lunedì 28 luglio 2014

Non c'è vero ricatto occupazionale senza l'appoggio dei sindacati. Brava ENI, impara dai Riva!

«Tagli» impianti Eni Taranto sull'altalena di Tempa Rossa

Sciopero domani in tutto il gruppo Eni, raffineria di Taranto compresa, manifestazione a Roma nelle vicinanze di Montecitorio, richiesta di incontro al Governo. Dopo l'annuncio della società di bloccare gli investimenti a Gela e di paventare il ridimensionamento dei siti di Taranto, Marghera, Livorno e del petrolchimico di Priolo, è scontro tra sindacati e gruppo petrolifero.
Per Cgil, Cisl e Uil del settore, «l'annuncio shock dell'Eni di mettere in discussione l'intero impianto strategico della chimica e della raffinazione in Italia comporta pesanti ricadute sull'intero sistema industriale e occupazionale nel nostro Paese, facendo terra bruciata dell'industria italiana. Questo il Governo lo deve sapere». E ancora: «Colpi di spugna su accordi e investimenti Eni già sottoscritti (Marghera, Gela, etc.) sono inammissibili. Al Governo - dicono i sindacati - abbiamo chiesto l'immediata convocazione di un tavolo negoziale. Se, come sostengono al ministero dello Sviluppo economico, la politica industriale richiede anche di rivalutare l'intervento pubblico nell'economia, allora il Governo chiarisca se l'Eni risponde solo al mercato e alla Borsa o deve dar conto delle decisioni anche all'azionista di riferimento. Se l'Italia ha bisogno degli investimenti e della presenza industriale di Eni, non possiamo assistere inerti - concludono i sindacati - ad un grande gruppo che rischia di uscire dall'industria. Ci batteremo con tutte le nostre forze affinchè ciò non avvenga».Il punto più acuto della crisi è Gela. Il ministero dello Sviluppo economico ha promosso due tavoli di confronto: uno per Gela e l'altro per le altre raffinerie che l'Eni vorrebbe sottoporre a tagli.
Eccedenza di raffinazione: così l'Eni motiva le riduzioni. E secondo dati dell'Unione petrolifera, nel 2014 i consumi italiani dovrebbero attestarsi intorno a 56 milioni di tonnellate a fronte di una capacità di raffinazione di 99 milioni di tonnellate. Ci sarebbe quindi un eccesso di oltre 40 milioni di tonnellate, in pratica l'equivalente di 6/7 raffinerie come quella di Gela su un totale di 12, che l'esportazione non riuscirà mai ad assorbire.
Fonti sindacali e industriali evidenziano che uno dei progetti che potrebbe tenere l'Eni ancorato alla realtà di Taranto, è la base logistica del giacimento petrolifero lucano di «Tempa Rossa», ma è fortemente contrastato dal Comune, da diversi movimenti ambientalisti ed associazioni di categoria come ad esempio Confcommercio. Ieri, per esempio, contro «Tempa Rossa» c’è stato un nuovo sit-in lungo la spiaggia di viale del Tramonto, a San Vito. Due domeniche fa iniziativa analoga si era svolta a Lido Azzurro alle porte della città. Con lo stop a «Tempa Rossa» - sul cui progetto da 300 milioni di euro il ministero dello Sviluppo economico ha rinviato ogni decisione da fine luglio a dopo le ferie - sarebbe la seconda volta che l'Eni a Taranto è costretto a fare i conti col fronte del no.
Una prima volta accadde anni fa, quando presentò, attraverso la controllata Enipower, un progetto di nuova centrale a metano. Gli enti locali, tra cui la Regione Puglia, prima dettero il via libera, poi lo stopparono sollevando il problema delle emissioni di anidride carbonica che l'Eni si era comunque impegnato a compensare su scala regionale. Alla fine, l'Eni ha dovuto ritirare quel progetto, nel frattempo anche autorizzato dal ministero dell'Ambiente, e sostituirlo con un altro ridimensionato nella portata, nell'investimento e nell'occupazione di cantiere, che peraltro è ancora in attesa di poter essere avviato. Contrasti e lungaggini che quasi un anno fa hanno poi spinto Enipower ad abbandonare il sito di Taranto lasciando tutto alla raffineria.
A Taranto l’impianto lavora in prevalenza il greggio che l’Eni estrae dalla Val D’Agri e che viene poi trasportato con un oleodotto (lo stesso che servirebbe per far arrivare anche il greggio di «Tempa Rossa» che però a Taranto verrebbe solo stoccato e non lavorato). Cinquecento circa gli occupati di Taranto e nel 2013 lavorate 2,87 milioni di tonnellate di greggio. (GdM)

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