Non chiamiamola classe operaia!
Oggi la repubblica.it ha pubblicato questa foto: l'immagine del presidio organizzato dai sindacati metalmeccanici Ilva che espongono fuori dallo stabilimento lo striscione: "le aziende sono il motore della nostra economia e il futuro della nostra nazione".
I sindacati e gli operai dell'Ilva non si domandano Mai quali danni ha arrecato il modo di produrre dell'acciaieria Ilva non solo alla salute ed ambiente, ma all' economia tarantina?
Quando, in maniera egoistica, pensano al mantenimento del loro posto di lavoro, si domandano in quali condizioni vivono le famiglie dei mitilicoltori e degli allevatori il cui lavoro è stato bruscamente interrotto dagli effetti devastanti della diossina proveniente dall'acciaieria Ilva?
Possono provare un momento a immedesimarsi nella loro precaria condizione? si domandano gli operai "come campano i mitilicoltori oggi a Taranto"?
Questa non è solo la lotta come scrive nel suo brillante articolo Mario Desiati su Larepubblica.it dell'ambiente versus lavoro, degli "abitanti esasperati dalle polveri contro operai a rischio povertà". Ci sono abitanti esasperati dalle polveri, è vero, ma anche madri disperate che soffrono in silenzio la malattia del proprio figlio, l'ennesimo figlio di Taranto malato di Tumore, e poi c'è un'economia messa in ginocchio dall'impatto inquinante di un'industria che non intende "evolversi", rivoluzionare il modo di produzione.
Domani i ministri dell'Ambiente, dello sviluppo economico e della coesione territoriale incontreranno le istituzioni, sindacati e confindustria per definire un piano di bonifica individuando le fonti di finanziamento.
La speranza è che non vengano ascoltate solamente le "ragioni" di chi in acciaieria ci lavora e ci lucra - visto che in quel tavolo saranno rappresentate solamente queste, ma anche quelle del lavoro di chi lo ha sempre svolto dignitosamente e con orgoglio: i mitilicoltori e gli allevatori. Chi li rappresenterà domani? E poi ci sono le ragioni dell'ambiente ma soprattutto quelle della salute: una salute minata ogni secondo da un'industria che non arresta il processo di inquinamento dell'aria, dell'acqua, e del suolo.
La città è stanca. E' stanca di questo modo di produrre insano ed irresponsabile. E lo dimostrano anche le tante scritte sui muri contro Riva, l'inquinamento industriale. Personalmente in città non ho visto scritte contro i giudici, eppure vivendo nel quartiere Paolo Vi e attraversando ogni giorno il quartiere Tamburi , avrei dovuto vederle "secondo quanto scrive Desiati nel suo ultimo articolo.
Quello che è certo che le scritte contro Riva sono preponderanti. E questo un significato ce l'ha. Non saranno stati certo pagati da nessuno coloro i quali i loro pensieri, il pensiero di una città, li hanno fissati sui muri.
E non sono stati nemmeno pagati per manifestare davanti alla Procura di Taranto, quella procura che ha mosso nei confronti dell'azienda siderurgica l'accusa di disastro ambientale colposo e doloso per cui si deciderà sul sequestro degli impianti.
Cosa si può dire invece - senza generalizzare - degli operai* dell'Ilva, che sono scesi in piazza a manifestare "accompagnati" dal pullman messo a disposizione dall'Azienda. E chi l'ha scritta la lettera indirizzata a Monti e a Napolitano? dov'è oggi la Classe Operaia? ha una sua dignità?
ha un'identità sua? o si rispecchia in tutto e per tutto con gli interessi di quello che un tempo veniva chiamato il "Padrone"? se questo è allora, l'Ilva c'è riuscita nel suo intento: trasformare l'operaio in "gorilla ammaestrato" incapace di operare con la sua testa, perchè il cervello dell'operaio - gli ultimi fatti lo hanno evidenziato- anzichè liberarsi si è mummificato.
E a pagare,sempre e solo la collettività
Immagine scaricata da Repubblica.it
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