giovedì 12 luglio 2012

E’ nata la Rete dei Comitati per i Beni Comuni



Sabato 7 luglio 2012 si è tenuta l’Assemblea Costituente “Della Rete dei Comitati per i Beni Comuni” presso l’auditorium della Chiesa di S. Marcello, che ha visto numerosi comitati di tutta la Puglia dare il via ai lavori e entrare nel vivo di questa battaglia comune: respingere l’intento di privatizzare la gestione dei servizi pubblici locali iniziando dall’apertura ai privati di acqua, rifiuti e trasporti (annunciata il mese scorso dal presidente della Regione Vendola).
Durante l’intera giornata, ci si è divisi in gruppi di lavoro per elaborare la “Carta dei Principi”, le azioni che si intendono perseguire, le iniziative da portare in campo per fermare il processo di privatizzazione e le proposte organiche di gestione pubblica e partecipata dei servizi pubblici locali.
I risultati di questa giornata sono stati resi noti pubblicamente nella
conferenza stampa
 che si è tenuta ieri a Bari.

Ieri infatti è stata redatta una lettera indirizzata al Consiglio regionale e consegnata al Presidente Introna il quale ha ha assicurato che la discussione sul DDL sui rifiuti si sarebbe fermata almeno fino a settembre.

Questa la lettera:

Ai Consiglieri Regionali
                                                                                  Consiglio Regione Puglia
                                                                                  Via Capruzzi
                                                                                  70121 Bari BA
                                                                                                         
e p.c. Ai membri della Giunta Regionale
Alla stampa



Oggetto: lettera aperta sulla proposta di legge per l’organizzazione dello svolgimento del ciclo integrato della gestione dei rifiuti urbani.




Gentili Consiglieri,


vi scriviamo in vista della discussione sul disegno di legge in oggetto presentato dal Governo regionale che il Consiglio si appresta a ridiscutere.


Leggiamo in questi giorni, interventi da parte di diverse forze politiche circa la volontà di tutelare l’acqua pubblica e di rispettare l’esito referendario e riguardo a queste affermazioni di impegno politico ci permettiamo segnalare che :


  • Il quesito referendario non riguardava solo il servizio idrico integrato ma anche gli altri servizi pubblici locali compresi, dunque, rifiuti e trasporti (come la Corte Costituzionale precisa nella sentenza 24/2011 affermando che “non sarebbe stato possibile formulare un quesito diretto ad abrogare la normativa dell’art.23-bis solo per alcuni settori di servizi pubblici e non per altri”);
  • Gli oltre 27 milioni di cittadini che hanno votato per i referendum hanno inteso abolire la disposizione secondo cui l’affidamento della gestione del servizio pubblico locale avvenga, «in via ordinaria», mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, cioè a privati (la Corte Costituzionale nella sentenza 24/2001 rileva come “appare evidente che l’obiettiva ratio del quesito n. 1 va ravvisata nell’intento di escludere l’applicazione delle norme, contenute nell’art. 23-bis, che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto […] Non sussiste, pertanto, alcuna contraddizione o incongruità tra tale intento intrinseco e la formulazione – del tutto chiara, semplice ed univoca − della richiesta referendaria di abrogare l’intero art. 23-bis”);
  • Non sussiste alcun obbligo comunitario a privatizzare i servizi pubblici locali, motivo per cui il primo quesito referendario è stato ammesso (come, del resto, la Corte Costituzionale aveva precisato già nella sentenza 325/2010 e poi ribadito nella sentenza di ammissibilità dei referendum 24/2011).


Pertanto, l’apertura della gestione dei servizi pubblici locali e, in particolare il reinserimento dei rifiuti e dei trasporti tra i servizi da affidare ai privati, tramite gara è una scelta dei governi nazionali e di quelli regionali (per le materia di loro competenza).


Le leggi nazionali e/o regionali in contraddizione con l’esito referendario sono da considerarsi illegittime poiché contrarie alla volontà popolare espressa attraverso referendum.


E se da un lato abbiamo apprezzato il ricorso presentato dalla Regione Puglia alla Consulta rispetto al D. Lgs. 138/2011, dall’altro ci chiediamo, a questo punto, perché tanta urgenza da parte della Regione Puglia di adottare un provvedimento ad hoc sui rifiuti che, di fatto, accetta l’inclusione del ciclo dei rifiuti tra i servizi da mettere a gara?
La Regione Puglia, infatti, più di altre, avrebbe un “titolo” in più da spendere a difesa dell’esito referendario, ovvero il ricorso presentato alla Corte Costituzionale contro l’art. 4 del D.Lgs. 138/2011.




Pertanto, sulla base di tali preoccupazioni, chiediamo ai Consiglieri regionali, in qualità di Legislatori, di


  • chiedere la sospensiva di ogni provvedimento che spinge la gestione del ciclo dei rifiuti verso l’affidamento ai privati tramite il ricorso alla gara in attesa almeno della pronuncia della Corte Costituzionale;
  • adottare un modello di gestione regionale del ciclo dei rifiuti che valorizzi l’autonomia dei Comuni e sia rispettoso della volontà popolare espressa attraverso l’esito referendario del giugno 2011;
  • esplicitare la posizione del proprio gruppo rispetto a questa proposta di legge e al modello di gestione dei rifiuti che si ritiene sia più appropriato per salvaguardare il territorio della Regione Puglia ;
  • non arrendersi politicamente (e, ancor prima, culturalmente) al ruolo ritagliato ad hoc per il pubblico dal sistema liberista, ovvero esclusivamente quello di programmazione, regolazione e controllo.
  • eliminare “l’incenerimento” come pratica di trattamento del rifiuto residuo e l'immediata adozione per tutto il territorio regionale della virtuosa 'Strategia Rifiuti Zero', essenziale per una sana gestione del ciclo veramente integrato delle 'materie prime seconde', impropriamente definite 'rifiuto'. Si chiede inoltre la trasformazione degli impianti, già esistenti e quelli di prossima realizzazione in Puglia, di ”Trattamento meccanico biologico” finalizzati alla produzione di combustibile da rifiuti (cdr) e vincolati da contratti pluridecennali, in impianti che recuperano maggiormente il residuo rispettando la “gerarchia” europea del trattamento dei rifiuti, eliminando quindi la parte destinata alla combustione, avvalendosi anche del processo di estrusione. Oltre a ciò, è’ di fondamentale importanza il recupero della frazione umida-organica per la produzione di compost che troppo spesso non può essere raccolto dai Comuni per mancanza di impianti idonei.



In attesa di un pronto riscontro


Rete dei Comitati per i Beni Comuni

www.benicomuni.org




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