Pronto nuovo decreto per l'Ilva prestito ponte e sblocco risorse
Il giorno del sesto decreto salva-Ilva potrebbe essere oggi. Alle 10 è stato convocato il Consiglio dei Ministri, per tutta la giornata di ieri si sono susseguiti incontri a Palazzo Chigi per mettere a punto la proposta partorita dal ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi e dal commissario del siderurgico Piero Gnudi (che della Guidi era consigliere fino alla nomina alla guida dell’Ilva). «È tutto pronto» ha detto Gnudi, lasciando ieri sera il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Ma cosa sia pronto lo si saprà con precisione soltanto stamattina.
Stando ad alcune indiscrezioni, l’esecutivo starebbe
lavorando - pur tra mille dubbi espressi dai tecnici della Giustizia e
della presidenza del Consiglio - ad una modifica alla legge 89/2013
(quella che nel giugno dell’anno scorso dispose il commissariamento
dell’azienda di Taranto) e alla 6/2014 (più nota come Ilva-Terra dei
fuochi). Il decreto è imperniato sul riconoscimento della
prededucibilità dei crediti, ovvero i finanziamenti che sarebbero
garantiti dalle banche (300-350 milioni di euro) per garantire la
continuità aziendale, finanziamenti che con la prededucibilità sarebbero
i primi a essere pagati in caso di liquidazione dell’attivo. Nel
decreto, poi, ci dovrebbero essere la nomina di Edo Ronchi a commissario
ambientale, dopo che Ronchi per un anno è stato sub commissario
dell’Ilva, e un meccanismo legislativo in grado di far usare alla
struttura commissariale il miliardo e 800 milioni sequestrati alla
famiglia Riva - per reati valutari e fiscali che nulla c’entrano con i
reati ambientali imputati per l’Ilva - dalla Procura di Milano.
Su questo punto, come rivelato ieri dalla «Gazzetta», si
è consumata la rottura tra Claudio Riva, divenuto presidente della
holding di famiglia dopo la morte del padre Emilio, e il governo, oltre
che con il commissario Gnudi. Su questo punto, in realtà, si addensano i
dubbi di giuristi e tecnici, ed è uno dei punti fondanti del ricorso
presentato al Tar del Lazio da Riva Fire.
Il governo potrebbe intervenire sul meccanismo di reperimento delle risorse per l’Ilva varato dall’esecutivo Letta, che prevedeva prima l’aumento di capitale destinato agli azionisti (appunto, i Riva), poi in caso di mancata sottoscrizione la ricerca di nuovi soci; quindi, l’utilizzo dei soldi bloccati a Milano. Ora, invece, si punta a utilizzare subito i milioni sequestrati a Milano, prescidendo dall’aumento di capitale. Una vera e propria dichiarazione di guerra contro la famiglia Riva, oltre che un azzardo giuridico - chissà quanto calcolato - perché sarebbero usati soldi sequestrati in assenza di una condanna non solo definitiva, ma perfino di primo grado. Un unicum nella procedura penale italiana.
Il governo potrebbe intervenire sul meccanismo di reperimento delle risorse per l’Ilva varato dall’esecutivo Letta, che prevedeva prima l’aumento di capitale destinato agli azionisti (appunto, i Riva), poi in caso di mancata sottoscrizione la ricerca di nuovi soci; quindi, l’utilizzo dei soldi bloccati a Milano. Ora, invece, si punta a utilizzare subito i milioni sequestrati a Milano, prescidendo dall’aumento di capitale. Una vera e propria dichiarazione di guerra contro la famiglia Riva, oltre che un azzardo giuridico - chissà quanto calcolato - perché sarebbero usati soldi sequestrati in assenza di una condanna non solo definitiva, ma perfino di primo grado. Un unicum nella procedura penale italiana.
Sullo sfondo, quasi come fosse una questione minimale,
resta il sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva, sequestro
attenuato dalla facoltà d’uso concessa dal governo Letta nel dicembre
del 2012 ma sequestro pur sempre finalizzato alla confisca in caso di
condanna degli imputati nel processo «Ambiente svenduto» pendente
dinanzi al gup del tribunale di Taranto.
Quel sequestro - contro il quale la famiglia Riva misteriosamente non fece ricorso in Cassazione, facendolo così diventare definitivo - ipoteca il futuro della fabbrica di Taranto e ovviamente vieta ogni possibile cambio di proprietà. Non solo. Quel sequestro viene attentamente monitorato dal gip Patrizia Todisco, firmataria del provvedimento, come dimostrano i recenti accessi effettuati dai custodi giudiziari guidati dall’ing. Barbara Valenzano.
Perché se la questione finanziaria resta prioritaria, perfino la Consulta, pur bocciando il ricorso presentato dalla Procura di Taranto, disse, un anno fa, che senza il rispetto delle prescrizioni ambientali quegli impianti vanno chiusi. E forse proprio temendo la stretta della magistratura, i legali di Gnudi hanno chiesto al gip Patrizia Todisco di poter essere avvisati in anticipo delle ispezioni.
Quel sequestro - contro il quale la famiglia Riva misteriosamente non fece ricorso in Cassazione, facendolo così diventare definitivo - ipoteca il futuro della fabbrica di Taranto e ovviamente vieta ogni possibile cambio di proprietà. Non solo. Quel sequestro viene attentamente monitorato dal gip Patrizia Todisco, firmataria del provvedimento, come dimostrano i recenti accessi effettuati dai custodi giudiziari guidati dall’ing. Barbara Valenzano.
Perché se la questione finanziaria resta prioritaria, perfino la Consulta, pur bocciando il ricorso presentato dalla Procura di Taranto, disse, un anno fa, che senza il rispetto delle prescrizioni ambientali quegli impianti vanno chiusi. E forse proprio temendo la stretta della magistratura, i legali di Gnudi hanno chiesto al gip Patrizia Todisco di poter essere avvisati in anticipo delle ispezioni.
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