giovedì 16 gennaio 2014

In attesa di risposte

ILVA DI TARANTO: LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO COMUNICA AL GOVERNO ITALIANO IL CASO SMALTINI

Il 4 ottobre 2013 è stato comunicato al Governo italiano il caso Smaltini c. Italia (ric. n. 43961/09), che porta all’attenzione della C.E.D.U. la delicata questione sulle conseguenze delle emissioni nocive provenienti dallo stabilimento ILVA sulla salute degli abitanti della città di Taranto.
I ricorrenti sono i familiari della signora Smaltini, cittadina della città pugliese, anche lei ricorrente, deceduta dopo la presentazione del ricorso alla C.E.D.U. a causa di una leucemia nel dicembre del 2012, dopo sei anni di malattia.
I ricorrenti lamentano la violazione degli articoli 6 (diritto a un processo equo), e 2 (diritto alla vita), della Convenzione. Con riferimento al rispetto delle regole del giusto processo essi ritengono che la scelta delle autorità nazionali di archiviare il caso originato dalla denuncia della signora Smaltini in seguito a indagini poco approfondite svolte da una commissione di esperti nominata in modo irregolare che ha prodotto una perizia incompleta, non basata su dati statistici aggiornati e sulle reali condizioni di salute dalla donna, violi il primo paragrafo dell’articolo 6; sul fronte dell’art. 2 della Convenzione, i ricorrenti lamentano la violazione del diritto alla vita della prima ricorrente, che è infatti deceduta in pendenza del procedimento davanti alla C.E.D.U. a causa della malattia.
La questione è chiaramente di grande rilevanza e la C.E.D.U. si esprimerà sull’operato delle autorità italiane riguardo al caso “I.L.V.A.”.
Al Governo italiano sono state poste tre domande e precisamente:    
  1. Quali sono i dati scientifici ufficiali di cui disponevano le autorità al tempo dei fatti per poter accertare l’esistenza di un nesso causale tra la morte della prima ricorrente e le emissioni provenienti dallo stabilimento Ilva?
  2. Il diritto alla vita della prima ricorrente è stato violato, nel caso di specie, dal punto di vista sostanziale?
  3.  Avendo riguardo alla tutela processuale del diritto alla vita, le indagini svolte dalle autorità nazionali possono dirsi effettive ai sensi dell’art. 2 della Convenzione?
L’inquinamento prodotto negli anni dallo stabilimento I.L.V.A. di Taranto è stato al centro di numerose pronunce da parte delle autorità nazionali. Ultimamente si ricordano due sequestri preventivi, dell’impianto prima e dei prodotti poi, il decreto legge n. 207 del 3 dicembre 2012 poi convertito con legge n. 231 del 24 dicembre 2012 che, sostanzialmente, aveva lo scopo di vanificare gli effetti dei sequestri giudiziari, consentendo la commercializzazione dei prodotti dello stabilimento ed, infine, una pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 85/2013), che si è espressa dichiarando inammissibili e infondate le questioni sollevate dal G.I.P del Tribunale di Taranto e dal Tribunale ordinario di Taranto. La Corte costituzionale ha affermato che l’intervento legislativo sia stato conforme ai principi costituzionali, sussistendo un giusto bilanciamento degli interessi in gioco e presi in considerazione dal c.d. “decreto salva Ilva”. In tal modo la Corte costituzionale ha negato, nella sostanza, l’esistenza di una gerarchia tra diritti costituzionalmente garantiti, ovvero il diritto al lavoro e all’iniziativa economica, da una parte, e il diritto alla salute e all’ambiente salubre, dall’altra.
Nel ricorso si legge che la prima ricorrente, dopo essere venuta a conoscenza di essere malata di leucemia, si rivolse all’autorità competente, denunciando i proprietari dello stabilimento tarantino in ragione del comprovato nesso di causalità esistente tra le emissioni nocive della fabbrica e l’incremento dei casi di cancro e leucemia nella zona limitrofa. La signora Smaltini aveva chiesto che venissero svolte delle indagini approfondite al fine di sancire l’esistenza di tale legame e che, in particolare ne fosse provata l’incidenza causale con l’insorgere della propria malattia.
Tuttavia, il pubblico ministero chiese l’archiviazione del caso. A tale richiesta si oppose la signora Smaltini che incentrava la propria doglianza sia su una precedente condanna dei proprietari della fabbrica, sia sui dati contenuti nella relazione pubblicata dalla sezione di Taranto dell’AIL (Associazione Italiana Leucemie – linfomi mieloma), sia sulle dichiarazioni del primario del reparto di ematologia dell’ospedale di Taranto. In seguito a tale opposizione, il G.I.P. presso il Tribunale di Taranto incaricò il Pubblico Ministero di svolgere un’indagine più approfondita.
Il Pubblico Ministero nominò, quindi, una commissione di consulenti composta da un medico legale e da un ematologo al fine di  valutare l’esistenza di tale eventuale nesso causale.
Le analisi svolte dai consulenti tecnici, tuttavia, non confermarono quanto denunciato dalla prima ricorrente e la perizia affermò che la percentuale di decessi per cancro o leucemie non era superiore a quella altre di zone d’Italia e non tenne in alcuna considerazione i dati forniti dalle associazioni ambientaliste e mediche: secondo i consulenti d’ufficio non sussisteva alcun nesso di causalità tra le emissioni dello stabilimento I.L.V.A e l’insorgere di malattie.
Sulla base di tale perizia il pubblico ministero rinnovò la richiesta di archiviazione e, nuovamente, a tale decisione si oppose la ricorrente sottolineando, tra l’altro, che nessuno dei consulenti tecnici l’aveva visitata. Il 19 gennaio 2008, il G.I.P. presso il Tribunale di Taranto decise di archiviare definitivamente il caso ritenendo non sufficientemente provato il nesso di causalità tra le emissioni dello stabilimento I.L.V.A. e i casi di malattia e decessi nella zona.
Infine, sempre sul caso “I.LV.A.” si ricorda che il 26 settembre 2013 la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per il mancato controllo delle emissioni tossiche generate da tale stabilimento.
Il Governo italiano dovrà ora rispondere alle domande della C.E.D.U.
Successivamente, anche i ricorrenti avranno la possibilità di presentare le loro osservazioni e, una volta completata questa fase procedurale, la C.E.D.U. sarà in grado di pronunciarsi sul caso.
Le ripercussioni della pronuncia della C.E.D.U. saranno rilevanti, essendo in gioco il diritto alla vita, in primis, quello della prima ricorrente, ma anche quello di tutti i tarantini, i quali vivono sulla loro pelle, da anni, un gravissimo inquinamento ambientale.

Nessun commento: