Questa mattina le Officine Tarantine, composte da diverse realtà
territoriali, stanche della situazione che colpisce indistintamente il
territorio tarantino, hanno indetto una mobilitazione che nasce dall'esigenza
di costruire un futuro diverso per tutti i cittadini di questa città. La mobilitazione è partita da via Di Palma presso il parcheggio AMAT ed è culminata in Piazza della Vittoria con un breve dibattito tra cittadini ed esponenti delle associazioni che sostengono questa manifestazione. LE OFFICINE TARANTINE VANNO TUTELATE E NON SGOMBERATE! Ecco alcune foto dell'evento, verso il quale va il sostegno del Comitato per Taranto. Per saperne di più sullo sgombero dei giorni scorsi:
OfficineTarantine. Quando la radice selvaggia è sana. (F. Rana - Sblocnotes)
Insistentemente, mi
stanno chiedendo, chi emigrato all’estero, chi a Taranto impegnato nelle
sue attività: Ma qual è la vera storia di “Officine Tarantine”? “Come è
iniziata?”. Nelle cronache di questi giorni, ci è finito solo il
delirio del tentativo di sgomberare e molti hanno scoperto di non sapere
nulla di questa storia di occupazione e di provocazione culturale
civile.
Io l’avevo
raccontata, nei miei articoli pubblicati su Nuovo Quotidiano di Puglia,
la storia di questi ragazzi. L’avevo fatto: nelle edizioni del 4
novembre 2013, dopo l’occupazione degli ex Baraccamenti Cattolica di
Taranto, area della Marina ceduta al Demanio e poi in custodia
provvisoria al Comune di Taranto; tre mesi dopo l’occupazione, il 2
febbraio 2014; il 6 febbraio 2014 in occasione della presentazione dei
risultati sull’assenza di amianto nel teatro dei baraccamenti occupati;
ed infine il 13 febbraio 2014 raccontando il tentativo di sgombero
gestito da Prefettura/Questura come caso di ordine pubblico.
Nella zona dei
baraccamenti, i primi di novembre, c’eravamo io ed Alessio Mattiuzzo ed
altri del gruppo, in maniche corte, a chiacchierare. Via via,
l’attenzione verso questo luogo, grazie ai social network è aumentata,
fino poi alla frenetica giornata vissuta raccontando lo sgombero,
annullato, e la scelta delle forze dell’ordine di cambiare strategia e
non eseguire l’ordinanza sindacale del 22 Novembre 2013...
.
Primo atto: L’Occupazione
Fonte: Nuovo Quotidiano di Puglia, 4 novembre 2013
di Francesca RANA
La
voce ha iniziato a girare sabato, via social network. La conferma è
arrivata verificando, ieri mattina, in via Di Palma, trovando sulle mura
di una vecchia palazzina militare il primo indizio, uno dei due
striscioni “Riappropriamoci dei nostri spazi, per il futuro dei nostri
ragazzi”. Precari, studenti, disoccupati, riuniti in un raggruppamento
denominato “Officine Tarantine” avevano occupato gli “ex Baraccamenti
Cattolica”. Non hanno creduto alla buona volontà degli amministratori di
recuperare l’area ed hanno deciso di occuparla nel primo ponte festivo
d’autunno. Iniziando, autonomamente ed arbitrariamente, bonifica,
giardinaggio e pulizia. Sognano con ardore e testardaggine la rinascita
delle tre strutture abbandonate. Definite “fantasma”, perchè scelte
relativamente recenti, hanno portato alla chiusura di ogni accesso
pubblico ed attualmente i baraccamenti confinano con: un parcheggio
privato incustodito dell’Amat; l’isola ecologica dell’Amiu, in via
Crispi, in un piccolo tratto; un parcheggio di un condominio privato,
prima della Marina Militare poi riscattato e lasciato agli inquilini; le
palazzine demanali dove si trovano ancora gli uffici della Caserma
Mezzacapo annessi a Maridipart. La Marina Militare ha messo a
disposizione del Demanio gli ex baraccamenti. Il Demanio li ha
consegnati al Comune, chiedendo piani di valorizzazione. Associazioni di
categoria ed ordini professionali hanno avviato il confronto, dopo il
limbo di “Area Vasta”. Al momento, circa 20 ragazzi non credono a questi
progetti e si sono accampati con le tende nel vecchio cinema militare,
ora tristemente fatiscente. A turno, fanno volantinaggio nel parcheggio
dell’Amat e provano a rassicurare gli automobilisti sulle buone
intenzioni. Quando non sono fuori, basta attirare la loro attenzione e
vengono loro stessi ad aprire la parte di cancellata eccezionalmente
usata come ingresso non convenzionale, adiacente ad un primo
baraccamento, dove recentemente sarebbe stato appaltato il rifacimento
di infissi nuovi e sarebbero stati murati gli accessi. Primo a rompere
il ghiaccio è Luca Pignatelli: «Non abbiamo voluto aspettare la
burocrazia. Non ci siamo fidati delle chiacchiere, stanchi dello
stereotipo del tarantino buono a nulla. Adesso, stiamo lavorando con il
decespugliatore e stiamo levando le erbacce». Alessio Mattiuzzo mostra
la lettera spedita al Comune, protocollata il 22 ottobre, nella quale
chiedevano un locale dove aggregare forme di volontariato
autofinanziato. Non li avrebbe convinti il modo di fare dell’ente ed ora
sperano di coinvolgere la città: «Vorremmo vedere gente scendere di
casa, mamme pronte a raggiungerci, a portarci panini, spingere i figli a
non giocare alla playstation ed a venire a farsi i calli con noi sulle
mani. Siamo una “forza votante”. Ci siamo scocciati di stare senza fare
niente. Il lavoro ce lo costruiamo da soli». Il primo passo è rendere
visibili i baraccamenti fantasma, dove comunque spiccano i cartelli
“edificio inagibile”, e ci sono dei pozzi. Nonostante l’amianto dovrebbe
essere stato tutto rimosso. Hanno già trovato di tutto: bustoni di
rifiuti, materiale di risulta, televisori, stampanti abbandonate.
«Lunedì (oggi, ndc), ci auguriamo di vedere geometri, ingegneri,
tecnici. Vorremo realizzare un “Magazzino Centro di Idee”. Dove ogni
persona possa proporre, partecipare ad un bando. Pensiamo ad un
laboratorio di arti visive e grafiche, officina 3R (Riusa, Ricicla,
Rivaluta), sala prove, serigrafia, falegnameria, laboratori artigiani di
mosaici, ciclofficina, spazio espositivo “ecòthe” aperto a tutti,
eventi socio culturali e gioco». Hanno dato a mano il progetto più ampio
a Digos, Forze dell’Ordine, vigili, ed al consigliere comunale Ernesto
D’Eri, con delega “extra giunta” alle aree demaniali dismesse: «La gente
dei dintorni sembra felice. Si avvicinano e dicono “Ma voi state
occupando? Bravi!”. Ecco cosa fa la disperazione. Se i fondi europei
arrivassero e non venissero spesi nella riqualificazione? Possiamo
garantire manovalanza e volontà, ma ci vuole competenza. Non siamo
chiusi, non vogliamo fare il ghetto. Oggi – conclude Alessio – è il mio
compleanno e non mi interessa. La mia è una festa “lavorata”». La Digos
avrebbe allertato sulla pericolosità dell’attuale accesso non
autorizzato e si confida di trovare una soluzione con gli interessati
tra i confinanti. L’unico accesso più agibile affaccia su un cortile
privato di ex palazzine demaniali. E non c’è il permesso di usarlo.
Successivamente, i ragazzi suggeriscono di creare almeno un varco
accanto all’isola ecologica.
I
mesi sono passati, ed i ragazzi hanno provato ad organizzare una serie
di iniziative cilturali, teatrali, musicali, street art. Io
ho partecipato alla presentazione di “Taranto, città normale” (Relative
a quella presentazione di dicembre le fotografie, il foto-documentario è
di Federico Roscioli) e di “Vajont, tanta terra, tanta acqua” di
Vittorio Vespucci e Monica Nitti.
Alessio
mi incontrava e mi aggiornava: “Hanno tolto tutto l’amianto sai?” Si
riferiva ai lavori di Marigenimil, Genio Militare per la Marina, la
quale era stata incaricata di svolgere alcuni interventi ed elencati
nell’ordinanza sindacale di sgombero del 22 novembre 2013.
Secondo
Atto: Tre mesi dopo, Alessio Mattiuzzo, insieme a Saverio e tutti gli
altri, così racconta i primi tre mesi di occupazione.
Fonte: Nuovo Quotidiano di Puglia, 2 febbraio 2014
di Francesca RANA
Le
loro preghiere sono state esaudite e, finalmente, è arrivata la
pioggia. I ragazzi delle Officine Tarantine, anima degli ex Baraccamenti
Cattolica occupati, in fondo a Via Di Palma, gioivano. Perchè avrebbero
potuto recuperare l’acqua piovana, buona a mischiare materiali e lavare
a terra, nelle due di tre strutture dove si sono insediati a novembre,
nel ponte di “Ognissanti”. A tre mesi esatti dall’occupazione, i
cambiamenti si notavano ed era chiaramente evidente il sistema ingegnoso
di grondaie e tubi pluviali, realizzati con il riciclo utile delle
bottiglie di plastica, capaci di convogliare l’acqua nei bidoni, senza
dover tornare al pozzo. La metafora del “bicchiere mezzo pieno” e
dell’ottimismo, nel loro caso, calzava a pennello. Tra l’autunno e
l’inverno, questa ventina di sognatori pieni di energia positiva, oltre a
circa 150 collaboratori saltuari, ha cercato di far rivivere luoghi
dimenticati ed inaccessibili, nascosti tra un parcheggio privato
incustodito dell’Amat, l’isola ecologica dell’Amiu, in via Crispi, in un
piccolo tratto, un parcheggio di un condominio privato, un tempo
militare, le palazzine ancora demaniali della Caserma Mezzacapo.
L’universo dei cittadini attivi ha cercato di non lasciarli soli,
partecipando o organizzando iniziative culturali. Nel teatro, ci sono
tracce di attivismo artistico creativo, con mostre di foto, scaffalature
e arredi recuperati e realizzati artigianalmente. Al posto degli
intonaci scrostati, ora ci sono pareti ritinteggiate. Nei camerini degli
attori, ci sono gli uffici con la postazione dei computer, necessari a
lanciare i loro appelli nei social network. Sotto al teatro, hanno
creato una vera e propria officina sociale, dove trasformano ogni
oggetto donato in qualcosa di utile e dove aiutano altri cittadini
attivi a ripristinare altri luoghi e piazze della città. Le parole
d’ordine sono differenziazione dei rifiuti e riciclo. Alessio Mattiuzzo,
cappellino con la scritta “Officine Tarantine”, è una specie di
portavoce di fatto. Gli viene naturale parlare con i visitatori dei
passi in avanti. Quando, nel frattempo, i suoi amici infaticabili
(Saverio, Francesco D.A., Luca e tanti altri, tra ragazzi e ragazze) si
rimboccavano le maniche e si “sporcavano le mani”, niente affatto
“schizzinosi” come li vorrebbe qualche politico, continuando i loro
lavori quotidiani nei baraccamenti. Il loro orgoglio è l’inizio del
recupero del secondo capannone, dove le vecchie cucine abbandonate e le
piastrelle spaccate sono state rimosse e, via via, sta venendo fuori
l’ambiente rigenerato: «Esperti, ingegneri, ditte di recupero del legno
ci affiancano volontariamente – raccontava – sono stati loro a spiegarci
l’importanza dei tetti in legno, di oltre 100 anni fa, e del valore dei
baraccamenti. Bisogna preservarli. Basta l’olio di lino e dureranno
altri 100 anni. I danni strutturali dei quali si parla sono al massimo
un paio di mattonelle. C’è solo una trave danneggiata, gonfiata, dopo
aver preso acqua, su 500 metri di capannone. Le strutture sono storiche.
Non ci sono problemi strutturali. C’è stata solo tanta incuria». Qui,
loro vorrebbero creare una mensa popolare, una sala ristoro, due
laboratori: «Stiamo cercando di capire di cosa ha bisogno il vicinato.
Vorremmo essere funzionali e collaborativi. Stiamo già facendo il dopo
scuola. I pilastri sono stati costruiti secondo le normative dell’epoca.
Ed oggi la legge consente il ripristino e la conservazione. La Marina
Militare ha costruito questi baraccamenti in modo solito». Hanno un
gruppo elettrogeno diesel di 5 kw adesso. In tutto, in questo secondo
capannone, dopo il baraccamento con il teatro, ci sarebbero 1000 metri
quadrati, dove vorrebbero sviluppare i loro sogni. Un passo alla volta.
Nessuno
avrebbe notificato alcuna ordinanza di interdizione ai ragazzi delle
Officine Tarantine, secondo la loro testimonianza. E loro continuano ad
andare avanti, giorno dopo giorno, senza perdere la fiducia, ispirandosi
alla radice selvaggia alle porte del teatro, resistente ad ogni
tentativo di sradicarla. Il modello al quale ispirarsi ce l’hanno ben
presente e sono le “Planimetrie Culturali di Bologna”.
Quest’associazione, nel 2004, aveva occupato un ex macello ancora in
piedi dopo 7 anni di abbandono. In poco tempo, fu creato un cantiere
culturale fino a quando il Comune di Bologna non decise di appoggiare la
loro idea ed avviare una lunga stagione di ripristini e custodie
gratuite a lungo termine, temporanee. In sostanza, il gruppo arriva in
un luogo, lo recupera, rianima e poi si sposta, con vantaggi evidenti
nelle casse delle pubbliche amministrazioni e nella qualità della vita e
dei servizi nel territorio. «Erano partiti con le occupazioni –
raccontava Alessio in base a quanto lui conosce o ricorda di questa
storia ormai leggendaria – dopo un anno e mezzo, ci fu un tavolo col
loro comune. Iniziò una gestione ventennale dello spazio. E poi si sono
spostati in un’altra zona. L’hanno fatta funzionare. L’hanno resa
vivibile. Dovrebbero essere arrivati al sesto progetto». I ragazzi di
Officine Tarantine chiedono solo di lavorare ed inventarsi il lavoro:
«C’è manovalanza. Dateci la possibilità di lavorare. Tutti appoggiati
alle colonne dobbiamo rimanere? Siamo bravi e possiamo fare tante cose.
Il cittadino, secondo noi, deve trovare dove alimentare la fiamma. Ci
sono fiammelle sperdute. Vengono qui e prendono fuoco, perchè si trovano
davanti a tanta energia. Un circolo virtuoso di senso civico». Piante
d’alloro da curare, alberi da frutto da salvare, terreni da bonificare
con i rimedi “della nonna” cospargendoli di lombrichi e rendendoli
fertili, tende da realizzare con vecchie vele di windsurf dismesse,
messaggi subliminali culturali da diffondere sulle mura con i murales ed
i lavori dei writers sull’involuzione umana, dal nerd al personal
computer, all’uomo con la sua rivelazione: “Il segreto dell’esistenza
umana non sta soltanto nel vivere ma anche nel sapere per cosa si vive”
(Dostoevskij). Dagli enti e dalle associazioni non si aspettavamo subito
collaborazione ufficiale e formale. Tuttavia, l’Amiu, su chiamata,
sarebbe intervenuta. E qualcuno si sarebbe fatto avanti a titolo
personale, individuale, come diversi architetti. Adesso, si coglie il
timore di un effetto “isolamento”, eventualmente provocato dopo la
diffusione delle prime notizie su probabili ordinanze di interdizione,
qualora lo sgombero dovesse risultare troppo traumatico. Un’associazione
di ragazzi disabili avrebbe voluto usare il teatro in occasione di un
evento sportivo. Eppure, alcune barriere architettoniche avrebbero
dissuaso i componenti dell’associazione e suggerito di lasciare perdere:
«Potrebbero aver seguito il consiglio di chi li scoraggiava. In ogni
caso, se fosse stato davvero così, se avessero impiegato lo stesso tempo
della presunta dissuazione a trovare una palestra adatta a questi
bambini sarebbe stato un grande risultato». Oggi, al posto di un grande
concerto domenicale, ci sarà l’esibizione di pochi gruppi ed una
raccolta fondi a favore, pare, della campagna sul rischio sanitario di
Taranto. Hanno infatti riflettuto e capito di dover organizzare con
criterio gli eventi in questo spazio, senza esagerare e senza euforia,
cercando di capire quanta gente riscono a gestire: «Ci hanno sorpreso le
singole persone – conclude Alessio – un signore lo chiamiamo tutti
“zio”. Viene qui a passare due o tre ore al giorno. Si dedica ad una
parete e dice spesso “Se ognuno vi dedicasse un’ora al giorno, in una
settimana, avremmo finito un capannone”».
F.Ra.
Terzo Atto: l’incontro Keep Calm e Know Eternit
Fonte: Nuovo Quotidiano di Puglia del 6 Febbraio 2014
di Francesca RANA
L’amianto
nel teatro degli ex Baraccamenti Cattolica occupati, dove si sono
insediati i venti ragazzi delle “Officine Tarantine”, non c’è. I
risultati sono stati presentati ieri sera nell’incontro “Keep Calm Know
Eternit”. Il tecnico abilitato, Michele D’Alessandro, ha spiegato come
sono stati fatti i campionamenti, chi li ha fatti e perchè. I ragazzi
volevano essere sicuri dell’assenza di asbesto ed amianto e, tramite una
rete di contatti e volontaria cooperazione, si sono rivolti a lui.
L’esperto ha offerto la sua consulenza ed intermediazione. Secondo il
laboratorio di analisi del Dipartimento di Scienze della Terra e
Geoambientali, dell’Università di Bari, nella struttura di coibentazione
del teatro, dove prima del ’92 si usavano, di solito, in generale,
gesso e fibre di amianto a scopi di insonorizzazione, non c’è alcuna
traccia del pericoloso inquinante. Hanno preso campioni massivi, li
hanno mandati al centro accreditato e riconosciuto. Hanno utilizzato la
metodica “Sem”, l’unica, pare, in grado di asserire la presenza o
assenza di fibre di asbesto ed amianto. «Un po’ di tempo fa – raccontava
D’Alessandro – ho conosciuto questi ragazzi. Sono molto attenti al
discorso ambientale, alla loro sicurezza e della città intera. Feci un
sopralluogo visivo. La Marina aveva già individuato ed avviato il
trattamento di smaltimeto dell’eternit di coperture e pluviali. I dubbi
erano sulle possibili tracce di amianto friabile eventualmente presenti
nelle coperture insonorizzate con cartongesso ed amianto anti incendio.
Sul tetto, nei pannelli, e nelle coibentazioni intorno ai tubi, in un
primo momento ad occhio notavo una presenza di fibre. Tuttavia, non
erano asbesto ed amianto. In base al campione 001 2014 del laboratorio
“Le indagini condotte non hanno messo in evidenza la presenza di fibre
naturali attribuibili al gruppo degli asbesti”». L’amianto visibile dei
baraccamenti sarebbe stato portato via ed il tecnico ha preferito non
esprimersi sulle modalità di rimozione. Ora, ci sarebbe solo un luogo
con amianto solido: «In altro ambiente, c’è una guarnizione di un’antica
caldaia, incapsulata, dove è stato disabilitato l’ingresso. Il
trattamento vero e proprio non è stato ancora fatto». In passato,
l’amianto si nascondeva ovunque e non solo nei palazzi: dai filtri delle
sigarette, agli scarponi dei militari, alle giacche di operai
dell’acciaieria o pompieri. Da qualche parte, a Taranto, c’è ancora, e
bonificarlo darebbe lavoro a tante persone. Probabilmente, c’è più
consapevolezza della presenza in città e meno della sua nocività: «Siamo
ignoranti su amianto ed ambiente – conclude D’Alessandro – ci piace
prendercela con dirigenti e politici ma se ci prendessimo le nostre
colpe sarebbe meglio. Le leggi ci sono, noi dobbiamo essere attenti, c’è
chi spala amianto senza protezione. Con il piano regionale della
Regione Puglia del luglio 2013, sono state semplificate le procedure. E
smaltire l’amianto aumenterebbe l’occupazione». Michele Lo Jacono, in
veste di architetto e cittadino, ha spiegato come si stanno muovendo i
ragazzi delle Officine Tarantine, sempre attenti a chiedere i pareri dei
tecnici in modo responsabile: «Il primo passo è stato legato
all’eternit, poi, prima di proporre cosa realizzare nei baraccamenti,
bisogna capire lo stato delle strutture. Se seguissimo gli iter del
passato, ci vorrebbero anni, i soliti studi e ditte farebbero progetti e
non si risolverebbe nulla. Invece, se il Comune avesse interesse
politico, potrebbe riconoscere il cammino dlle Officine Tarantine in
modo legale. Avrebbero l’intenzione di murare i capannoni, eppure
secondo la nostra esperienza costerebbe almeno 30.000 euro e potrebbero
investirle nelle analisi strutturali. L’auto costruzione e l’auto
recupero non sono assurde in altri Paesi».
I
bambini del doposcuola, alle Officine Tarantine, giocavano a ping pong.
Gli adulti guardavano: “Polvere Il Grande Processo dell’Amianto” di
Niccolò Bruna ed Andrea Prandstraller, su disastro doloso, processo con
condanne ed 800 testimoni a carico, di Casale Monferrato, tra parenti
delle vittime, in rappresentanza delle decine di migliaia di lavoratori
dell’Eternit. Si parlava di amianto, inquinamento, disastro ambientale,
giustizia, in questo documentario, presentato ieri sera dopo la
conferenza stampa: «Tutta la comunità – diceva Michele Lojacono – si
costituì parte civile nel processo. In Europa, l’eternit è bandito però è
usato in Brasile, in India». Il problema ambientale dell’amianto,
insomma, è stato spostato. «Sono stato a Casale Monferrato ad assistere
alla bonifica del cementificio di Italcementi con amianto e cemento –
ricordava Michele D’Alessandro – non dimenticherò mai la ringhiera con
coriandoli bianchi ed i nomi di tutti i morti d’amianto. Ancora, a
parlarne, mi viene la pelle d’oca. Dovrebbero essere 1700 morti e
l’apice arriverà nel 2020. Il loro esempio, a Taranto, è importante.
Piangerci addosso sui danni ambientali è inutile ma trarne virtù
esperenziale e lavorativa è fattibile».
F.Ra.
Quarto
Atto: Il Tentativo di Sgombero del 12 febbraio 2014. In esecuzione di
un’ordinanza del 22 Novembre del 2013 nella quale si interdiceva l’area
perché il Genio per la Marina Militare doveva finire i lavori.
Fonte: Nuovo Quotidiano di Puglia del 13 Febbraio 2014.
In
queste ore, Alessio ha partecipato ad un incontro televisivo su Blustar
Tv, nella trasmissione Focus, con il facente funzioni del sindaco,
Lucio Lonoce, fermo nella posizione di dover far sgomberare.
E
le Officine Tarantine si preparano ad un corteo il 15 febbraio 2014,
dagli ex Baraccamenti Cattolica alle vie del Borgo, verso Piazza della
Vittoria, dalle 9 in poi.
Questi
ragazzi passano il tempo ridando vita ad un luogo, cercando uno spazio,
lanciando messaggi di eco-sostenibilità, riuso, riciclo. Vogliono
lavorare, sporcarsi le mani, non vogliono essere choosy, bamboccioni o
sfigati come le generazioni colpevoli del declino italiano definiscono i
giovani.
Sicuramente,
meritano ascolto, confronto e non scontro. Perché sono una radice
selvaggia, come quella alle porte dei baraccamenti, capace di
ramificarsi e trovare vie d’uscita. Sono una radice selvaggia e “sana”
bisognosa di percorsi virtuosi nei quali radicarsi nel tentativo di
costruire un futuro fino ad oggi negato. Non sono cattivi, sono bravi
ragazzi ed i bravi ragazzi hanno bisogno di un’occasione.
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sabato 15 febbraio 2014
Officine dentro la città!
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