Ilva, Ronchi e quella centralina posizionata male – Intervista a Fabio Millarte (Wwf Taranto)
L’episodio risale a nove mesi fa. Durante un’audizione con alcune associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf e Greenpeace), tenuta il 14 ottobre scorso a Roma, Ronchi si era soffermato sull’errata collocazione della centralina di rilevamento delle emissioni inquinanti presso la cokeria dell’Ilva. Fabio Millarte, presidente del Wwf Taranto, se lo ricorda bene. E a distanza di tempo ne parla con InchiostroVerde. Durante il colloquio nella Capitale, Ronchi aveva ammesso che quella centralina era stata posizionata troppo in basso e lungo un corridoio d’aria. Tale posizione non avrebbe consentito, quindi, di rilevare le sostanze inquinanti che (ovviamente) si dirigono verso l’alto. Inoltre, in base alla direzione del vento si sarebbero avuti valori troppo bassi o – in caso di direzione contraria – picchi di emissione di Ipa. Una collocazione non corretta, ritenuta fin troppo vicina alla fonte inquinante, che avrebbe pregiudicato l’affidabilità delle rilevazioni e fornito dati incoerenti con quelli registrati dalle centraline posizionate in altre aree fuori e dentro lo stabilimento. Tutte parole uscite con disinvoltura dalla bocca di Ronchi(*). Eppure non si è avvertita l’urgenza di intervenire immediatamente per rimediare a tali evidenti anomalie e garantire ai cittadini di Taranto e agli stessi operai impegnati nello stabilimento la conoscenza di dati reali.Millarte, su Ronchi si registra una diversità di vedute tra il Wwf nazionale, sostenitore di una sua riconferma, e quello locale che critica aspramente l’operato del sub commissario. Ci vuole spiegare perché?
”La differenza fondamentale è che a Taranto abbiamo compreso le evidenti difficoltà del risanamento. L’Ilva non sarà mai sostenibile da un punto di vista ambientale. Per questo motivo non crediamo alle speranzose parole del sub commissario, magari spinte anche da buone intenzioni, ma non supportate da una reale comprensione del tremendo problema sanitario vissuto dalla città. Il prezioso rapporto Sentieri ha confermato il trend di crescita delle malattie correlate all’inquinamento, in special modo per i bambini per i quali si registra un tasso di mortalità di +21% rispetto alla media regionale. Il comunicato congiunto delle tre maggiori associazioni ambientaliste italiane – Wwf, Legambiente e Greenpeace – che promuoveva l’azione dell’ ex ministro Ronchi e ne richiedeva la sua riconferma, è stato diramato sulla scia della comunicazione ufficiale dei dati registrati nelle centraline dell’Ilva, che ci raccontano di un forte abbattimento degli inquinanti, cosa a cui noi non crediamo. Ed è stato lo stesso Ronchi, durante l’audizione di ottobre, a parlare di un errato posizionamento della centralina di controllo delle cokerie”.
Cosa non vi convince del percorso intrapreso da Ronchi?
“Non crediamo che il metano possa essere una soluzione per il problema Ilva. Il metano per essere utilizzato ha bisogno di essere stoccato. Ciò aggraverebbe ulteriormente le criticità ambientali del territorio aumentando a dismisura il pericolo di incidente rilevante. Infatti, in una piccola porzione di territorio si concentrano già diversi impianti impattanti e a rischio di incidente rilevante. Aggiungere un rigassificatore per produrre il preridotto sarebbe un ulteriore schiaffo alle giuste ambizioni di rinascita e riconversione di una città come la nostra, già profondamente oppressa da scelte industriali scellerate, a cominciare dalla realizzazione del siderurgico a pochi metri della città”.
In merito alla qualità dell’aria nel quartiere Tamburi e nel resto della città, cos’altro vi preoccupa?
“Riteniamo che si debba fare molto di più per monitorare in maniera efficace le emissioni del siderurgico e i micidiali cocktail che derivano dalla miscelazione di gas e fumi prodotti dall’area industriale. In particolare, l’affermazione che le polveri sottili sono diminuite, anche se vera, è collegata ad una ridotta produzione di acciaio. Ma l’attuale livello di produzione è incompatibile con le reali necessità produttive dell’impianto. Produrre 6 milioni di tonnellate non consente la sopravvivenza economica del siderurgico. Tutti gli sforzi mirati alla sopravvivenza dell’industria porteranno ad abbassare la guardia e a riprendere la produzione a pieno ritmo per accontentare gli appetiti economici dei nuovi proprietari. Inoltre, se le sperimentazioni sul preridotto dovessero fallire o non saranno accettate dai vecchi o nuovi proprietari, ci ritroveremo nelle stesse condizioni di partenza. Per questo abbiamo fortemente richiesto un radicale cambiamento nel processo produttivo. Ma ciò resterà una chimera se mancheranno i soldi per realizzare la trasformazione. A questo punto bisogna osare di più e non sperare che l’Ilva si salvi. Occorre una presa di coscienza collettiva. E mentre si attende una soluzione che non arriva i nostri figli continuano a soffrire e morire”.
Fin qui l’intervista a Millarte. Per completezza di informazione ricordiamo che nell’ultima relazione sull’esito delle ispezioni condotte in Ilva da Ispra e Arpa viene affrontata un’altra criticità emersa nei mesi scorsi. In merito al funzionamento delle centratine di monitoraggio di qualità dell’aria interne allo stabilimento, in particolar modo all’esercizio della centralina di monitoraggio della qualità dell’aria ambiente nell’area cokeria, si legge che “Ilva ha comunicato l’interruzione della bagnatura della strada attigua alla medesima centralina ed ARPA ha verificato tale circostanza in occasione dei sopralluoghi per la validazione dei dati monitorati dalle citate centratine ambientali”. L’operazione di bagnatura comportava un’alterazione dei dati ottenuti dalla centralina. I dettagli relativi alla relazione erano stati divulgati dal collega Gianmario Leone (TarantoOggi) in questo articolo.
(Alessandra Congedo - Inchiostroverde)
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