Maxi traffico di rifiuti tossici, indagato padre della Marcegaglia
Un milione di tonnellate di rifiuti
speciali trattati come normali. Ottocento camion che in un anno
percorrevano mezza Italia carichi di terra proveniente da bonifiche
di distributori di carburante, di scarti di produzione industriale
contaminati dal mercurio, di bombolette piene di gas propano. Quei
materiali pericolosi finivano in discariche, aree di stoccaggio e
zone di ripristino ambientale in Emilia, Toscana e Trentino non
attrezzate per smaltirli: diventavano bombe ecologiche. A
organizzare il sistema era un'azienda grossetana, l'Agrideco, che
falsificava analisi per cambiare la natura dei rifiuti e si
accordava con gestori dei siti e trasportatori. Tra i suoi venti
clienti anche la multinazionale Procter & Gamble e due grandi
gruppi industriali come Lucchini e Marcegaglia, fondato da Steno
padre della numero uno di Confindustria Emma, che ora è
indagato.
A scoprire il sistema sono stati i carabinieri del Noe, Nucleo
operativo ecologico, di Grosseto, che sono partiti da un incidente
mortale sul lavoro avvenuto nel giugno 2008 per avviare
l'operazione "Golden rubbish" (immondizia d'oro). Hanno messo sotto
inchiesta 61 persone, di cui 9 sono finite ai domiciliari e 6 in
carcere. Oltre a 5 responsabili della ditta toscana sono stati
coinvolti trasportatori, titolari di discariche e siti di
stoccaggio, tecnici di tre laboratori, e anche gli stessi clienti,
che secondo l'accusa non potevano non sapere dove finivano i loro
scarti. Si contestano reati legati alla gestione dei rifiuti, falso
e associazione a delinquere.
"Siamo certi della assoluta estraneità dei nostri dirigenti
coinvolti, loro malgrado, in un'indagine che chiama direttamente in
causa società regolarmente autorizzate, alle quali la Lucchini e
numerose altre imprese italiane hanno affidato i servizi di
smaltimento dei rifiuti", si difendono dal grande gruppo di
acciaierie. Nell'inchiesta sono finiti il direttore responsabile
dello stabilimento siderurgico di Servola (Trieste), Francesco
Rosato e il responsabile ecologia e ambiente, Vincenzo D'Auria. "I
dirigenti interessati dalle indagini non ricoprono più da tempo
quegli incarichi - dicono da Marcegaglia - L'azienda si dichiara
certa del loro comportamento e confida di poter dimostrare la
propria estraneità. Questo materiale è stato conferito a società
legalmente autorizzate allo smaltimento. Steno Marcegaglia è
indagato in quanto presidente del gruppo".
Ai domiciliari è finito Mauro Bragagni, 59 anni, ex direttore dello
stabilimento di Ravenna da dove sarebbero usciti rifiuti
pericolosi, ma ci sono problemi anche per il laboratorio della
della Made Hse, appartenente allo stesso gruppo e situata a Gazoldo
degli Ippoliti (Mantova) dove si trova il quartier generale dei
Marcegaglia. È stato sequestrato e uno dei tecnici è agli arresti:
il sospetto è che nella struttura si compilassero falsi certificati
di analisi sui rifiuti.
L'incidente sul lavoro è avvenuto il 26 giugno del 2008 a Scarlino
(Grosseto), presso un impianto della Agrideco che gestiva rifiuti
pericolosi senza autorizzazione. Quel giorno c'erano circa 100
tonnellate di bombolette mal triturate. Ci fu un'esplosione che
impegnò i vigili del fuoco per una settimana. Tra le fiamme morì
Martin Decu, operaio romeno di 47 anni. Un suo compagno rimase
ustionato. Cinque responsabili dell'azienda - Stefano Rosi di 50
anni, Luca Tronconi di 45, Paolo Meneghetti di 49, Federico
Lattanzi di 37, Giovanni Consiglio di 47 anni - ieri sono finiti in
carcere, i primi due sono stati denunciati anche per omicidio
colposo, lesioni personali colpose e incendio. Da quell'incidente i
carabinieri hanno ricostruito il sistema di smaltimento
irregolare.
Ieri ai domiciliari sono finiti 4 uomini di Marcegaglia, 3 di
Lucchini, un tecnico di laboratorio di Bergamo e 2 responsabili di
un sito di smaltimento vicino Trento. Nei guai anche una discarica
a Fusignano, il paese di Arrigo Sacchi. (Rep)
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