prevista dal regolamento Cee, di partecipare alla procedura. Cioè gli andava consegnata una parte dei campioni che l’Asl ha fatto esaminare all’Istituto zooprofilattico perché l’allevatore potesse provvedere, per conto suo, a far analizzare il proprio campione altrove. Cosa che, invece, non è avvenuta. Basti pensare che, nel caso dell’allevatore di Maglie, lì dove l’Asl di Lecce ha seguito il corretto iter procedurale, la divergenza tra l’esito di non conformità dato a Teramo e l’esito di conformità avuto dall’allevatore ad Amburgo ha di fatto rimesso tutto in discussione».
Il disappunto dell’avvocato Antonicelli si allarga ad ulteriori considerazioni. «Qui non hanno neppure tenuto in considerazione che il latte analizzato, sia quello bovino che quello ovino, ha dato per due volte esito di conformità. Ed allora, mi vuoi dare almeno la possibilità di utilizzare il latte? Noi - aggiunge - siamo i primi ad avere ogni interesse a tutelare la salute pubblica. Per cui, fino a quando non si chiarisce tutta la questione, va bene il vincolo sanitario, ci si blocchi tutto, ma si facciano salvi i diritti di chi è stato colpito ingiustamente. Qui, del resto, non stiamo parlando di un allevatore responsabile di sosfisticazioni o altro, ma solo di una persona vittima di situazioni le cui responsabilità sono in capo ad altri».
La Gazzetta di Taranto, p.VIII
Nessun commento:
Posta un commento