sabato 14 luglio 2012

Riva ha finito di ubriacarsi con l'acqua da bere!

LA SENTENZA

L'Ilva perde la guerra dell'acqua
'No a quella potabile per l'acciaio'

I giudici del Tar bocciano il ricorso. Il siderurgico non potrà utilizzare per uso industriale l'acqua potabile del Sinni e del Tara, come fatto sinora, sottraendola di fatto ad altri scopi, come l'irrigazione in agricoltura

L'Ilva perde la "guerra dell'acqua". E' stato respinto, infatti, il ricorso presentato dall'azienda che contestava l'obbligo di utilizzare le acque provenienti del depuratore Gennarini- Bellavista. La disposizione era contenuta nell'Aia, l'autorizzazione ambientale integrata emessa dal ministero dell'Ambiente. Il siderurgico non potrà quindi utilizzare per uso industriale l'acqua potabile del Sinni e del Tara, come fatto sinora, sottraendola di fatto ad altri scopi, come l'irrigazione in agricoltura. I giudici amministrativi di Lecce hanno ritenuto legittima la prescrizione richiesta dalla Regione Puglia, di obbligare l'Ilva, entro 24 mesi, alla predisposizione di un
sistema di distribuzione interna, al fine di utilizzare nei propri impianti produttivi, e prioritariamente, le acque affinate degli impianti reflui civili di Taranto Gennarini/Bellavista, secondo accordi da stipulare con la Regione Puglia, che disciplineranno le modalità di gestione degli impianti e la relativa contribuzione annuale fissa al costo di gestione a carico di Ilva. Lo si legge in una nota firmata dall'assessore regionale Fabiano Amati.

"La sentenza del Tar Lecce - ha commentato l'assessore - affferma un principio di migliore utilizzo della risorsa idrica, per preservarla prioritariamente agli usi potabili. Devo sinceramente dire, che reputo utile che sull'argomento siano stati interpellati i giudici
amministrativi, perché oggi ci vediamo restituire uno statuizione di
principi idonea a chiarire un contesto normativo ed amministrativo oggettivamente complicato e controverso. Non nascondo tuttavia - ha concluso Fabiano Amati - che la decisione interviene in un contesto storico in cui i timori del rischio siccità appaiono più che fondati anche rispetto al 2004, quando il Commissario delegato per l'emergenza idrica in Puglia, aveva previsto il completamento del progetto dell'utilizzo industriale Ilva delle acque reflue di Taranto, al fine di riservare all'uso potabile ed irriguo le acque del Sinni e del Tara, il cui prelievo da parte di Ilva, ad oggi, è di 250 litri al secondo, immettendo nel ciclo produttivo, in termini sostitutivi, le acque reflue civili dopo l'apposito trattamento di ultra affinamento." Il Tar ha ritenuto legittimo l'ulteriore obbligo a carico dell'Iilva di predisporre, entro sei mesi dal rilascio dell'Aia, uno studio di fattibilità finalizzato a  ridurre il prelievo primario del 20% entro 3 anni e del 50% entro la scadenza dell'Aia, mediante il riuso delle acque dolci usate nel ciclo produttivo e attraverso il riutilizzo delle acque degli impianti di trattamento reflui civili della zona, secondo accordi da stipulare con la Regione, compatibilmente con la fornitura quali-quantitativa  conforme alle esigenze di utilizzo.

La motivazione di legittimità posta a fondamento del rigetto del ricorso, nella parte relativa alle prescrizioni sull'approvvigionamento idrico dell'industria siderurgica tarantina, è relativa al "potere della Regione di incentivare il risparmio delle risorse idriche ha ora un esplicito riferimento nell'art. 99, secondo comma, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per il quale: "Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate". A sua volta il D. M. 12 giugno 2003 n. 185, richiamato nella prescrizione impugnata, ha dettato norme tecniche "per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d'uso e dei relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l'impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l'utilizzo multiplo delle acque reflue" (art. 1, primo comma).

Tenuto conto del quadro normativo sommariamente delineato, la prescrizione con cui si favorisce l'uso delle acque affinate dell'impianto Gennarini/Bellavista si dimostra legittima e ragionevole, dal momento che viene accompagnata da una serie di misure volte a impedire sostanziali nocumenti all'attività produttiva, poiché l'utilizzazione delle acque non è prevista in via esclusiva (bensì "prioritariamente"), a seguito di accordi con la Regione Puglia (nei quali dovranno trovare adeguata considerazione tutte le ragioni rappresentate dall'Ilva, compresa la questione relativa alla realizzazione delle tubature di adduzione) e, soprattutto, "compatibilmente con la fornitura quali-quantitativa conforme alle esigenze di utilizzo" (così da salvaguardare le necessità tecniche di un approvvigionamento idrico idoneo al processo produttivo). Negli stessi termini del previo accordo con la Regione e della compatibilità con le esigenze di utilizzo si esprime la prescrizione (...) del parere istruttorio (che onera Ilva di predisporre uno studio di fattibilità finalizzato a ridurre il prelievo  primario)"(Giovanni di Meo - La Repubblica Bari)

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