Nel decreto 136 sulla Terra dei Fuochi e l’Ilva di Taranto in questi giorni alla Camera per la sua approvazione e definitiva conversione in legge, nella discussione in Commissione Ambiente della Camera “sono state inserite specifiche disposizioni in materia di tutela della salute e di azioni di monitoraggio sanitario nei territori delle regioni Campania e Puglia”. In primo luogo, è stato previsto che le due regioni, per il biennio 2014 e 2015, definiscano la tipologia e le modalità di offerta degli esami per il controllo dello stato di salute della popolazione residente in taluni comuni localizzati nelle due regioni e specificati nella norma.
Gli esami saranno effettuati senza alcuna compartecipazione della spesa da parte dei pazienti. In secondo luogo, sono state inserite due previsioni analoghe per la Campania e la Puglia, al fine di analizzare e pubblicare i dati dello studio epidemiologico SENTIERI relativo ai Siti di interesse nazionale (SIN) delle due regioni, nonché aggiornarlo stabilendo potenziamenti degli studi epidemiologici. Azioni che noi definiremmo di giustizia sociale e che in uno Stato civile dovrebbero essere la regola, e non l’eccezione.
Ciò detto, ci appare ben strano notare che nel 2014 siamo
ancora alle manifestazioni d’intento e al voler continuare a ricercare
una verità che oramai tutti conoscono da decenni. Agli inizi degli anni
‘90, il Ministero dell’Ambiente affidò al Centro Europeo Ambiente e
Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il compito di
effettuare una serie di valutazioni dello stato di salute delle
popolazioni residenti nelle Aree ad elevato rischio di crisi ambientale
(Legge 8 Luglio 1986 n. 349), tra le quali è compresa quella di Taranto.
Ed allora riteniamo opportuno, anche per rendere merito a
quei medici che hanno dato il loro prezioso contributo, ripercorrere
tutti gli studi sin qui realizzati su Taranto e le evidenze scientifiche
inoppugnabili che da anni e anni sono a disposizione di tutte le
istituzioni di ogni ordine e grado, oltre che di sindacati e
Confindustria.
Insomma di tutti coloro i quali avrebbero potuto in un
modo o in un altro intervenire, far sentire la propria voce, chiedere
azioni concrete: ma non per mezzo di posizioni ideologiche, ma avendo
alla mano studi epidemiologici senz’appello.
“Ambiente e Stato di salute nelle popolazioni delle aree a
rischio ambientale in Italia. Confronto dati mortalità anni 1981-1987 e
1990-1994 tramite calcolo SMR (Rapporto Standardizzato di Mortalità) tra
Taranto, Area a elevato rischio ambientale (Taranto, Statte, Massafra,
Montemesola, Crispiano) e Regione Puglia” (Roma OMS: Martuzzi M., Mitis
F:, Biggeri A., Terracini B., Bertolini R.): “I risultati degli studi
dal 1981 al 1994, mostrano che gli indici di mortalità (SMR) per
neoplasie e nello specifico per cancro del Polmone, della Pleura e della
Vescica risultano più elevati nei comuni di Taranto e Statte rispetto
al resto dell’Area a rischio ambientale”.
Dal 1993, anche in collaborazione con l’Istituto Superiore
di Sanità e con l’Osservatorio Epidemiologico della Regione Puglia,
nella ASL di Taranto è stato possibile redigere una serie di studi
epidemiologici di mortalità sulla popolazione generale riguardanti
l’andamento delle patologie neoplastiche, in particolar modo delle
neoplasie collegate agli effetti sulla salute da inquinamento
atmosferico. La ASL, durante l’audizione in Commissione congiunta
Ambiente e Attività produttive del 24 giugno, sottolineava che “gli
studi effettuati negli anni sono stati divulgati pubblicamente al fine
di raggiungere con una corretta comunicazione sia i soggetti
istituzionali che la popolazione interessata”.
Purtroppo però, più di qualcosa nella comunicazione non ha
funzionato. Visto che la gran parte dei cittadini di questi studi non ne
conosce nemmeno l’esistenza. E qui sorge spontaneo il dubbio, che per
noi è da sempre una certezza, che più di qualcuno negli anni ha fatto in
modo che questi studi restassero nei cassetti, ben nascosti da orecchie
ed occhi indiscreti: la responsabilità è politica. Ma soprattutto
etica. E tocca un numero indefinito, ma elevato di persone. Che nella
loro coscienza sanno molto bene come stiano effettivamente le cose.
Partiamo dal 1993: “Mortalità per Carcinoma del polmone a
Taranto, città sede di polo siderurgico. Indagine conoscitiva” (L.
Annichiarico, A. Mancino, S. Minerba. Estratto di Folia Oncologica). I
dati emersi da questa indagine indicano che “gli abitanti delle aree più
vicine alle fonti di inquinamento atmosferico prodotto dagli
insediamenti industriali sono più esposti al rischio di ammalarsi di
tumore al polmone; che i lavoratori impiegati nei predetti insediamenti
mostrano un rischio maggiore che aumenta quando si associa l’abitudine
al fumo di tabacco e la residenza nel territorio della USL TA/4; che a
questi fattori, per così dire primari, potrebbero essere aggiunti altri
elementi quale, per esempio, la maggiore indigenza degli abitanti dei
rioni più esposti rispetto a quelli degli altri rioni”.
Nel 2004, viene pubblicato lo studio MISA “Effetti a breve
termine dell’inquinamento atmosferico nella città di Taranto” (G.
Assennato, L. Bisceglia, A. Bruni, G. Ciaccia, S. Minerba) sulla rivista
“Epidemiologia e Prevenzione” (anno 28, Supplemento 4-5: 97, 2004). “Lo
studio MISA ha valutato gli effetti a breve termine dell’inquinamento
atmosferico sulla salute dei residenti della città di Taranto: le
concentrazioni di inquinanti atmosferici rilevate nei giorni precedenti
l’osservazione mostrano un’associazione con la mortalità naturale
(effetto del traffico autoveicolare) e con il numero di decessi per
tutte le cause e di ricoveri per malattie respiratorie e
cerebrovascolari”.
E’ del 2006 invece, la “Relazione sullo stato di salute
della popolazione della provincia di Taranto” (M. Conversano, S.
Minerba, A. Mincuzzi et al., 2006. Bollettino epidemiologico n.6/2005). I
risultati dei due studi OMS sono stati oggetto di un aggiornamento da
parte dell’azienda Sanitaria di Taranto, utilizzando la stessa
metodologia con la mortalità degli anni 1998-2002: “vengono confermati,
pur con qualche lieve diminuzione, gli indici di mortalità già
dimostratisi in eccesso e nello specifico per cancro del polmone, della
pleura e della vescica si evidenzia che tali indici risultano più
elevati nei comuni di Taranto e Statte rispetto al resto dell’Area a
rischio ambientale”.
Dai risultati delle analisi di mortalità si evince che “vi è
una tendenza alla riduzione degli eccessi: ad esempio, nel sesso
maschile, si passa dal 37,6% di incremento per il tumore del polmone nel
periodo 1980-1987, al 32,9% nel 1990-1994, fino al 22,1% nell’epoca più
recente. Tuttavia, si registra il permanere della condizione di rischio
(con eccessi per il tumore della pleura di 4 volte negli uomini e di 2
volte nelle donne) per tutte le patologie, tranne che per il tumore
vescicale nelle donne per cui l’aumento non è mai stato presente. Questi
dati confermano pertanto i risultati della prima indagine dell’OMS e
suggeriscono la persistenza di una condizione di rischio aumentato di
sviluppare patologie neoplastiche e specificamente quelle per cui è nota
e ampiamente consolidata l’associazione causale con fattori di rischio
di tipo professionale e ambientale”.
Sempre nel 2006 esce lo “Studio caso-controllo relativo a
casi di tumore incidenti nel comune di Taranto” (S. Belli, A. Bruni, S.
Minerba, A. Scarselli, A. Marinaccio, P. Comba, M. Conversano. Congresso
AIE Palermo 2006). Dagli atti viene fuori che “per quanto riguarda il
tumore polmonare, si evidenzia un’associazione statisticamente
significativa con la distanza della residenza principale dalle
acciaierie”.
Nel 2007 arriva lo “Studio di mortalità nel comune di
Taranto dal 1970 al 2004” (Vigotti MA, Cavone D, Bruni A, Minerba S,
Conversano M. “Analisi di mortalità in un sito con sorgenti localizzate:
il caso di Taranto” Comba P, Bianchi F, Iavarone I, Pirastu R (eds). “I
risultati nel sesso maschile evidenziano una sostanziale riduzione dei
tassi di mortalità per quasi tutte le patologie esaminate, con
l’eccezione del tumore della vescica e delle malattie dell’apparato
respiratorio, con indici che risultano comunque generalmente in eccesso
rispetto agli analoghi valori regionali”. Gli autori dello studio
sottolineano inoltre come “alcune patologie, come quelle relative
all’apparato respiratorio notoriamente associate anche all’inquinamento
atmosferico, risultano in crescita nell’ultimo periodo nelle donne. C’è
infine da notare che anche a Taranto, come in altre realtà industriali
italiane, nell’ultimo periodo e tra gli uomini, la mortalità per tutti i
tumori ha superato quella per malattie cardiovascolari, mentre questo
fenomeno non si osserva nella Regione Puglia nel suo insieme”.
Nel settembre del 2009 viene pubblicato sulla rivista
inglese “Iournal of Preventive Medicine and Hygiene” n.50. lo studio
“Malignant cancer mortality in Province of Taranto (Italy). Geographic
analysis in an area of high environmental risk” (“Mortalità per tumore
maligno in Provincia di Taranto (Italia). Analisi geografica in una zona
di alto rischio ambientale” Martinelli D, Mincuzzi A, Minerba S, Tafuri
S, Conversano M, Caputi G, Lopalco PL, Quarto M, Germinario C, Prato R.
2009). Nel quale si evince che “il comune di Taranto presenta nel sesso
maschile un eccesso di mortalità del 28% per il cancro del polmone e
del 460% per il cancro della pleura rispetto allo standard Regionale.
Dei 15 tumori maligni che presentano eccessi di mortalità all’interno
della provincia di Taranto ben 11 concentrano il problema a livello del
comune capoluogo”.
Dal 2010 l’attività epidemiologica della ASL di Taranto è
stata orientata ad approfondire gli studi sulla morbosità neoplastica
attraverso l’avvio delle attività di registrazione dell’incidenza delle
patologie neoplastiche – Registro Tumori e ad iniziare gli studi di
biomonitoraggio sull’esposizione a sostanze inquinanti attraverso la
valutazione dell’esposizione dei residenti nel Comune di Taranto ai
metalli pesanti di derivazione industriale. E’ del 2012 “L’incidenza
della patologia oncologica a Taranto” (M. Conversano, A. Mincuzzi, S.
Minerba , I. Rashid, P. Comba, S. Conti. Ambiente e Salute a Taranto:
evidenze disponibili e indicazioni di Sanità Pubblica: 49-51,92). Dallo
studio si evince che “l’esame dell’incidenza dei tumori nel biennio
2006-2007 nel SIN di Taranto mostra, rispetto al resto della provincia,
eccessi per tutti i tumori, tumore maligno del polmone e linfoma non
Hodgkin sia tra gli uomini che tra le donne. Inoltre si registra tra gli
uomini un eccesso per il mesotelioma e tra le donne per il tumore della
mammella. Per la maggior parte delle sedi l’eccesso, seppur non sempre
statisticamente significativo, è presente anche quando si utilizzano per
il confronto i tassi Sud e Isole”.
Alessandro Bratti (PD), relatore in Commissione ambiente
del decreto 136, nei giorni scorsi ha affermato che “lo studio SENTIERI
realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità dovrà proseguire perché ci
consente di capire in che misura il fenomeno dell’inquinamento
industriale incide sulle patologie a partire dalle più gravi come i
tumori. Sentieri continuerà quindi ad essere un punto fondamentale”. E
cos’altro c’è da capire? L’aggiornamento dello studio reso noto lo
scorso anno, ha già evidenziato quanto segue: “In conclusione i
risultati dell’analisi di mortalità svolta secondo la metodologia del
progetto SENTIERI mostrano che sia tra gli uomini che tra le donne, in
entrambi i periodi considerati, sono presenti eccessi di mortalità per
le principali cause di morte, specifiche sedi tumorali e specifiche
patologie, come anche per la mortalità infantile. Questo quadro di
mortalità documenta uno stato di salute dei residenti nel SIN di Taranto
sfavorevole rispetto alla popolazione regionale, in particolare per le
patologie la cui eziologia ammette fra i propri fattori di rischio
accertati o sospettati le esposizioni ambientali presenti nel sito”.
Nel 2012 esce “L’analisi dei Trend temporali della
Mortalità” (Susanna Conti, Valerio Manno, Giada Minelli. Ambiente e
Salute a Taranto: evidenze disponibili e indicazioni di Sanità Pubblica:
23-48). Nel quale si legge che “merita particolare attenzione il fatto
che i livelli di mortalità maschile di Taranto si siano mantenuti
nell’intero arco temporale considerato sempre significativamente
superiori non solo a quelli pugliesi, ma anche a quelli italiani, per
importanti patologie quali il tumore del polmone e le malattie del
sistema respiratorio nel loro complesso e croniche in particolare. Anche
tra le donne si osservano segnali di criticità, quali un marcato
aumento nel trentennio della mortalità per tumori polmonari e valori
significativamente più elevati, rispetto alla media nazionale, della
mortalità per malattie ischemiche del cuore a partire dalla fine degli
anni ‘90”.
Sempre nel 2012, vengono resi i noti i risultati della
perizia epidemiologica nell’ambito dell’incidente probatorio
nell’inchiesta sull’Ilva, redatta dagli esperti Maria Triassi, Annibale
Biggeri, Francesco Forastiere. Ne riportiamo le conclusioni più forti:
“L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi
dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni
degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono
in eventi di malattia e di morte”. “Il quadro sanitario della
popolazione di Taranto esposta alle emissioni industriali e impiegata in
diversi comparti lavorativi appare compromesso”. “Nei 13 anni di
osservazione sono attribuibili alle emissioni industriali 386 decessi
totali (30 per anno), ovvero l’1.4% della mortalità totale, la gran
parte per cause cardiache. Sono altresì attribuibili 237 casi di tumore
maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero (18 casi per anno), 247
eventi coronarici con ricorso al ricovero (19 per anno), 937 casi di
ricovero ospedaliero per malattie respiratorie (74 per anno) in gran
parte nella popolazione di età pediatrica, 638 casi totali, 49 per
anno”.
Sempre del 2012 è lo “Studio di coorte sulla mortalità e
morbosità nell’area di Taranto” (Francesca Mataloni, Massimo Stafoggia,
Ester Alessandrini, Maria Triassi, Annibale Biggeri, Francesco
Forastiere) pubblicato sulla rivista “Epidemiologia e Prevenzione (anno
36 – Rassegne e Articoli (5) settembre-ottobre 2012 pag. 237-252). Anche
in questo caso si legge che “i risultati di questo studio mostrano
un’importante relazione tra stato socioeconomico e profilo sanitario
nell’area di Taranto. Dopo aver tenuto conto di tale effetto, i
quartieri più vicini alla zona industriale presentano un quadro di
mortalità e ospedalizzazione più compromesso rispetto al resto dell’area
studiata”.
Del 2013 sono i primi risultati del “Biomonitoraggio dei
metalli pesanti attraverso dosaggio nelle urine di arsenico inorganico e
suoi metaboliti metilati, Cromo, Mercurio, Manganese e Piombo” (L.
Vimercati, F. Cuccaro, M. Serinelli, L. Bisceglia, I. Galise, M.
Conversano, S. Minerba, A. Mincuzzi, T. Martino, M.A. Storelli, T.
Gagliardi, G. Assennato). Dal quale si evince che “le concentrazioni dei
metalli osservate nell’intera popolazione studiata sono
complessivamente alte. I valori mediani di Pb e Cr superano il 95°
percentile del range dei valori di riferimento del SIVR. Per entrambi i
metalli le concentrazioni mediane più alte sono state rilevate nei
soggetti residenti a Statte”.
Sempre dello scorso anno, i dati del registro tumori di
Taranto (realizzato dall’Unità Operativa di Statistica ed Epidemiologia
della ASL/TA), che riguardano il triennio 2006-2007-2008, che hanno
evidenziato un dato certo ed inconfutabile: il SIN di Taranto (che
comprende Taranto e Statte) presenta dati di incidenza superiori, per
alcune tipologie di tumori, negli uomini che nelle donne, se confrontati
sia con i dai del resto d’Italia sia con quelli del Sud Italia e delle
Isole. Negli uomini nel SIN di Taranto si registra un’incidenza
superiore rispetto resto della provincia ionica, per i tumori di testa e
collo (+32%), colon e retto (+23%), fegato (+39%), pancreas (+38%),
polmone (+58%), melanoma cutaneo (+89%), mesotelioma (+296%), ( prostata
(+15%), rene e vie urinarie (+93%), vescica (+30%), linfoma non Hodgkin
(+45%), per un totale di +30% sul totale dei casi osservati. Nelle
donne invece, si registra per lo stomaco un clamoroso +108%, +13% per
colon e retto, +84% per il fegato, +50% per il polmone, +32% per
melanoma cutaneo, +27% per la mammella, +69% per il corpo dell’utero,
per un +20% sul totale dei casi osservati (esclusi cute e tumori non
maligni del SNC).
Infine, resi noti lo scorso novembre, i risultati dello
studio IESIT “Indagine epidemiologica nel sito inquinato di Taranto” .
Si tratta delle famose mappe epidemiologiche, realizzate grazie al
finanziamento della Provincia a seguito di un accordo firmato con la
ASL di Taranto ed è stato realizzato grazie alla collaborazione con
altre istituzioni regionali, l’ARPA Puglia, l’Università di Bari e
l’Osservatorio epidemiologico regionale. Nello studio si evidenzia che
“tra i comuni emerge in maniera chiara l’eccesso di ricoveri e di
mortalità per tutte le neoplasie nel capoluogo mentre il resto della
provincia evidenzia quasi unicamente un eccesso di ricoveri per alcuni
comuni della parte orientale relativamente alle neoplasie della
tiroide”.
Inoltre, dallo studio è emerso che “si presenta più
frequentemente un eccesso di ricoveri e mortalità fra i residenti del
comune di Taranto e dei comuni limitrofi rispetto al confronto
regionale. La città di Taranto presenta il più delle volte un rischio
maggiore rispetto alla media regionale”. Lo studio, relativamente al
periodo 2001-2012, evidenzia anche che “gli eccessi per ricoveri, per
mortalità o per entrambi, a Taranto riguardano il mesotelioma maligno,
il tumore maligno del polmone, il tumore del pancreas, il tumore del
fegato, le neoplasie della vescica, le neoplasie del rene, quelle
dell’encefalo, il mieloma e le neoplasie del sistema emolinfopoietico e
specificatamente nelle donne le neoplasie della mammella e
dell’utero”. I quartieri che presentano più eccessi “sono Borgo, Città
vecchia e Tamburi”. Cose che già si conoscevano, si dirà.
Indubbiamente. Ma lo studio IESIT risulta essere sicuramente più
completo e approfondito sia rispetto alla perizia epidemiologica
redatta dagli esperti nominati dal tribunale di Taranto, sia dello
studio “Sentieri” (2002-2009) che il governo vuole aggiornare.
Volete studiare e approfondire ancora? Bene. Vogliamo fare
prevenzione come suggerito a più riprese dagli epidemiologi? Benissimo.
Ma finché non chiuderemo tutte le fonti inquinanti presenti su questo
territorio, partendo dall’Ilva (e proseguendo con Eni, Cementir,
inceneritori e discariche), nei prossimi anni non faremo altro che
pubblicare altri studi che arriveranno alle medesime conclusioni dei
precedenti. E continueremo ad aggiornare fredde cifre e statistiche che
altro non sono se non le nostre vite. Dovrebbe bastare questo per
sollevare un’intera comunità. Dovrebbe, appunto.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 23.01.2014)
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