mercoledì 12 febbraio 2014

La verità sul latte materno: chi ha ragione?

Non potendo presenziare alla conferenza stampa "diossine e polveri sottili, informazione e prevenzione"  tenuta ieri mattina alla libreria Gilgamesh dall'Associazione Legamjonici di Taranto su un tema così delicato come quello dell'allattamento materno, possiamo solamente limitarci a leggere e a dare una nostra visione/opinione degli articoli pubblicati sull'argomento in questione. 

La ricerca presentata da  Daniela Spera, Farmacista iscritta all’Ordine Professionale e responsabile di Legamjonici, è il frutto di uno studio condotto dal Vincenzo Vitacco, Direttore Emerito di Neonatologia dell’ospedale SS. Annunziata insieme a Giuliana Bianco, Ricercatrice del Dipartimento di Scienze dell’Università della Basilicata ed ha come titolo " Dibenzio-p-dioxins and dienzofurans in human breast milk collected in the Area of Taranto: first case study".Pubblicato  nel 2013 su una rivista scientifica internazionale, e presentato  alla 7a conferenza europea sui pesticidi e micro organici inquinanti nell'ambiente lo studio in questione è stato realizzato dal 2008 al 2011  e ha coinvolto 15 donne residenti a Taranto. 

Cosa dice questa ricerca?
" In quattro casi su 15 campioni di 100 ml di latte ciascuno di donne residenti in vari quartieri di Taranto sono stati trovati valori compresi tra 4 e 15 picogrammi di diossine e furani per grammo di grasso presente nel latte, mentre la concentrazione massima si diossine ammessa nel latte è di 3 pg/g" (ansa)


Cosa chiede l'associazione Legamjonici?

chiede alle istituzioni di "fare chiarezza perché ''di fronte a valori così elevati di diossine è necessario dire la verità'' Insomma l'informazione prima di tutto a tutela di chi deve essere alimentato, e a tutela di chi deve alimentare, la madre. 

Inoltre nel corso della conferenza stampa la Presidente Daniela Spera ha dichiarato la necessità "di effettuare una campagna di screening sulla presenza di diossina nel sangue. Ciò consentirebbe alle donne la necessaria consapevolezza nel momento in cui alimentano il proprio bambino" (corriere del giorno). 
In tal senso, dopo la pubblicazione di uno studio specifico sulla diossina nel latte materno, il dottor Vitacco  - si legge sul quotidiano di Taranto- "propose in una lettera del gennaio 2013, di offrire alle future mamme l'esame del sangue gratuito sulla presenza di diossina: "l'esame può essere fatto prima del parto- racconta - io informai la direzione medica della pubblicazione, in una rivista scientifica, di dati preoccupanti riscontrati".

Allora la domanda a questo punto sorge spontanea: ipotizziamo che, a fronte di un esame ad hoc da cui risulta che il latte materno è altamente contaminato da diossina, la mamma cosa dovrebbe fare?
 scegliere comunque l'allattamento materno o rinunciarvi?

Il dottor Vincenzo Vitacco sconsiglia l'allattamento materno in caso di contaminazione. Queste le sue dichiarazioni riprese dal corriere del giorno: “La comunità scientifica, ritenendo il latte materno essenziale per lo sviluppo del neonato, come io stesso ritengo, continua a raccomandare la pratica dell’allattamento, tuttavia io un mio figlio non lo farei alimentare con latte materno contenente diossina”.

Nel quotidiano di Taranto si legge inoltre: "medico e ricercatrice ipotizzano due consigli possibili:  soprassedere dall'allattamento, nelle prime settimane, o nel primo mese, presupponendo la presenza di diossina; ancora meglio, fare le analisi nel sangue, se non nel latte materno, attraverso il servizio sanitario pubblico, abbattendo i costi"

In effetti l'oms raccomanda l'allattamento materno sempre e comunque: anche in presenza di contaminanti perchè i benefici (EFFETTI BENEFICI DELL’ALLATTAMENTO AL SENO • nutrizionali • immunologici • endocrinologici • neurologici) sono superiori ai rischi.

Soprattutto il manifesto della campagna promossa da diverse associazioni in Italia e portata avanti dalla dottoressa Patrizia Gentilini in difesa dell'allattamento materno dai contaminanti industriali,  parla chiaro: "gli studi ad oggi effettuati in vari paesi dimostrano che, anche in ambienti inquinati e quindi a parità di esposizione in utero, i bambini non allattati al seno hanno peggiori esiti di salute rispetto ai bambini che ricevano il latte materno anche se contenente sostanze tossiche. Rimane quindi valida la raccomandazione dell’OMS di allattare al seno in modo esclusivo fino al sesto mese compiuto, e continuare ad allattare, con l’aggiunta di altri alimenti, fino ai 2 anni ed oltre. Ciò comporta numerosi benefici per la salute tanto del bambino quanto per la madre".

Allora ci domandiamo: chi ha ragione?

Anche noi siamo d'accordo col dichiarare  che l'unica soluzione a questo problema è quello dell'eliminazione delle fonti inquinanti dall'ambiente in cui si vive, come sostiene anche il rapporto presentato ieri: 'However, the most effective solution still remains the complete elimination of the environmental sources of micropollutants and hazardous substances.'

Resta da chiedersi ora: una volta accertata la presenza di diossina, cosa è meglio fare?

Soprassedere dall'allattamento, nelle prime settimane, o nel primo mese? che significa per chi l'allattamento materno lo ha sperimentato rinunciarvi perchè il bimbo quasi sicuramente rifiuterà il latte materno abituato oramai a quello artificale. 
Oppure decidere di allattarlo ugualmente?
Ma se hanno ragione Spera e Vitacco quando con giusta ragione evidenziano che se" per alcuni medicinali si sconsiglia con determinazione l’uso durante l’allattamento mentre per le diossine non intervengano più serie precauzioni" allora a chi dobbiamo credere?

Su una cosa siamo d'accordo tutti: sulla necessità di fare chiarezza! 

Le mamme e i bambin* di Taranto ne hanno diritto.



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(ANSA) - TARANTO, 12 FEB - In quattro casi su 15 campioni di 100 ml di latte ciascuno di donne residenti in vari quartieri di Taranto sono stati trovati valori compresi tra 4 e 15 picogrammi di diossine e furani per grammo di grasso presente nel latte, mentre la concentrazione massima si diossine ammessa nel latte è di 3 pg/g. I prelievi sono stati effettuati negli anni 2008 e 2009 e soltanto nel 2011 sono stati ottenuti i risultati, pubblicati nel 2013 su una rivista scientifica internazionale. L'associazione ambientalista Legamjonici ha riproposto questi dati chiedendo alle istituzioni e agli organi deputati al controllo di fare chiarezza perchè ''di fronte a valori così elevati di diossine è necessario dire la verità''. Dei rischi correlati alle emissioni di diossina di origine industriale che possono contaminare anche il latte materno hanno parlato, nel corso di una conferenza stampa, la coordinatrice di Legamjonici Daniela Spera, la ricercatrice del Dipartimento di Scienze dell' Università della Basilicata Giuliana Bianco e il Direttore Emerito di Neonatologia dell'Ospedale Santissima Annunziata di Taranto Vincenzo Vitacco. ''Pur essendo i dati non rappresentativi dell'intera popolazione tarantina - sottolinea in una nota Spera - tuttavia risultano essere preoccupanti''. Benché l'organizzazione mondiale della sanità raccomandi comunque l'allattamento al seno, nel corso della conferenza stampa è stata sottolineata ''l'importanza di una corretta informazione sul contenuto di diossine nel latte e nell'organismo della mamma per consentirle di fare una scelta''. Lo stesso studio conclude che ''l'intervento preventivo più efficace per evitare la contaminazione del latte materno è l'eliminazione di tali inquinanti dall'ambiente perché le diossine si assumono per via alimentare''.(ANSA).



 Dal corriere del giorno: “La comunità scientifica, ritenendo il latte materno essenziale per lo sviluppo del neonato, come io stesso ritengo, continua a raccomandare la pratica dell’allattamento, tuttavia io un mio figlio non lo farei alimentare con latte materno contenente diossina”. Con queste parole Vincenzo Vitacco, già primario della Neonatalogia del SS. Annunziata, ha concluso la conferenza stampa nella quale, insieme a Giuliana Bianco, ha presentato i risultati di una ricerca condotta su 15 donne in allattamento: Dibenzo-p-dioxins and dibenzofurans in human breast milk collected in the area of Taranto (Southern Italy): first case study. Tutte residenti a Taranto, in quartieri diversi, le quali hanno donato 100 ml di latte esaminato in collaborazione tra Università della Basilicata e Metapontum Agrobios. Di queste, quattro hanno evidenziato dagli 8 ai 15 picogrammi, valori oltre la soglia di 3 picogrammi pro kilo corporeo. La limitatezza del campione non permette di dichiarare il risultato rappresentativo dell’intera popolazione ma certo fa suonare un campanello d’allarme di una certa gravità. In verità si tratta di una conferma di ricerche analoghe effettuate in altre realtà industriali, vicine e lontane. Nel bacino della Ruhr era dimostrata, già negli anni ’70, l’esistenza di diossina nel latte materno in percentuali oltre la soglia consentita. Mentre, a Seveso, dopo 25 anni dalla nube tossica alla diossina (1976), i valori all’interno del latte materno erano inferiori. Ciò fa dire a Daniela Spera di Legamjonici: “Non ci muove il sensazionalismo, né la voglia di allarmismo ma vogliamo fare solo opera di diffusione delle conoscenze affinché ognuno possa fare le opportune valutazioni”. “Certo – ha proseguito Spera -, lasciano perplessi le affermazioni dell’assessore comunale alla Salute, Vincenzo Baio, quando afferma che i valori degli inquinanti nel nostro territorio non destano preoccupazione perché sotto i limiti consentiti. Possiamo con certezza affermare come l’informativa sugli effetti sanitari sulla popolazione sia parziale”. È stato il dott. Vitacco, coautore della ricerca insieme alla Bianco ed altri, a spiegare perché “la diossina si fissa nel latte materno come nel sangue. Il latte materno contiene grassi e la diossina si raccoglie proprio nei grassi. Allorché la madre allatta, si libera della diossina con gradualità. La concentrazione di diossina è infatti inferiore nel secondo e ancora meno nel terzo figlio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) consiglia comunque l’allattamento al seno, così come la Società italiana di Pediatria. Io non posso esimermi dall’esprimere qualche perplessità”. “Meraviglia molto invece – afferma la Spera -, come per alcuni medicinali si sconsigli con determinazione l’uso durante l’allattamento mentre per le diossine non intervengano più serie precauzioni. Intanto si ritiene necessaria una sistematica informazione su queste problematiche ma riteniamo che sia giunto il momento di effettuare una campagna di screening sulla presenza di diossina nel sangue. Ciò consentirebbe alle donne la necessaria consapevolezza nel momento in cui alimentano il proprio bambino”. Giuliana Bianco, ricercatrice chimica analitica del Dipartimento di Scienze dell’Università della Basilicata, tarantina legata alla sua terra d’origine, si è soffermata sullo studio condotto e sulle metodologie adottate. “Questo studio – ha sottolineato la Bianco -, ha avuto il riconoscimento dell’Environmental Protection Agency (Epa), l’agenzia americana per la protezione ambientale, ed è stato presentato al 7° congresso europeo sui pesticidi e i microinquinanti nell’ambiente. In quella sede, illustri scienziati mi hanno rivolto una domanda che mi ha lasciato in difficoltà nella risposta: ma i bambini a Taranto, hanno una speranza?”. La dott.ssa Bianco non ha potuto nascondere una forte emozione e qualche lacrima.


 da Vivavoceweb di Marilena Lasaponara
La dott.ssa. Daniela Spera, Farmacista iscritta all’Ordine Professionale e responsabile di Legamjonici ha ospitato e presentato Il dott. Vincenzo Vitacco, Direttore Emerito di Neonatologia dell’ospedale SS. Annunziata e la dott.ssa. Giuliana Bianco, Ricercatrice del Dipartimento di Scienze dell’Università della Basilicata che hanno effettuato un’ importantissima ricerca su “ Dibenzio-p-dioxins and dienzofurans in human breast milk collected in the Area of Taranto: first case study”. Si tratta di uno studio che parte dal 2008 al 2011, pubblicato nel 2012, sulla presenza di diossina e furani nel latte materno, svolto su 15 campioni.
Lo studio vuole essere preliminare a successive ricerche ed approfondimenti, con l’idea di un coinvolgimento istituzionale da parte del Dipartimento di Prevenzione e la possibilità di convenzioni con le Università, affinchè si possano fornire adeguatamente strutture di ricerca, strumentazioni particolari e personale qualificato, soprattutto per sostenere le spese enormi e, necessarie, a giudicare dai risultati.
“Non si possono trarre conclusioni sulla popolazione” – hanno affermato gli autori della ricerca. Ma la dott.ssa. Bianchi, ricercatrice in Chimica Analitica, ha voluto fortemente intraprendere lo studio sul latte materno delle donne di Taranto per sensibilità, per rigoroso dovere nei confronti della vita, per rispetto verso quelle mamme che ignare, s’illudono di poter condurre senza rischi, la più alta e nobile rappresentazione del mistero del mondo che è l’allattamento.
Le donne che hanno partecipato al campionamento sono di residenza tarantina, età media 35 anni e ciascuna di esse ha donato 100 ml di latte. La diossina è indotta per via alimentare e quindi si è valutato il fattore alimentazione per analizzare i contenuti nel latte; ognuna di esse consumava 2 o 3 volte a settimana latticini, pesce e carne. La dott.ssa Bianchi ha descritto i criteri ed alcune processi dello studio; è stato necessario liofilizzare il latte per poi effettuare le procedure analitiche sulle sostanze di diossine e furani.
Quindi è stata effettuata l’estrazione e la purificazione. I due professionisti ci hanno spiegato che la diossina si forma in prossimità dei grassi, formando intorno ad essi una capsula.
L’EPA non dà i dettagli sulle metodologie e dunque il chimico analitico deve decidere la procedura e definire il metodo per la matrice latte. Viene poi prodotto un documento che la dottoressa ci ha mostrato, che può diventare la ricetta per le eventuali analisi, utilizzabile dal Servizio Sanitario Nazionale, dagli enti pubblici e da colleghi nelle ricerche.
Il dottor Vitacco ha parlato della liposolubilità delle diossine; l’uomo è all’apice della catena alimentare e dunque se si è in presenza di inquinamento, la donna che dà il latte materno, finisce col distribuire diossina al neonato. Solo con l’allattamento la donna si libera della diossina. Man mano che il bimbo allatta, la diossina nel latte materno decresce. Un’ipotesi, davvero solo un’ipotesi, potrebbe essere quella di eliminare un po’ di latte per qualche tempo, prima di alimentare il bambino. Una cosa è certa, secondo studi ormai acquisiti da decenni, i figli successivi ingeriscono meno diossina rispetto ai primogeniti.
Ma secondo il dottor Vitacco, è davvero paradossale tollerare la diossina, mentre viene sconsigliata in quel periodo, l’assunzione di farmaci non dannosi. Nonostante ciò, per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) il latte materno è, e resta, l’alimento fondamentale e dunque consigliato ugualmente.
Sarebbe giusto allora analizzare il sangue delle donne prima dell’allattamento, ma i costi sono elevati ed allora torniamo al punto di partenza e al nostro obbiettivo: il coinvolgimento delle istituzioni sanitarie.
La dott.ssa Bianchi ed il dottor Vitacco ci hanno illustrato il risultato della ricerca : su 15 campioni 4 sono risultati con livelli molto alti di diossina, di gran lunga superiore al livello normale in una matrice alimentare. La diossina trovata si quantifica tra gli 84 ed i 254 nanogrammi. Supponendo che un neonato si nutra con 1 litro di latte al giorno, il contenuto va da 26 a 90 picogrammi per chilo di peso corporeo.
Dunque superiore alle indicazioni della Comunità europea che tra l’altro non fornisce dati precisi, ma il limite è tra 1 e 4 picogrammi per kg di peso corporeo. Negli altri campioni di ricerca i risultati sono stati invece buoni.
I dati che riguardano i campioni tossici, purtroppo, risultano essere molto più alti rispetto ad altri dati emersi da ricerche effettuate in città a rischio, come lo studio che riguarda i livelli nelle zone di Seveso, a 25 anni dalla tragedia.
Peraltro – aggiunge il dottor Vitacco – la diossina altera la funzionalità tiroidea nel neonato; è un fattore noto dagli anni 70 e qui a Taranto emergono spessissimo, ultimamente, valori alterati nella tiroide dei neonati. La tolleranza di diossina è di 3 picogrammi per grammo di grasso, ma qui – dice il dottore – arriviamo a livelli 40 volte superiori. Sarebbe possibile mai poter donare questo latte?
Affinchè la ricerca potesse avere rilevanza sulla popolazione, sarebbe stato necessario utilizzare 50 campioni di riferimento. I risultati ottenuti ci inducono, però, a riflettere e ad informare le donne e gli uomini sulla possibile gravità dei livelli di diossina, raggiungibili in qualunque zona della città e della provincia. Se è la catena alimentare a creare il problema, non è più pensabile ritenere che le uniche vittime siano in prossimità dell’Ilva. L’indagine è comunque fondamentale, perchè si somma ad altre ricerche sulla base di progetti della Comunità Europea, come il progetto Life sui microinquinanti.
Il lavoro della dott.ssa Bianchi e del dottor Vitacco è stato accettato dalla comunità internazionale ed è stato pubblicato. Noi dobbiamo ora informare la popolazione che 4 persone avevano tassi di diossina molto elevati durante l’allattamento. Non ha rilievo scientifico, ma allarma ugualmente.
La dott.ssa Spera, durante la conferenza stampa, ha voluto sottolineare l’importanza da parte delle istituzioni, di divulgare le informazioni corrette, a tutela della salute dei cittadini, riferendosi in particolare, ai dati pubblicati e riferiti al periodo gennaio – ottobre 2013, dell’ARPA, di cui si parlò durante Conferenza stampa del 6/12/2013 dall’Assessore comunale all’Ambiente Vincenzo Baio insieme al Presidente Federfarma Taranto, Rossano Brescia, al Presidente dell’Osservatorio delle Professioni, Pietro Dione e al Segretario dell’Ordine dei Farmacisti Mario Giorgio.
L’assessore Baio, in quell’occasione, evidenziò la positività dei dati di ottobre sulla qualità dell’aria. Quei dati, sulle sostanze inquinanti, finirono sulle lavagne luminose installate in varie zone della città, ma non fu dichiarato alla cittadinanza ciò che è stato invece rilevato recentemente dallo IARC, che ha invece classificato come cancerogena anche l’esposizione a valori inferiori ai limiti definiti accettabili per la qualità dell’aria.
MARIA LASAPONARA


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