giovedì 18 febbraio 2010

Una nuova "via crucis" tarantina

Da Siderlandia
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Il casermone dove i giovani africani sono stipati, ubicato in contrada “Croce”, è una struttura messa in piedi nell'ambito di un programma nazionale di “prima accoglienza, integrazione e tutela” dei richiedenti asilo politico, finanziato dal Fondo Sociale Europeo. La gestione del centro è stata appaltata alla Caritas diocesana e alla società “Programma sviluppo” (specializzata nel settore della formazione professionale) che, secondo contratto, si sono impegnate a fornire ai suoi ospiti tutta una serie di servizi. Questi dovrebbero spaziare dall'insegnamento della lingua a corsi di avviamento al lavoro, includendo l'assistenza nel disbrigo delle pratiche amministrative necessarie all'integrazione (ottenimento della carta sanitaria, iscrizione al collocamento e all'elenco anagrafico comunale, rinnovo del permesso di soggiorno, apertura di conti per il deposito dei risparmi individuali...). Ma in realtà quello era ed è rimasto un dormitorio per “senza tetto”. Nessuno dei servizi che abbiamo elencato è mai stato erogato. Il funzionamento della struttura non è cambiato di una virgola nel passaggio alla nuova destinazione: alle sei del mattino tutti i suoi ospiti devono lasciare il centro e possono rientrarvi solo a partire dalle otto di sera e fino a mezzanotte.
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