Diossina, «assolto» il camino Ilva. È ancora caccia alla fonte inquinante
Pecore contaminate, l’équipe della procura non ha ancora risolto il caso ma ha scagionato il maggiore sospettato
Il camino E312 dello stabilimento Ilva di Taranto è stato scagionato: non è da lì che fuoriesce la diossina che ha avvelenato il latte delle pecore che sono state abbattute a centinaia l’anno scorso. Non è quello il camino che sputa la diossina alimentare di cui la magistratura tarantina va a caccia. L’ha stabilito il gruppo di consulenti tecnici (Liberti e Cassano per l’università, Primerano per l’Arpa) che ha eseguito nei mesi scorsi, su incarico del pubblico ministero Mariano Buccoliero, prelievi ed esami. «L’analisi dello spettro della sostanza - conferma il professor Lorenzo Liberti - ha dimostrato che l’impronta è diversa, la diossina in uscita dal camino E312 è diversa da quella che ha contaminato i pascoli e il latte delle pecore. Il sospettato principale, se non altro per la grande quantità di sostanza che emette annualmente, non è la fonte che cerchiamo. La nostra ricerca quindi deve continuare e per questa ragione siamo stati sull’impianto di agglomerazione 2 a prelevare nuovi campioni».
LA RICERCA - In questa nuova ricerca i tre tecnici sono stati affiancati dai due ispettori del lavoro (Severini, Di Francesco) incaricati dal magistrato di operare con tutte le attribuzioni della polizia giudiziaria. L’obiettivo del pubblico ministero è accertare la fonte della diossina che ha contaminato gli allevamenti attorno allo stabilimento siderurgico e fare chiarezza anche sulla grande quantità di policlorobifenili (Pcb) trovata nei terreni sulla via per Statte e proveniente, quasi con certezza, dai vecchi trasformatori utilizzati negli impianti dell’Ilva e dati da smaltire a ditte locali e non. Fino a questo momento il magistrato ha aperto un fascicolo come modello 44 (ignoti) destinato a cambiare quando sarà individuata senza ombra di dubbio la fonte grazie alla sovrapposizione delle impronte della sostanza.
L'ISPEZIONE - Scartato il sospettato principale, i due ispettori del lavoro hanno spostato l’attenzione, dopo aver effettuato uno studio accurato dei reparti, sull’impianto di agglomerazione 2. È stato ispezionato mercoledì dal gruppo inviato dalla procura per verificare se nel circuito di raccolta fino allo scarico possano esserci fenomeni di dispersione nonostante la presenza dell’impianto di abbattimento delle polveri inaugurato a gennaio alla presenza del presidente della Regione Vendola e del sindaco di Taranto Stefàno. I ventuno campioni raccolti sono stati divisi tra il gruppo tecnico - universitario di studio, che dovrà esaminarli e stabilire l’impronta della diossina per confrontarla con quella riscontrata l’anno scorso negli allevamenti ovini e caprini, l’ispettorato del lavoro, che agisce come braccio della magistratura, e la stessa Ilva per il contradditorio. Se anche da queste analisi i tecnici non otterranno una risposta conclusiva continueranno il lavoro su altri impianti dello stabilimento siderurgico. La delega del magistrato, per ora, si riferisce solo all’Ilva. Non è escluso, in mancanza di una conclusione certa, che l’indagine possa allargarsi ad altre aziende e ad altri processi produttivi in grado di liberare diossina. C. Bechis (CdM)
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