Ilva, 1.000 parti civili. Chiesti 20 mld di danni. L'Ue insiste sull'infrazione
C'è una città intera che chiede giustizia per il disastro ambientale provocato dall’Ilva. Oggi è ripresa l’udienza preliminare del processo "Ambiente svenduto" e all’esterno della caserma dei vigili del fuoco un gruppo di operai indossava la maglietta con le foto dei colleghi morti in incidenti sul lavoro o per malattia professionale. Dentro l’aula una processione lentissima: quella dei legali che hanno depositato le richieste di costituzione di parte civile.Sono più di mille, suddivise tra circa 800 presunte parti danneggiate e le 286 parti offese individuate dalla Procura di Taranto e indicate nella richiesta di rinvio a giudizio. Sono ancora da quantificare le richieste di risarcimento danni, che in questa fase hanno un valore puramente simbolico perchè non compete al giudice delle udienze preliminari decidere in merito.
L'udienza è stata aggiornata al 21 novembre prossimo. In quella sede il gup Vilma Gilli scioglierà la riserva sulle costituzioni di parte civile e valuterà le eccezioni del collegio difensivo. I pubblici ministeri chiederanno di acquisire anche gli ultimi atti della Commissione europea, che ha deciso di passare al secondo stadio (il 'parere motivatò) della procedura d’infrazione aperta nei confronti dell’Italia a causa dell’inquinamento dell’Ilva.
Sono 52 gli imputati alla sbarra (49 persone fisiche e tre società) tra vertici dell’Ilva, politici, amministratori e funzionari di enti e ministeri. Hanno chiesto di costituirsi parte civile anche la Regione Puglia, pur senza quantificare il danno; il Comune e la Provincia di Taranto, con una richiesta di risarcimento di 10 miliardi di euro ciascuno, e il Comune di Statte. Lo hanno fatto nel processo che annovera tra gli imputati il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (accusato di concussione aggravata), il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno (omissione in atti d’ufficio) e l’ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido (concussione).
Tra le parti offese ci sono i famigliari di Francesco Zaccaria e Claudio Marsella, i due operai Ilva morti in incidenti sul lavoro tra ottobre e novembre del 2012 (gli eredi di Zaccaria hanno chiesto complessivamente 5 milioni di euro), i sindacati confederali e metalmeccanici, la Provincia di Lecce, Legambiente, Confagricoltura, il Wwf, il parroco della chiesa San Francesco De Geronimo, il titolare di una casa di cura, operai dell’Ilva e dell’indotto, lavoratori cimiteriali. Ed ancora: Peacelink, Altamarea, Cittadinanza Attiva, Contramianto, l'Istituto autonomo case popolari di Taranto, una decina tra società e cooperative, Slow Food Puglia, mitilicoltori, allevatori, proprietari di cappelle funerarie del cimitero di San Brunone e centinaia di proprietari di immobili, che risultano deprezzati, del quartiere Tamburi.
Domani, intanto, dinanzi al gip del tribunale di Milano Fabrizio D’Arcangelo, si terrà l’udienza sull'istanza depositata dal commissario straordinario dell’Ilva, Piero Gnudi, per sbloccare e trasferire nelle casse del gruppo la somma di 1,2 miliardi di euro fatta sequestrare alla famiglia Riva dalla magistratura milanese nel maggio del 2013. Per Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager, "è vitale poter disporre rapidamente degli ingenti fondi sequestrati alla famiglia Riva" a fronte della "gravissima crisi finanziaria" per l’azienda, che "potrebbe decretarne a breve una fine irreversibile, con tutti i pesanti risvolti conseguenti in termini sociali ed economici". Parole che fanno emergere un paradosso: l’Ilva ha le casse vuote, mentre piovono richieste di risarcimento miliardarie. (GdM)
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