mercoledì 11 luglio 2012

I cento passi di Taranto

Si avvicina la sentenza: gli alleati di sempre iniziano a organizzarsi.
Industriali, sindacalisti, politici fanno fronte unico per terrorizzare l'opinione pubblica e collaborare tra loro per pressare la magistratura a chiudere un occhio.
Anzi due occhi, no, tre, dieci e pure cento occhi! Come nei decenni passati, come i cento passi di Peppino Impastato che separavano la gente "per bene" dai mafiosi, e che qui separano il veleno dagli avvelenati.
Nel silenzio soffocato dal terrore.

Ilva di Taranto, si dimette Riva. E' indagato per inquinamento
Arrivano le dimissioni per il presidente Nicola Riva, proseguono i guai giudiziari per il gruppo siderurgico

Si è dimesso poche ore fa Nicola Riva, presidente del Consiglio di amministrazione dell'Ilva oltre che componente dello stesso Cda. A comunicarlo ufficialmete è la stessa azienda siderurgica: ''Le dimissioni sono state accettate dal Consiglio che ha ringraziato il ragionier Nicola Riva per l'attività svolta e ha cooptato il dott. Bruno Ferrante, il quale ha contestualmente assunto la carica di presidente con i relativi poteri''. Nicola Riva e' tra i cinque indagati nell'inchiesta sull'inquinamento ambientale condotta dalla procura jonica. Il 9 maggio 2012 lo stesso Nicola Riva, sicuro del rispetto delle leggi in vigore dell'impianto siderurgico, dichiarava: "L’ultima perizia dei giudici dice che l’Ilva rispetta tutte le leggi in vigore per arrivare a questo risultato abbiamo investito un miliardo di euro e abbiamo impegnato il personale in lunghi corsi di formazione. Il Tar di Lecce ha emesso una sentenza che dice che non c’è alcuna emergenza sanitaria all’Ilva di Taranto. Ora il ministero dell’Ambiente vuole rivedere l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr) che e’ stata rilasciata di recente e, se non sbaglio dovrebbe durare cinque-sei anni. Noi non ci siamo mai sottratti, anche se tutto cio’ ci sembra ridicolo. Vogliamo rimanere nel rispetto di tutte le leggi esistenti"
Sempre per quanto riguarda l'impianto di Taranto, ricordiamo che nel 2001 il tribunale di Taranto ha dichiarato Emilio Riva, il figlio Claudio (rispettivamente padre e fratello di Nicola Riva) ed altri dirigenti Ilva colpevoli di tentata violenza privata, per avere demansionato un gruppo di impiegati dell'Ilva nel 1998. Questa sentenza fu poi confermata nel 2006 in Cassazione. Emilio Riva è stato condannato nel febbraio del 2007 a tre anni di reclusione e Claudio Riva a 18 mesi per omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro e violazione di norme antinquinamento, con riferimento alla gestione della cokeria dell'impianto tarantino. Il 10 ottobre 2008 la condanna è stata confermata in appello: la Corte d'Appello di Lecce ha condannato alla pena di due anni di reclusione il presidente dell’Ilva, Emilio Riva e ad un anno e otto mesi il direttore dello stabilimento tarantino, Luigi Capogrosso, entrambi accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento aggravato, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro nel reparto cokerie.
L'Ilva, sulla base dei dati INES (Inventario Nazionale Emissioni e loro Sorgenti) del 2006, emette il 92% dell'ammontare annuo delle emissioni industriali di diossina (91,5 grammi di PCDD/PCDF su un totale nazionale di 99,5 grammi/anno. (Net1) 
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Taranto, Riva lascia l’Ilva al suo posto il superprefetto 

Due indagati su cinque lasciano gli incarichi dirigenziali nel giro di una settimana ma, al momento, stabilire collegamenti tra le dimissioni di Nicola Riva, fino a venerdì scorso presidente dell’Ilva, e Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento siderurgico sino al 4 luglio, e l’inchiesta sulle emissioni inquinanti dello stabilimento siderurgico - avviata da tempo dalla Procura e giunta a quanto pare allo snodo decisivo - potrebbe essere arbitrario.
Anche se (maliziosamente) si potrebbe pensare a gesti dettati dalla volontà di far cessare eventuali esigenze cautelari. Di fatto la poltrona di Riva sarà occupata da Bruno Ferrante, già prefetto di Milano.
Disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati da due anni e mezzo Emilio Riva, 86 anni, presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2010, Nicola Riva, 54 anni, presidente dell’Ilva dal 20 maggio del 2010, Luigi Capogrosso, 57 anni, direttore fino a pochi giorni fa dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, 43 anni, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, 44 anni, capo area del reparto Agglomerato.
In città si è creato un clima di attesa riguardo le mosse della Procura, chiamata a rassegnare le proprie conclusioni sia in ordine a possibili provvedimenti cautelari - stante i reati di pericolo ipotizzati e la permanenza degli stessi autorevolmente certificata dalle oltre 800 pagine delle due perizie depositate nella cancelleria del gip Patrizia Todisco tra febbraio e marzo scorsi - che alla chiusura delle indagini preliminari. La scelta di chiedere l’incidente probatorio fu fatta da un lato per garantire a tutte le parti - iniziando dall’Ilva stessa - di partecipare alle perizia sulle emissioni del siderurgico, e dall’altro con la consapevolezza che sarebbe stato messo definitivamente un punto fermo sull’inquinamento a Taranto. Inquinamento non più perseguito con il getto pericoloso di cose che ha permesso sinora ai responsabili del siderurgico - passati e presenti - di cavarsela senza conseguenze penali apprezzabili, ma con la rubricazione di reati ben più pesanti.
L’ultimo confronto tra le parti c’è stato lo scorso 31 marzo, quando in camera di consiglio, dinanzi al gip Todisco, è stata discussa la perizia redatta dai periti medici. Secondo gli esperti, nei 7 anni presi in considerazione, sarebbero 174 i decessi avvenuti a Taranto e in particolare nei quartieri Tamburi e Borgo, nei quali è stato registrato il quadruplo di mortalità e il triplo di ricoveri per malattie cardiache rispetto all’intera città. I periti hanno poi studiato le condizioni di salute dei lavoratori del centro siderurgico che hanno prestato servizio negli anni 70-90 con la qualifica di operaio. «È emerso - si legge nella perizia - un eccesso di mortalità per patologia tumorale (+11%), in particolare per tumore dello stomaco (+107), della pleura (+71%), della prostata (+50) e della vescica (+69%). Tra le malattie non tumorali sono risultate in eccesso le malattie neurologiche (+64%) e le malattie cardiache (+14%). I lavoratori con la qualifica di impiegato hanno presentato eccessi di mortalità per tumore della pleura (+135%) e dell'encefalo (+111%).
Il quadro di compromissione dello stato di salute degli operai della industria siderurgica è confermato dall'analisi dei ricoveri ospedalieri con eccessi di ricoveri per cause tumorali, cardiovascolari e respiratorie» . Chiuso l’incidente probatorio, gli atti sono tornati al procuratore capo Franco Sebastio, all’aggiunto Pietro Argentino, ai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Lafranco Marazia, chiamati a valutare come procedere, se con la richiesta di provvedimenti al gip titolare del fascicolo - e nel novero delle possibilità c’è anche il sequestro dell’area a caldo, stante l’acccertata emissione di sostanze cancerogene - oppure con la chiusura delle indagini preliminari, anche se una cosa non esclude l'altra. (MIMMO MAZZA - CdM)
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Taranto, si dimettono i vertici dell’Ilva. Attesa a breve la chiusura delle indagini

L'azienda non ha spiegato i motivi del passo indietro del direttore Luigi Capogrosso e del presidente del cda Nicola Riva, entrambi indagati per disastro ambientale nell'ambito di un'inchiesta che nei prossimi giorni arriverà a conclusione. E gli operai temono il sequestro dell'impianto

Che cosa succede al vertice dell’Ilva di Taranto? Dopo le recenti dimissioni del direttore dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, l’ingegner Luigi Capogrosso, l’azienda ha comunicato che Nicola Riva, nipote del patron Emilio, ha lasciato l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione della società. “Le dimissioni – si legge nel comunicato inviato alla stampa – sono state accettate dal Consiglio che ha ringraziato il Rag. Nicola Riva per l’attività svolta e ha cooptato il Dott. Bruno Ferrante (originario di Lecce, ex prefetto e già candidato sindaco di centrosinistra a Milano, ndr), il quale ha contestualmente assunto la carica di Presidente con i relativi poteri”. Questa la nota stampa.

Ma perché Nicola Riva ha lasciato la guida dell’azienda di famiglia? Questo l’azienda non l’ha spiegato. Riva e Capogrosso sono entrambi indagati dalla procura di Taranto per disastro ambientale nel procedimento che pende dinanzi al gip Patrizia Todisco. Un’inchiesta che dopo la perizia ambientale e quella sanitaria che hanno messo per la prima volta nero su bianco l’allarmante situazione nel capoluogo e nella provincia ionica, sembra oramai a un passo dalla chiusura. Alla luce di quanto emerso dalle relazioni dei tecnici, il pool di magistrati, formato dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile, potrebbe chiedere al giudice l’applicazione di una serie di misure che potrebbero arrivare fino al sequestro degli impianti. Nelle perizie infatti è scritto che dallo stabilimento si diffondono gas, vapori, polveri, contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori e per la popolazione della provincia ionica. Dal solo parco minerali – l’area di stoccaggio delle montagne di polvere di ferro e di carbone a pochi metri dal quartiere Tamburi – si diffondono senza controllo ogni anno 668 tonnellate di polveri nocive. Dall’intero stabilimento le emissioni non controllate sarebbero pari a 2mila tonnellate all’anno.

Le voci di un sequestro stanno creando non poca tensione tra i quindicimila lavoratori della fabbrica e dell’indotto. Nelle scorse ore, infatti, gli operai hanno chiesto un incontro al prefetto Claudio Sammartino e al sindaco Ippazio Stefano spiegando che è “sempre più forte la preoccupazione” dei dipendenti per un “probabile e paventato provvedimento della magistratura ionica finalizzato alla chiusura parziale dell’area a caldo dello stabilimento e/o riduzione della marcia degli impianti, con drammatiche conseguenze per il personale addetto”. Per i lavoratori, insomma, la paura maggiore è quella di perdere “immediatamente e irrimediabilmente il posto di lavoro”. Un fatto che secondo gli operai dovrebbe essere considerato “inaccettabile” anche “da qualsiasi persona di buon senso e dalle istituzioni”. ”E’ presto per commentare – ha affermato sulle dimissioni di queste ore il portavoce del cartello ambientalista Altamarea, Alessandro Marescotti – Sappiamo che i periti nominati dalla procura hanno documentato che l’inquinamento a Taranto causa ogni mese la morte di due persone. La magistratura non potrà rimanere inerte. A Taranto – ha aggiunto Marescotti – deve cominciare la messa in sicurezza di emergenza della falda acquifera sotto l’area industriale. Mare e pascoli sono contaminati dalla diossina. Occorre bonificare. Questa sarà la salvezza della città e della sua classe operaia”. (Francesco Casula- ilfattoquotidiano) 

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Ilva Taranto, i sindacati chiedono riconvocazione Tavolo istituzionale a Roma

“Le scriventi Segreterie Confederali CGIL, CISL, UIL di Taranto unitamente alle Federazioni dei metalmeccanici FIM, FIOM, UILM, di concerto con le rispettive RSU, si sono riunite per fare il punto sul percorso attivato sin dai mesi scorsi relativo alle problematiche del rapporto Lavoro, Ambiente e Salute che interessano lo stabilimento Ilva di Taranto’’: è quanto si legge in una nota di CGIL, CISL, UI L, FIOM, FIM, UILM. ilva_taranto_sindacati_chiedono_tavolo “Questo, in considerazione anche delle ripetute manifestazioni di preoccupazione da parte dei lavoratori all’interno dello stesso stabilimento, per effetto di eventuali provvedimenti che la Magistratura starebbe per assumere. Le Segreterie, precisano, come più volte fatto in passato, quanto sia importante proseguire il processo di ambientalizzazione già avviato e valutano positivamente il recente avvio delle opere di barrieramento finalizzato al contenimento delle polveri, come previsto dall’AIA. Le Segreterie, inoltre, ribadiscono la convinzione che, per avanzare nel processo di ambientalizzazione, sia possibile procedere in continuità della marcia operativa degli impianti come già avvenuto in occasione dell’adeguamento alle prescrizioni impartite dalla legge regionale sulla diossina. Per le ragioni suesposte, ritengono urgente risollecitare la riconvocazione del Tavolo Istituzionale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri fortemente voluto dalle organizzazioni sindacali e dalle Istituzioni locali. Ricordano come al suddetto Tavolo, insediatosi il 17 aprile scorso, il Presidente del Consiglio Monti dichiarò la strategicità dello stabilimento Ilva di Taranto per l’economia dell’intero Paese. Le Segreterie, infine, considerano necessario il coinvolgimento delle Istituzioni (Regione, Provincia, Comune) ai massimi livelli, nonché della Proprietà dell’Ilva – alla quale hanno già chiesto un incontro urgente – al fine di gestire al meglio questa fase delicata salvaguardando le migliaia di posti di lavoro dell’Ilva e del suo indotto, fondamentali per l’economia del territorio e per la sua coesione sociale”. (ilfattoquotidiano)

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