martedì 15 luglio 2014

E la chiamavano prevenzione..

Studio Sentieri, l’Isde ed altri scrivono al ministero della Salute per denunciare lacune su prevenzione

La lettura congiunta dei risultati degli studi SENTIERI, il cui ulteriore sviluppo è stato recentemente pubblicato sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione (Marzo – Aprile 2014) e del Piano della Prevenzione 2014-2018 evidenziano, a giudizio delle società scientifiche e degli altri firmatari della presente, il mancato trasferimento in Sanità Pubblica delle importanti indicazioni. Lo sconcerto che questo mancato trasferimento crea in quanti come noi sono impegnati nel promuovere il principio di precauzione e la prevenzione primaria, deriva dal fatto che, nei Siti di Interesse Nazionale, almeno 6 milioni di persone sono esposte da 40-50 anni agli effetti patogeni di sostanze nocive per la salute immesse nell’ambiente da produttori di rischio non adeguatamente controllati dalle competenti istituzioni: gli studi SENTIERI evidenziano come questa esposizione, conformemente alle attese, abbia effettivamente dato luogo a gravi e diffusi danni alla salute degli esposti: molte persone si sono ammalate e sono morte e molte altre si ammaleranno e moriranno!
Tutto questo fa sorgere la seguente domanda: ci sono, anche alla luce dello sviluppo delle conoscenze sulle relazioni tra ambiente e salute (vedi l’enorme letteratura disponibile su epigenetica e interferenti endocrini), validi motivi scientifici per attendersi che persone esposte a tossici noti non si ammalino o non muoiano e quindi per non attivare appropriati interventi di sanità pubblica?  Purtroppo la lettura del Piano della prevenzione 2014-2018 nella versione attuale per quanto riguarda la prevenzione primaria ed i rapporti tra ambiente e salute è veramente desolante: non vi è alcun accenno alla necessità di avviare opportune e incisive attività di prevenzione primaria nei territori in cui insistono i SIN, mentre i riferimenti scientifici su cui viene impostata la prevenzione
Di più: a nostro avviso, l’approvazione del Piano della Prevenzione nella sua attuale versione, comporterebbe l’affermarsi nella pratica di un modello di “sanità pubblica” in cui si osservano gli effetti sulla salute di popolazioni lasciate vivere per decenni in condizioni di inquinamento ambientale noto per la sua dannosità, limitandosi a verificare se al loro interno si determini un eccesso di malattie e morti, senza poi intervenire, lasciando che gli esposti continuino a subire gli effetti di un inquinamento ambientale noto, prevenibile e non prevenuto e la persistenza di un intollerabile danno sanitario, ponendo così in essere una anti-etica discriminazione sociale nei confronti di chi vive in aree a rischio minore o non a rischio.
Per tali motivi riteniamo improponibile per le popolazioni esposte, non etico per gli operatori della sanità pubblica e del tutto inappropriato per il funzionamento del Servizio sanitario nazionale, un Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 che non affronti il problema di trasferire in sanità pubblica le indicazioni provenienti dagli studi SENTIERI, attraverso un percorso programmatico concertato, partecipato e orientato dalle conoscenze disponibili in letteratura, dando luogo, seppur con enorme ritardo, all’avvio di un processo di mappatura in ciascun SIN dei rischi realmente presenti e delle iniziative di prevenzione primaria adottate o ancora da adottare.
A tal fine è indispensabile potenziare e orientare l’attività dei Dipartimenti di Prevenzione delle Unità Sanitarie Locali, cui spetta il compito istituzionale di “garantire la tutela della salute, prevenzione delle malattie e della disabilità, miglioramento della qualità della vita” (DLgs 502/92 e succ. mod, art 7-bis, comma 1) e di “promuovere azioni volte ad individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale” (ibidem, art. 7- bis, comma 2). È, inoltre, necessario attuare interventi per favorire le indispensabili interazioni con il sistema delle Agenzie Regionali per l’Ambiente, altro terreno su cui si registrano diffuse inadempienze.
Nel segnalare il grave vulnus che, in assenza di tale iniziativa, verrebbe inflitto al diritto alla salute degli almeno sei milioni di esposti che vivono nei SIN (un decimo della popolazione italiana), i firmatari della presente chiedono l’apertura di un tavolo di lavoro che preveda la partecipazione di loro rappresentanti, per integrare gli indirizzi operativi previsti nell’attuale versione del Piano della Prevenzione 2014-2018, mettendo a disposizione, ove necessario, le competenze scientifiche presenti. Ringraziando per l’attenzione, restiamo in attesa di vostre determinazioni in relazione alla richiesta da noi avanzata a difesa del diritto alla salute degli esposti nei SIN. (inchiostroverde)

I firmatari
Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia
Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri
Gruppo di lavoro FNOMCeO su “Professione, Salute e Ambiente, Sviluppo Economico”
Slow Medicine
Società Italiana di Medicina Generale – SIMG

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