lunedì 23 luglio 2012

ILVA: la fiera del nonsenso. Formiche all'impazzata!

Ilva, ministro Ambiente: «Senza senso chiuderla»

Bloccare l’Ilva con un sequestro giudiziario? Potrebbe essere «una contraddizione» perchè si fermerebbero gli impianti attuali «in fase di risanamento ambientale avendo in mente l’effetto dannoso degli impianti che c’erano prima». Alla vigilia della settimana più difficile per il siderurgico, il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, torna a far sentire la sua voce. «Per effetto delle norme ambientali ed europee - dice Clini - l’acciaieria di Taranto negli ultimi cinque anni ha sostenuto investimenti importanti che ne hanno migliorato la produttività riducendone l’impatto ambientale. C’è ancora molto da fare, c’è un ultimo miglio di investimenti che va accompagnato e sostenuto». Invece, dice il ministro, la Magistratura basa il suo intervento «su una valutazione epidemiologica dei danni per la salute provocati da 15 anni di attività», cioè quando c’erano altri impianti.

Le nuove dichiarazioni del ministro arrivano alla vigilia delle operazioni preliminari per il sequestro giudiziario all'Ilva essendo ormai conclusa l'inchiesta della Procura che vede cinque persone dei vertici societari e aziendali indagati per il reato di disastro ambientale colposo e doloso. Nel mirino dei giudici sarebbero le aree del siderurgico che, in base alle indagini e alle perizie, provocano il maggior inquinamento con riflessi diretti sulle condizioni di salute dei lavoratori siderurgici e dei cittadini di Taranto. I settori in questione sono l'area a caldo dell'Ilva, dove ci sono le cokerie, la linea di agglomerazione e i parchi minerali dove arrivano e vengono stoccati ingenti quantitativi di materie prime poi impiegate nel ciclo di fusione e produzione dell'acciaio.

Sembrerebbe che i magistrati possano optare per un sequestro senza facoltà d'uso, il che imporrebbe all'Ilva di spegnere gli impianti anche se questo richiede diverse settimane di tempo vista la complessità tecnica, anche sotto il profilo della sicurezza, del ciclo siderururgico. Appare molto probabile, quindi, che tra notifica del provvedimento del sequestro e sua effettiva applicazione trascorrerebbe del tempo, un tempo che da un lato potrebbe esser utilizzato dalla difesa dell'Ilva tra riesame e Cassazione e dall'altro potrebbe essere utilizzato anche dalla stessa azienda e dalle istituzioni per metter meglio a punto un piano finalizzato sia alla maggiore sostenibilitá ambientale del siderurgico, sia alla definizione degli interventi di bonifica e di disinquinamento dell'area di Taranto. In tal senso restano confermati gli incontri del 24 e 26 luglio a Roma: il primo fra l'Ilva e il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, e il secondo fra Clini, i rappresentanti dei ministeri dello Sviluppo economico, della Coesione territoriale e dell'Economia insieme alla delegazione istituzionale e politica della Puglia e di Taranto. C’è stata già una prima fase giovedì scorso nel quale si è fatta una ricognizione sia degli interventi che delle risorse pubbliche da mobilitare. Il governo potrebbe stanziare una prima dote di 200 milioni mentre altri 100 verrebbero dalla Regione.

Ci si muove anche per l'applicazione della legge regionale approvata martedì scorso all'unanimità, la quale introduce una stretta sulle emissioni inquinananti dei poli industriali di Taranto e Brindisi con la novità della Valutazione del danno sanitario con possibilità, per le autorità pubbliche, di fermare gli impianti non in regola. Oggi il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, e il consigliere regionale di Sel, Alfredo Cervellera, proponente della legge, terranno una conferenza stampa e sempre oggi, per due giorni, le Arpa italiane, le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, si riuniranno a Taranto per valutare altri modelli in atto in Europa sempre per quanto attiene il danno sanitario provocato dall'inquinamento. Il 26 luglio, inoltre, l'assessore regionale all'Ambiente, Lorenzo Nicastro, ha convocato a Bari le Asl di Puglia per dare le prime direttive sull'applicazione della nuova legge.

Rimangono intanto in forte allarme i lavoratori dell'Ilva, preoccupati per i riflessi occupazionali che il sequestro degli impianti potrebbe causare. Nelle prossime ore, in relazione all'evolversi della vicenda giudiziaria, ci potrebbero essere assemblee dei lavoratori ma anche manifestazioni di protesta a Taranto.

L'Ilva di Taranto, del gruppo Riva, è la più grande acciaieria europea con un'occupazione diretta di 11.571 persone ed una produzione di acciaio (dati 2011) di 8,4 milioni di tonnellate annue. Nei giorni scorsi, anche in vista della stretta giudiziaria, si sono dimessi dai loro incarichi il presidente dell'Ilva, Nicola Riva, il direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, entrambi indagati dalla Procura, mentre un terzo indagato, Emilio Riva, fondatore del gruppo industriale, aveva già lasciato la presidenza dell'Ilva a maggio del 2010 per cederla al figlio. Adesso presidente dell'Ilva è Bruno Ferrante, prefetto di Milano dal 2000 al 2005. (Domenico Palmiotti - GdM)



Nota stampa:



Ilva Taranto: al via tavolo governo per riqualificazione ambiente


(AGI) - Roma, 23 lug. - Avviato un lavoro comune tra i ministeri e Ilva per la riqualificazione ambientale e produttiva dello stabilimento di Taranto. Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti e il capo di gabinetto del ministro Fabrizio Barca, Alfonso Celotto, si legge in una nota, hanno incontrato stamattina l'amministratore delegato dell'Ilva Bruno Ferrante. L'incontro e' stato l'occasione per sollevare le problematiche ambientali e industriali dell'Ilva di Taranto, anche in vista del protocollo d'intesa per il risanamento ambientale e il rilancio produttivo dell'area di Taranto che verra' sottoscritto nei prossimi giorni tra i ministeri dell'Ambiente, dello Sviluppo economico e della Coesione territoriale, la Regione Puglia, la Provincia e il Comune di Taranto. A conclusione dell'incontro, e' stato concordato di avviare nei prossimi giorni un gruppo di lavoro tra i ministeri e Ilva per analizzare le problematiche relative alle procedure di autorizzazione ambientale e di bonifica dei suoli oggetto di contenziosi, al fine di individuare un percorso condiviso per proseguire le iniziative gia' adottate da Ilva per la riqualificazione ambientale dello stabilimento di Taranto.
  Nello stesso tempo, i ministeri e Ilva valuteranno le condizioni per la migliore utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili nell'ambito del programma di riqualificazione industriale dell'intera area di Taranto, coerentemente con quanto previsto nel decreto legge Sviluppo.(AGI) .


Taranto, la città dei due mari. E delle verità parallele. Quindi inconciliabili per definizione: salvaguardia del lavoro e tutela ambientale qui non possono coniugarsi. Succede perché per anni chi ha gestito l’occupazione non ha guardato in faccia all’inquinamento e alla morte che ha causato. In nome del profitto, che ora è privato, ma fino al ’95 era di Stato. E così oggi il capoluogo ionico si trova a essere la città più inquinata d’Europa. “Per colpa dell’ Ilva a Taranto si muore” dicono i pm, che nelle prossime ore potrebbero vedere accettata la loro richiesta di sequestro dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico più importante d’Italia.
Il dato è quello della perizia epidemiologica richiesta dal gip Patrizio Todisco: 91 morti all’anno dal 2004 al 2010 solo nel quartiere Tamburi, quello vicino all’impianto che dà lavoro a 15mila persone. Di queste, quasi 5mila rischiano il posto: dipenderà da cosa deciderà il giudice. Sullo sfondo, una popolazione divisa. Da una parte gli ambientalisti, che sperano nella chiusura della fabbrica del Gruppo Riva; dall’altra chi in quella fabbrica ci lavora e vede nel fermo dell’acciaio la fine di tutto. E la disoccupazione. Nel mezzo le istituzioni, locali e nazionali, che devono fare sintesi tra le due esigenze imprescindibili, tenendo d’occhio l’interesse economico italiano. “Perché fermare l’Ilva significherebbe infliggere una ferita mortale alla siderurgia nazionale” sostiene la politica, con i francesi che guardano con interesse a questa ipotesi. Senza l’acciaio made in Italy, del resto, quello d’Oltralpe diventerebbe un monopolio. Tradotto: quadro nefasto da evitare, specie in tempi di recessione. E così la questione Ilva diventa un gioco di equilibrismo difficile, che ieri ha ricevuto una spinta non di poco conto. “Garantiremo lavoro e salute”, ha assicurato il ministro dell’Ambiente Corrado Clini durante il vertice ‘ad Ilvam’ tenutosi a Palazzo Chigi. Come conciliare l’inconciliabile? Con un accordo quadro tra azienda, parti sociali e istituzioni dello Stato, da ratificare entro la prossima settimana. “Lavoremo perché questo accordo venga condiviso da Ilva in maniera tale che gli obiettivi di risanamento del territorio facciamo parte della strategia industriale di questo grande gruppo” ha detto Clini.
Qualcosa si muove. Lo dicono i tempi di avvicinamento alla decisione del gip. Due settimane fa si sono dimessi i vertici dell’Ilva, ieri c’è stato il vertice romano: due messaggi dal peso specifico importante e con tutta probabilità rivolti a chi dovrà decidere sul futuro prossimo della fabbrica. E quindi della città. Che viene da decenni difficili. E non solo per l’inquinamento. Taranto, infatti, è stato il primo comune italiano a dichiarare bancarotta dopo la disastrosa era del sindaco Di Bello. Il suo successore, Ippazio Stefàno, è riuscito a risanare le casse comunali, ma ha dovuto fare i conti con altre sventure. Come l’inquinamento del mar Piccolo, che ha mandato al macero il bene ittico per eccellenza del capoluogo: le cozze. Livelli di diossina fuori norma: vietata la vendita e centinaia di famiglie sul lastrico. Poche settimane fa l’ennesima sciagura, seppur nazional-popolare. Il Taranto calcio è fallito e così uno dei pubblici più caldi d’Italia dovrà ripartire dalle serie regionali. Non senza beffa peraltro, visto che due giorni prima della mancata iscrizione alla Prima divisione di Lega Pro, una tv locale aveva annunciato il ripescaggio in Serie B. Migliaia di persone in strada a festeggiare. Ma era una bufala. E l’euforia ha lasciato spazio alla disperazione. Un baratro sportivo che per molti rappresenta la metafora della quotidianità tarantina, nodo strategico per il commercio e l’industria, ma al contempo inferno ambientale. E per molti politico, visto che Stefàno, dopo la sua rielezione alle ultime amministrative, fino a ieri non era riuscito a presentare una giunta degna di tal nome. “Ma non è colpa mia – ha detto il sindaco al Fatto Quotidiano – visto che la Procura ha chiesto il riconteggio dei voti e la proclamazione del consiglio comunale è avvenuta solo venti giorni fa”. E comunque la squadra di governo sarà presentata solo oggi. “Non è vero – ha ribattuto Stefàno – perché dieci giorni fa ho nominato i primi quattro assessori e in questi giorni altri due, entrambi provenienti dalla società civile”. Ne mancano ancora tre, ma secondo il primo cittadino il ritardo dipenderebbe dalle beghe interne dei partiti, che ancora non sono riusciti a trovare un accordo. I tempi lunghi della politica. Che stavolta non coincidono con quelli della giustizia, che nelle prossime ore deciderà su cosa sarà Taranto in futuro cercando di non dimenticare il passato e l’inquinamento privato ma anche di Stato. Che oggi propone nuove norme e assicura bonifiche per 300 milioni al fine di ripartire. Chissà se basteranno. (Cardone - IlFattoQuotidiano)

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