domenica 29 luglio 2012

La Tarantomigliore

Ho conosciuto la rabbia di una donna, dal corpo esile e dalle spalle forti.
L'ILVA i suoi polmoni l'hanno respirata ogni giorno.
L'ILVA  i suoi occhi, ogni giorno, dal piano più alto della palazzina in cui abitava, alle Case bianche di Paolo VI, l'hanno osservata inquinare Taranto, il suo mare, la sua aria, la sua terra, la sua gente.
E quegli stessi occhi hanno visto e conosciuto la sofferenza nel corpo e nella mente di sua figlia, che in giovane età si è ammalata di tumore, e di inquinamento e si è spenta, lentamente.
Nessuno sa che questa sua figlia prima di morire ha lottato recandosi fino a Roma per chiedere l'accelleratore lineare. Era il 4 maggio 1999 e davanti al Presidente del Senato Nicola Mancino, al Presidente della Camera Nicola Violante, tenne un discorso, straziante.
Se a Taranto c'è la radioterapia è grazie a Lei.

Ho conosciuto la disperazione e la dignità di uomo, un ex operaio prima dell'Italsider e poi dell'Ilva. Bei ricordi quelli "quando c'era l'Italsider". All'Ilva: "meglio dimenticare". Dimenticare l'umiliazione e il mobbing, gli infortuni e la malattia. Oggi, quei ricordi sono ferite aperte che non si possono rimarginare. Le ferite rimangono ed il dolore per esse le trasforma in sano attivismo a servizio della città, per la ricerca e la denuncia della verità. Un pensionato dell'Ilva, sui generis.

Ho conosciuto i volti e le voci di giovani operai Ilva - i pochi che hanno avuto il coraggio di denunciare le malefatte di un'azienda irresponsabile; hanno avuto la forza di alzare la testa e distinguersi dagli "altri lavoratori"che "ben" ammaestrati  hanno tenuto occupata una città. Non sono automi telecomandati, sono la vera classe operaia che questa città ha il dovere di  difendere.

Ho conosciuto la caparbietà di uomini e donne, instancabili. Mettere ogni giorno la loro intelligenza, tempo, e risorse, al servizio del bene comune, contrapporsi alla massa silente e succube, sfidare i potenti e gradassi inquinatori che a Taranto hanno più nomi e cognomi.

Ho conosciuto mio figlio. Da sette mesi, ho provato a proteggerlo, prendermi cura di lui in questa città inquinata, a due passi dall'Ilva. Leggo ogni giorno nei suoi occhi la gioia di vivere. Vorrei scorgerla negli occhi di tutti i bambini. Ma, soprattutto a Taranto, negli occhi di quei bambini che non possono sorridere. C'è chi è costretto a convivere con le malattie provocate dall'inquinamento, a vivere la loro tenera età nei reparti di ospedale, c'è chi è costretto a giocare dentro casa, perchè fuori c'è il mostro che ha inquinato parchi e aiuole. Là è vietato esplorare, socializzare. 

Ho conosciuto l'impotenza davanti al fatto compiuto: vedere distrutto il lavoro di una vita. Pecore abbattute, mitili distrutti per contaminazione da diossina. E dopo l'impotenza, ho conosciuto l'ottimismo e la voglia di rialzarsi, ripartire, andare avanti e lottare.

Ho conosciuto tutte queste belle realtà, in una sola parola la Tarantomigliore.

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