Casa deprezzata per colpa dell’Ilva. L’azienda risarcisce per il 20 per cento
A vivere gomito a gomito con l'Ilva ci si rimettono soldi e salute. Perché i veleni sputati su Taranto da ciminiere e altoforni non solo fanno ammalare e uccidono, come sostiene la procura nell'atto di accusa contro i Riva nell'inchiesta per disastro ambientale. Ma abbattono anche il valore delle case di chi vive nel rione Tamburi. Non è un'impressione, ma la conclusione a cui è giunto il giudice Pietro Genoviva.
Il giudice ha accolto la richiesta di risarcimento del danno presentata dal proprietario di un'abitazione che dista solo un chilometro e duecento metri dal siderurgico. Quel tiro di schioppo, però, significa lacrime e sangue per quel tarantino che ha investito i suoi risparmi in una casa di 90 metri quadri, al terzo piano senza ascensore. Il giudice ha stabilito che il siderurgico dovrà pagargli 13.800 euro, ovvero il 20% del valore della sua abitazione, oltre agli interessi. Perché polveri e fumi, ma soprattutto il pericolo connesso all'inquinamento prodotto dalla grande fabbrica, influenzano il mercato immobiliare di quel rione. Teoria sostenuta con forza in aula dall'avvocato Filippo Condemi, il legale che nel 2010 ha citato in giudizio l'Ilva, il proprietario Emilio Riva e Luigi Capogrosso, all'epoca direttore dello stabilimento. L'avvocato Condemi ha costruito le sue argomentazioni sulla sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna dell'Ilva per le emissioni pericolose dei suoi reparti. In quel verdetto viene consacrato che la fabbrica spara su Taranto, e in particolare sul confinante quartiere Tamburi, la bellezza di 21.000 tonnellate di polveri inquinanti all'anno.
Per tre anni la causa si è trascinata in tribunale, dribblando le eccezioni della difesa. Buona parte del giudizio si è accartocciata sulla consulenza disposta dal giudice per fissare con precisione l'ammontare della svalutazione subita da quella casa. Un tentativo che si è inceppato più volte, sino alla relazione conclusiva del Ctu. Nella perizia il tecnico riconosce la perdita di valore commerciale della casa. E la quantificava in un range compreso tra il 25% e il 32%. Le sue conclusioni, in realtà sono state solo parzialmente accolte dal giudice. Nel suo verdetto, infatti, il presidente Genoviva stigmatizza le difficoltà oggettive con le quali si è dovuta misurare quella perizia, ma afferma che "la domanda attrice è sostanzialmente fondata e va accolta".
"Il fenomeno di grave inquinamento ambientale che da sempre affligge il quartiere Tamburi - scrive nella sentenza - nell'ultimo decennio è diventato di dominio pubblico, permeando in modo indelebile la coscienza collettiva, con l'effetto "secondario", ma non certo trascurabile di rendere assai meno appetibile il patrimonio immobiliare del quartiere". Quella caduta di appeal è stata quantificata dal magistrato, in via equitativa, in una svalutazione del 20%. Di qui il riconoscimento a quel coraggioso tarantino, che ha citato in giudizio il colosso dell'acciaio, di un risarcimento di 13.800 euro. Un verdetto che spiana la strada ad altre 149 cause dello stesso tenore, che sono state già depositate nelle cancellerie del Tribunale civile dall'avvocato Condemi. E la corsa al risarcimento, c'è da giurarci, è solo all'inizio. Per i Riva si tratta di un'altra tegola, per non parlare delle possibili ripercussioni sul delicato processo di risanamento. (RepBa)
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