Cnr di Taranto «L’inquinamento c’è Bisogna capire le fonti»
«I soldi devono essere impiegati per eliminare le fonti
inquinanti, una volta individuate con certezza». In pratica spendere
denaro in altra maniera è superfluo. «Se verrà accertato che
l’inquinamento è dovuto alle discariche ad esempio, allora bisognerà
spendere il denaro per chiudere le discariche che contaminano terreni e
acqua». Nicola Cardellicchio, a capo del Cnr provinciale, Istituto per
l’Ambiente Marino Costiero di Taranto (ex Istituto Talassografico) è
perentorio. E’ lui a guidare le ricerche in Mar Piccolo per il progetto
Ritmare lanciato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Ministero
dell’Università e della Ricerca. Ieri mattina presso la sede del Polo
Universitario Jonico, in città vecchia, si è tenuto un seminario di
studio. Presentati i primi risultati degli approfondimenti sul Mar
Piccolo, ottenuti dalle varie Unità Operativa del progetto dopo
sopralluoghi sul posto. Uno studio a 360 gradi su sorgenti, citri, fiumi
sottomarini, correnti.
«Mi pare chiaro – dice Cardellicchio - anche se il nostro lavoro dovrà andare ancora avanti per avere la certezza delle nostre intuizioni, che la falda superiore, quella interessata da Pcb e metalli pesanti, ha contaminato quella sottostante. Il progetto Ritmare sul bacino del Mar Piccolo ha questo obiettivo come fine ultimo: dimostrare con dati, numeri, indagini, quanto sta emergendo. Il lavoro è complesso. Ma questa ricerca sarà alla base di qualsiasi intervento futuro». Ad ottobre ci sarà un altro momento pubblico di approfondimento «e sono convinto che riusciremo a portare dei risultati definitivi» aggiunge il responsabile del Cnr provinciale.
Taranto è stata scelta come “area di studio” dal progetto Ritmare, che vede coinvolti diversi ricercatori di Università ed Enti di Ricerca Nazionali, proprio per le problematiche ambientali rilevanti anche dal punto di vista socio-economico. Scopo del progetto è contribuire alla comprensione dei fenomeni di contaminazione specie in Mar Piccolo, per individuare, dopo, “idonee strategie di recupero”. Durante il seminario sono intervenuti anche i ricercatori del Cinfai, Consorzio Interuniversitario per la Fisica delle Atmosfere e delle Idrosfere, che lavora nell’orbita di Ritmare. In una loro relazione, che sostiene le tesi del professor Cardellicchio, si legge che nella zona interessata dai rilievi “sono state individuate anche discariche, rifiuti urbani e numerosi siti di smaltimento abusivo di rifiuti di varia provenienza, che possono provocare un ovvio inquinamento delle acque superficiali e sotterranee”. Acque sotterranee che, ma è un dato acquisito, hanno uno stretto legame con le acque marine.
Per portare avanti il progetto, i tecnici di enti e consorzi, hanno avuto, bisogno di collaborare con il territorio e non solo, per reperire notizie, carte, documenti, sui luoghi di studio. Sono state fatte richieste al Ministero competente e alle due aziende che occupano l’area più vasta della zona industriale: Eni e Ilva. L’Eni si è subito aperta al dialogo. «Dall’Ilva invece - ha concluso il suo intervento Mauro Giudici del Cinfai - non ci hanno mai risposto». (Cavallaro A. - GdM)
«Mi pare chiaro – dice Cardellicchio - anche se il nostro lavoro dovrà andare ancora avanti per avere la certezza delle nostre intuizioni, che la falda superiore, quella interessata da Pcb e metalli pesanti, ha contaminato quella sottostante. Il progetto Ritmare sul bacino del Mar Piccolo ha questo obiettivo come fine ultimo: dimostrare con dati, numeri, indagini, quanto sta emergendo. Il lavoro è complesso. Ma questa ricerca sarà alla base di qualsiasi intervento futuro». Ad ottobre ci sarà un altro momento pubblico di approfondimento «e sono convinto che riusciremo a portare dei risultati definitivi» aggiunge il responsabile del Cnr provinciale.
Taranto è stata scelta come “area di studio” dal progetto Ritmare, che vede coinvolti diversi ricercatori di Università ed Enti di Ricerca Nazionali, proprio per le problematiche ambientali rilevanti anche dal punto di vista socio-economico. Scopo del progetto è contribuire alla comprensione dei fenomeni di contaminazione specie in Mar Piccolo, per individuare, dopo, “idonee strategie di recupero”. Durante il seminario sono intervenuti anche i ricercatori del Cinfai, Consorzio Interuniversitario per la Fisica delle Atmosfere e delle Idrosfere, che lavora nell’orbita di Ritmare. In una loro relazione, che sostiene le tesi del professor Cardellicchio, si legge che nella zona interessata dai rilievi “sono state individuate anche discariche, rifiuti urbani e numerosi siti di smaltimento abusivo di rifiuti di varia provenienza, che possono provocare un ovvio inquinamento delle acque superficiali e sotterranee”. Acque sotterranee che, ma è un dato acquisito, hanno uno stretto legame con le acque marine.
Per portare avanti il progetto, i tecnici di enti e consorzi, hanno avuto, bisogno di collaborare con il territorio e non solo, per reperire notizie, carte, documenti, sui luoghi di studio. Sono state fatte richieste al Ministero competente e alle due aziende che occupano l’area più vasta della zona industriale: Eni e Ilva. L’Eni si è subito aperta al dialogo. «Dall’Ilva invece - ha concluso il suo intervento Mauro Giudici del Cinfai - non ci hanno mai risposto». (Cavallaro A. - GdM)
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