La magistratura di Londra: «Domiciliari a Fabio Riva ed estradizione più sicura»
Clamoroso dal Regno Unito: i giudici londinesi chiedono rassicurazioni sulla concessione degli arresti domiciliari a Fabio Arturo Riva, sottoposto a due procedure di estradizione (una già in fase d’appello) e coinvolto nel procedimento tarantino «Ambiente svenduto».La condizione dei detenuti nelle carceri italiane, che hanno fatto «guadagnare» all’Italia ben due condanne da parte della Corte Edu (Europea per i diritti dell’uomo), le obiezioni sollevate dal pool di legali che assiste l’industriale in terra londinese sulle condizioni in cui lo stesso Riva si ritroverebbe con l’estradizione in Italia, hanno avuto un peso fondamentale.
Ed un peso importante, che i legali di Riva puntano a far valere nel ricorso davanti all’Alta Corte del Regno Unito, l’ha avuta la decisione adottata dalla «Westminster Magistrates Court» di Londra che nel marzo scorso ha respinto la richiesta di estradizione avanzata dall’Italia per Domenico Rancadore, accusato di mafia e arrestato nell’estate 2013 nella capitale britannica dalla polizia inglese.
L’uomo era inseguito da un mandato di arresto europeo ed era sfuggito a qualsiasi provvedimento italiano, in virtù di una latitanza durata diciannove anni.
Da quel che appare palese, in sostanza, gli avvocati londinesi e milanesi di Fabio Arturo Riva starebbero inducendo i giudici di Londra a considerare la questione della «dignità umana» del loro assistito in termini preminenti rispetto al merito delle contestazioni che chiamano in causa Riva, destinatario del mandato di arresto europeo spiccato, relativamente all’inchiesta tarantina, dal gip Patrizia Todisco.
Non è un caso, peraltro, che i legali londinesi e milanesi di Riva abbiano chiesto alla Corte d’appello di sdoppiare i temi su cui sarà incentrato il ricorso per «bloccare l’estradizione» concessa del giudice John Zani. In via preliminare, infatti, i legali dell’industriale dell’acciaio avrebbero chiesto ai giudici di esaminare la posizione personale dell’industriale alla luce del mandato di arresto europeo. Con l’estradizione - avrebbero scritto i legali - Riva andrebbe incontro alla detenzione in una delle carceri italiane che sono oggetto di pesanti valutazioni da parte dello stesso governo italiano. Lo stesso che nel 2010 dichiarò «lo stato di emergenza» nelle carceri per problemi di sovraffollamento.
Tuttavia, questo è il meno. I difensori dell’industriale hanno in ogni caso citato la sentenza-pilota della Corte Edu che l’8 gennaio 2013 (se ne parla a parte, ndr) ha condannato lo Stato italiano per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. La sentenza chiamata «Torreggiani contro l’Italia» è stata definita dalla stessa Corte europea «pilota in materia di sanzioni per le violazione dei diritti dell’uomo».
Pigiando l’acceleratore su questo punto, i legali di Fabio Arturo Riva avrebbero preso spunto anche da quanto accaduto in ordine alla posizione di Domenico Rancadore, contro la cui estradizione si era pronunciato in marzo il giudice Howard Riddle. Nel caso specifico, lo stesso Riddle aveva dato un’altra stoccata all’Italia. Aveva spiegato che stava per dare l’ok all'estradizione del siciliano ma che aveva cambiato idea. E aveva spiegato il perchè: si era basato su un caso che riguardava il tribunale di Firenze e un cittadino somalo a cui non era stata concessa l'estradizione in Italia «col rischio di subire trattamenti inumani e degradanti nel sistema carcerario nazionale».
Ed è sulla base di questi presupposti, che i difensori di Riva hanno ovviamente amplificato, che dal palazzo di giustizia londinese è partita verso l’Italia, e verso Taranto, la richiesta di assicurazioni sul trattamento da riservare a Riva. Evidentemente, però, si tratta di una intromissione nell’autonomia giurisdizionale di altro Paese che potrebbe avere anche conseguenze diplomatiche.
Fabio Arturo Riva, come è noto, nel procedimento tarantino risponde di associazione per delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di alimenti, e corruzione in atti giudiziari in concorso. Nella causa davanti al giudice distrettuale Zani, era difeso dai legali dello studio londinese «Blc Burton Copeland» e dai legali dello studio Diodà di Milano. Tuttavia, c’era anche un pool di esperti che si occupava della posizione dell’ex vice presidente dei CdA di Ilva Spa e Riva Fire.
Nell’aula del Westminster Magistrates Court avevano fra gli altri argomentato Stefano Maffei e Annamaria Alborghetti. Il primo è il direttore dell’Eflit (English for Law & International Transactions, corso postlaurea di inglese giuridico, ndr), ed è un esperto in protezione internazionale dei diritti umani.
Tema, quest’ultimo, che costituisce l’appiglio a cui Riva si aggrappa per evitare di essere estradato. (Quotidiano)
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