Capre e pecore contaminate, infuria la battaglia legale
[Maria Rosaria Gigante]La Gazzetta di Taranto, p. VIII
• Capre e pecore alla diossina. Depositato ieri il ricorso al Consiglio di Stato avverso l’ordinanza del Tar di Lecce che aveva respinto la richiesta di Antonio D’Alessan - dro, un allevatore jonico, di bloccare la mattanza del suo gregge di pecore e capre. Era stata una delibera dell’Asl ad ordinare lo scorso 13 luglio all’allevatore l’abbattimento di circa 400 capi sui cui organi le analisi avevano dato esito di non conformità ai valori ammissibili di diossina. Il Tar aveva dato torto all’allevatore che opponeva una serie di rilievi. Ma, pur dando atto di tali osservazioni, il Tar sosteneva che «le fondamentali esigenze di tutela della salute pubblica impongono alla pubblica autorità di intervenire con particolare urgenza e ciò a discapito di alcune garanzie previste a tutela del privato».
Ora, con il ricorso al Consiglio di Stato, si apre un nuovo capitolo. Intanto, impegnando una spesa di oltre 38 mila euro, l’Asl ha aggiudicato ad una ditta del Barese il compito di provvedere al prelievo, soppressione, macellazione e smaltimenti di almeno un altro migliaio di animali infetti, a prosecuzione dell’attività di soppressione di quegli allevamenti le cui analisi hanno rilevato presenza di diossina oltre i limiti consentiti.
L’avvocato Cosimo Antonicelli, legale di Antonio D’Alessandro, l’aveva annunciato il giorno in cui era stata resa nota la pronuncia del Tar, subito giudicata «abnorme». Ora, tutte le ragioni, declinate con un lungo elenco di norme, articoli di legge, regolamenti e quant’altro, sono riprese nel ricorso d’appello, ripercorrono l’in - tera vicenda e chiedono giustizia per evitare l’abbattimento. Che capre e pecore - si afferma - siano destinate quantomeno a altri scopi non alimentari come le fattorie didattiche o la pet therapy.
«La delibera e la decisione di abbattere gli animali non era di competenza dell’Asl e del suo Dipartimento di prevenzione, ma della Regione o del sindaco»: questa una delle principali obiezioni su sui si è basato il ricorso prima al Tar ed ora al Consiglio di Stato. Si insiste: Regione e sindaci possono farlo a seconda delle diverse situazioni. Per il legale di D’Ales - sandro, il Tar sbaglia quando scavalca del tutto le garanzie previste dalla norma a tutela del privato, ed in particolare il diritto alle controanalisi. La contestazione dell’allevatore riguarda le modalità di raccolta dei campioni e i metodi di routine per le analisi. Insomma, viene evidenziato nel ricorso di ieri, D’Alessandro non è stato invitato ad essere presente al prelievo dei campioni e non ha potuto chiamare un esperto di sua fiducia. Un elemento grave questo soprattutto in considerazione del fatto che è capitato in altri casi che risultati di non conformità rilevati dall’Istituto zooprofilattico di Teramo non siano stati confermati dal laboratorio Eurofins di Amburgo.
Esiti comunque altalenanti e comportamenti differenti da parte dell’Asl nei diversi controlli effettuati nell’allevamento del D’Alessandro: è l’altra contestazione mossa. Le analisi effettuate sui primi campioni di latte bovino avevano subito dato esito di conformità, quelle sul latte dei caprini prima esito di non conformità e successivamente di conformità. I controlli sono quindi proseguiti sulle carni degli ovini, confermando successivamente la non conformità. L’Asl a sua volta - si legge nel ricorso - sarebbe stata estremamente prudente per il controllo del latte ripetendo le analisi più volte, che in prima battuta avevano dato esito non conforme, mentre avrebbe usato un estremo rigore per le carni, ordinando l’abbattimento del bestiame al primo ed unico risultato positivo.
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