Ispezioni nell’area a caldo divieto di accesso per Gnudi
Mentre il commissario dell’Ilva Piero Gnudi cerca di dare seguito al decreto varato giovedì dal governo Renzi, stabilendo modalità e ammontare del prestito ponte necessario a garantire la continuità aziendale almeno sino alla fine dell’anno, la magistratura torna ad accendere i fari su quanto avviene all’interno dello stabilimento siderurgico.Lo si evince dal provvedimento, notificato ieri mattina alla struttura commissariale, con il quale il giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco ha respinto la richiesta, formulata dall’avvocato Gaetano Melucci per conto di Gnudi, di partecipare agli accessi che i custodi giudiziari effettuano assieme ai carabinieri del Noe all’interno dell’acciaieria.Si tratta di un provvedimento che, come la Gazzetta è in grado di rivelare, contiene diverse notizie importanti per il futuro del siderurgico. La prima riguarda proprio il firmatario, il giudice Todisco tornato ad occuparsi del sequestro, che dispose il 26 luglio del 2012, dopo che il fascicolo, come vuole la procedura, assieme a tutti gli atti del procedimento «Ambiente svenduto», era passato nelle mani del giudice per l’udienza preliminare Vilma Gilli, chiamata a valutare la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura nei confronti dei 52 imputati. Il giudice Gilli, con un proprio provvedimento, il 23 giugno scorso, ha rimesso alla collega Todisco tutti gli atti, comprese le relazioni e le istanze dei custodi giudiziari, relativi al sequestro dell’area a caldo dell’Ilva, rifacendosi a due recenti sentenze della Cassazione che hanno stabilito che «all’amministrazione, spesso complessa, dei beni sovraintende il giudice che ha disposto il sequestro e che pertanto è già a conoscenza dell’origine, della consistenza e delle problematiche del patrimonio in sequestro e quindi può impartire sollecitamente le opportune direttive».
La seconda notizia è che il giudice Todisco ha nuovamente dato impulso al suo provvedimento con il quale l’1 giugno del 2013 dispose ai custodi giudiziari (gli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento; il commercialista Mario Tagarelli) e ai carabinieri del Noe di Lecce di verificare e documentare lo stato delle aree e degli impianti sottoposti a sequestro, la situazione riguardante le emissioni inquinanti degli stessi impianti ed il relativo sistema di monitoraggio.
I custodi, accompagnati dai carabinieri del Noe, sono tornati in fabbrica lo scorso 3 luglio, effettuando controlli i cui esiti saranno contenuti in una dettagliata relazione che nelle prossime ore sarà consegnata al gip Todisco. I legali della struttura commissariale, annusata l’aria, hanno chiesto di essere autorizzati a prendere parte alle ispezioni, ma il gip Todisco ha respinto la loro richiesta, rilevando che i custodi non sono tenuti a garantire nel corso degli accessi la partecipazione dei soggetti coinvolti nel sequestro e che dovranno riferire e relazionare esclusivamente al giudice competente. «Se l’Ilva non rispetterà le prescrizioni previste dall’Autorizzazione integrata ambientale - scrisse il gip Todisco l’1 giugno del 2013, confermando la nomina dei custodi - gli impianti dell’area a caldo finiranno nuovamente sotto sequestro senza facoltà d’uso». A custodi giudiziari e carabinieri del Noe il compito di fare le necessarie verifiche.
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