Ilva, si stringono i tempi – Arcelor Mittal il più accreditato all’acquisto
Il gruppo siderurgico franco indiano Arcelor Mittal potrebbe effettuare presto un passo più esplicito verso l’acquisizione dell’Ilva. Non si tratterebbe ancora di una lettera di intenti compiuta e definita, ma di una manifestazione di interesse più chiara rispetto a quella avanzata nei mesi scorsi. Lo si apprende da fonti sindacali dopo l’incontro di mercoledì sera al Ministero dello Sviluppo economico tra i vertici dei sindacati metalmeccanici e il ministro Federica Guidi.Sebbene anche altri gruppi industriali dell’acciaio abbiano manifestato il loro interesse per l’Ilva, Arcelor Mittal è quello che, per ora, sembra essere in una fase più avanzata. Arcelor Mittal, tra l’altro, ha già inviato per due volte, a giugno, i suoi tecnici a Taranto: una prima volta, una decina di persone, per poco più di un giorno; la seconda volta, invece, per tre-quattro giorni ma in quest’ultimo caso la delegazione era formata da una trentina di persone. I sindacati e il ministro si rivedranno probabilmente nella prossima settimana anche se una data non è stata ancora fissata.
Nel vertice al Mise, sempre secondo fonti sindacali, è stato confermato che il commissario Piero Gnudi ha chiesto alle banche con cui l’Ilva sta trattando, un prestito ponte di 650 milioni di euro di cui 200 servirebbero per pagare stipendi sino a fine anno, premio di produzione ai dipendenti – saltato nei giorni scorsi – e fornitori. Il resto, invece, sarebbe dirottato sui lavori dell’Autorizzazione integrata ambientale che hanno cantieri aperti oppure che presentano scadenze entro la fine dell’anno. Dopo l’ultimo incontro con Gnudi di inizio luglio, i sindacati avevano, infatti, denunciato come il cronoprogramma dell’Aia segnasse già un ulteriore ritardo di tre mesi. Quindi la necessità di mettere risorse sui cantieri in corso da un lato serve a non accumulare altro ritardo e dall’altro a cercare di evitare che la magistratura possa di nuovo intervenire nel siderurgico in considerazione del fatto che i lavori previsti non si stanno effettuando.
Fra l’altro proprio nei giorni scorsi, su disposizione del gip Patrizia Todisco – lo stesso giudice che a luglio di due anni fa firmò il sequestro degli impianti dell’area a caldo – i custodi giudiziari sono tornati nel siderurgico per una nuova ispezione. Segno, questo, di come da Palazzo di Giustizia di Taranto si continui a osservare l’Ilva con molta attenzione e non solo perché c’é in piedi un processo per disastro ambientale che vede coinvolte 49 persone fisiche, tra cui Nicola e Fabio Riva della proprietà dell’Ilva, e tre giudiriche (la stessa Ilva, la capogruppo Riva FIRE e la controllata Riva Forni Elettrici).
In quanto al prestito ponte, le banche sarebbero orientate a dare all’Ilva molto meno di quanto Gnudi ha chiesto. Fra le condizioni poste dalle banche, che pure ora verso l’Ilva sono garantiti con la prededuzione introdotta dal nuovo decreto legge, quella di avere visibilità e certezza sull’assetto futuro dell’azienda.
Di qui, appunto, il riferimento ad una lettera di intenti da parte del potenziale compratore e le assicurazioni date in proposito dal ministro. “Se c’é un partner industriale all’orizzonte e quindi se c’é una prospettiva così come per Alitalia di aver un partner e un progetto che porti una redditività futura allora noi siamo disponibili ad analizzare tutte le operazioni sul mercato”: non è un caso quindi se ieri sono state queste le parole del Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, a proposito dell’ipotesi del prestito ponte.
I sindacati hanno chiesto al ministro Guidi che, oltre a muoversi sul fronte del prestito ponte, ci si muova anche su quello di un “piano ponte” industriale. Uno strumento che assicuri la gestione dell’azienda in attesa della fomalizzazione del passaggio proprietario. “L’Ilva – hanno osservato i sindacalisti – non può giungere alla vendita stremata. Occorre anche ricreare una governance di stabilimento sopperendo ai vuoti e alle carenze che ci sono come dimostra anche il guasto, per mancata manutenzione, alla centrale elettrica”. A tal proposito, il ministro Guidi ha assicurato che il commissario Gnudi sta lavorando per potenziare la struttura di comando dell’Ilva, che sono state fatte nuove nomine in tal senso, e che lo stesso Gnudi dialogherà e si confronterà col territorio.
Sempre nell’incontro romano, è emerso che l’Ilva è ancora in perdita ma meno rispetto agli inizi dell’anno. Nelle scorse settimane Claudio Riva, che ha preso le redini del gruppo dopo la morte del padre Emilio avvenuta a fine aprile, disse che l’Ilva perdeva 80 milioni al mese, cifra sottolineata anche dai vertici di Federacciai. Da ambienti vicini alla gestione commissariale dell’Ilva – allora c’era ancora Enrico Bondi – si smentì il dato degli 80 milioni mensili e si disse che nel primo trimestre del 2014 l’azienda aveva perso in tutto 120 milioni.
Da aprile, però – fu aggiunto – la situazione era un poco migliorata e le perdite ridotte. Ora questo fatto che l’Ilva perda meno è stato anche confermato dal ministro dello Sviluppo economico: la perdita mensile oscillerebbe su circa 20 milioni al mese. Che resta pur sempre un dato negativo ma più contenuto. Va detto, in proposito, che nell’ultima fase della gestione commissariale di Bondi è stato avviato un piano di riduzione dei costi che probabilmente adesso sta entrando a regime dando i suoi frutti. Nella riduzione dei costi rientrano anche il taglio del lavoro straordinario e l’applicazione del contratto di solidarietà per i dipendenti normalisti con la riduzione dell’ultima ora di lavoro.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 18.07.2014)
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